Il settore dei vini rappresentato da Federvini vale 21,5 miliardi di euro di fatturato, è formato da un tessuto di 2.300 imprese con oltre 81.000 occupati e rappresenta circa il 20% dell’export food&beverage italiano. Questi dati fondamentali servono a incorniciare il dibattito su come tutelare le filiere nazionali di vini, spiriti e aceti in un contesto globale complesso (e tra l'altro in prossimità delle elezioni europee e per la Casa Bianca). Se ne è discusso a Roma, all’Assemblea Generale Federvini, la Federazione italiana dei produttori, esportatori e importatori di vini, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti e affini.
Secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, l’export di vini italiani negli ultimi 20 anni è passato da una quota di mercato del 17% nel 2003 (con la Francia al 38%) al 22% nel 2023 (i transalpini invece flettono al 33%). Un risultato che permette all’Italia di consolidare, grazie al complessivo +188% in valore di export, il secondo posto mondiale e assume un carattere ancor più straordinario se pensiamo all’incremento dei mercati in cui l’Italia esprime una posizione di leadership: 46 contro i 51 della Francia (vent’anni fa erano 9 versus 41).
Evidenze positive che emergono anche sul fronte dei superalcolici: negli ultimi 20 anni, secondo Nomisma, l’export ha registrato un incremento del 300% per un valore di 1,7 miliardi di euro (oggi l’Italia è il quinto esportatore globale). L’andamento positivo delle vendite oltre frontiera si conferma per il comparto degli aceti (+180% a valore negli ultimi venti anni). In generale, anche in considerazione di un calo strutturale dei consumi interni, le esportazioni assumono un carattere strategico, rappresentando un fatturato del 50% per i vini, del 35% per gli spiriti e del 48% per gli aceti.
Socialità e abitudini di consumo degli italiani
Secondo i dati forniti da TradeLab, la stragrande parte degli italiani vede il fuori casa come un'occasione di convivialità. L’80% sceglie di bere principalmente durante occasioni sociali in accompagnamento al cibo distribuite lungo tutta la settimana, con il 27% che sostiene di consumare sempre la stessa tipologia di bevanda e il 40% che sceglie in base alla particolare occasione di consumo. Il 95% del campione intervistato consuma bevande alcoliche in compagnia, un’abitudine che conferma il fattore della socialità. Una tendenza che vede nell’aperitivo serale un fenomeno in netta crescita con 14 milioni di italiani che lo organizzano in occasioni fuori casa per un giro d’affari complessivo di 4,5 miliardi di euro.
Il vino nel contesto politico attuale
Tornando al tema iniziale, Micaela Pallini, presidente di Federvini, ha ricordato l'impatto che le attuali tensioni internazionali, insieme alle politiche europee, possono avere su un settore di mercato così strategico e identitario per l'Italia. “Stiamo attraversando un anno denso di novità e cambiamenti, primi fra tutti le ormai imminenti elezioni europee e, in autunno, le elezioni presidenziali degli Stati Uniti -commenta Micaela Pallini-. Nel frattempo, tensioni geopolitiche, commerciali ed economiche rischiano di impattare sulle attività di filiere fondamentali per l’agroalimentare italiano. Molto stanno facendo le nostre imprese per mantenere salda la propria capacità produttiva, penso ad esempio agli investimenti nell’internazionalizzazione, nella ricerca e per la sostenibilità. Non c’è dubbio però che per affrontare la dimensione delle sfide internazionali c’è bisogno di regole certe capaci di assicurare una competizione chiara e libera sui mercati, che non cedano a tendenze neo proibizioniste e che superino la logica ritorsiva dei dazi che nel recente passato ci hanno ingiustamente penalizzato”.
Al centro del dibattito le implicazioni della crisi russo-ucraina, le prospettive del conflitto in Medio Oriente, i timori di nuovi dazi commerciali applicati a titolo ritorsivo. Uno scenario critico per filiere, come quelle rappresentate da Federvini, che vedono nell’export la principale leva di crescita e di creazione del valore. Per questo, il raggiungimento di accordi commerciali di libero scambio con nuovi partner, sulla scorta dell’esperienza positiva del Ceta definito con il Canada (per i vini italiani tasso di crescita +7,6% nel periodo 2018-2022 rispetto a +3,7% del 2013-2017, mentre il comparto degli aperitivi, amari, liquori e distillati made in Italy balza al +13,1% rispetto al +2,9% del periodo precedente), resta una prospettiva fondamentale per sostenere il libero scambio e le produzioni di qualità come quelle in cui l’Italia è leader riconosciuta.
Tale prospettiva si traduce in un appello del sistema Federvini all’attuale presidenza italiana del G7 affinché si faccia interprete dell’esigenza di impedire che controversie commerciali originate in altri comparti possano avere ricadute sulle produzioni agroalimentari.
Dalle iniziative di Irlanda e più recentemente del Belgio sugli health warnings, alla revisione della direttiva sugli imballaggi fino alla normativa sull'etichettatura e al Regolamento relativo alle indicazioni geografiche, numerose sono state le tematiche che hanno interessato i comparti di Federvini nel corso del quinquennio di legislatura appena chiuso. Dossier dall’evidente impatto che a volte non hanno tenuto in considerazione il valore non soltanto economico ma anche sociale e culturale espresso dalle imprese e dalle produzioni vitivinicole, di spiriti e di aceti.
Nuovo Parlamento europeo: gli auspici di Federvini
L’auspicio di Federvini è che il nuovo Parlamento europeo dimostri un approccio realistico guidato dalla considerazione di elementi oggettivi nell’ottica di una promozione equilibrata delle componenti produttive, a partire dall’occupazione e dall’economia dei territori, attenzioni che hanno caratterizzato il mandato parlamentare in chiusura di numerosi rappresentanti italiani.
“Il nuovo assetto delle istituzioni comunitarie che si definirà dopo la tornata di giugno sarà un fattore determinante per l’orientamento delle politiche che riguardano i nostri comparti, dall’etichettatura alla tutela dei prodotti tipici, fino alla competitività -aggiunge Micaela Pallini-. In questo senso auspichiamo che la prossima legislatura europea sappia mantenere la barra dritta come hanno saputo fare quei parlamentari europei italiani a cui tanto dobbiamo per il loro impegno e le loro conquiste in questi cinque anni non facili. L’auspicio è che anche la nuova legislatura possa contare su donne e uomini capaci di ascoltare e confrontarsi con le categorie produttive, dotati di una visione razionale e rispettosa delle specificità e del valore espresso da filiere strategiche non soltanto per l’economia nazionale, pronti a costruire ponti e alleanze fra le diverse nazionalità e famiglie politiche che compongono l’emiciclo di Strasburgo”.