Gli effetti sul largo consumo e sulla sua supply chain dovuti al lockdown, in particolare durante la prima ondata che ha colto impreparati tutti gli operatori del mercato, sono stati molteplici. Prendendo in esame alcune macro dinamiche di mercato, da un lato si è verificata una drastica diminuzione delle vendite di certi prodotti a causa del rallentamento delle attività commerciali e al conseguente calo della domanda, mentre dall’altro si sono riscontrati comportamenti di panic buying che hanno incremento esponenzialmente la domanda di differenti tipologie di prodotti, mandando in crisi la capacità di risposta delle aziende. Ciò è stato all’origine del cosiddetto “effetto frusta” (o bullwhip), per cui si assiste a grandi fluttuazioni della domanda (in negativo e in positivo) che si amplificano risalendo la supply chain verso i fornitori a monte.
In questo panorama di drammatiche variazioni della domanda commerciale, si inserisce l’indagine sviluppata da ECR Italia (GS1 Italia) con il supporto della LIUC Università Cattaneo e del Politecnico di Milano dal titolo “COVID-19 nel largo consumo: quali effetti e quali implicazioni per la filiera?”, condotto nel mese di aprile 2020. L’iniziativa ha coinvolto circa 100 aziende del settore con l’obiettivo di evidenziare gli impatti conseguenti la prima ondata della pandemia e alcune azioni intraprese per contrastarne o mitigarne gli effetti. Tale studio ha portato alla redazione di un vademecum per il “new (ab)normal”, che raccoglie 60 soluzioni, frutto di 360 iniziative implementate da 21 imprese italiane (15 produttori e 6 retailer). Si tratta delle azioni messe in campo dalle imprese per garantire la catena di fornitura nonostante il momento di difficoltà. Adottando un approccio scientifico, le soluzioni individuate sono state riorganizzate in 8 macrocategorie (decomplexity, ridondanza, streamlining, dynamic planning, fungibilità, collaborazione di filiera, health & safety, new capability) e 24 categorie.
Nel vademecum, seguendo la simbolica costruzione di un “Albero delle soluzioni”, ognuna delle 60 soluzioni riporta la definizione, le aree di impatto, come implementarla, le esemplificazioni e un pannello di indicatori quantitativi riguardanti il grado di diffusione della soluzione, la percentuale di aziende che l’avevano già adottata e di quelle che la renderanno strutturale. L’intento è quello di restituire una rappresentazione chiara e facilmente fruibile.
«Abbiamo raccolto direttamente dalle aziende le iniziative e le soluzioni collaborative che hanno adottato a causa della pandemia per garantire la business continuity e abbiamo razionalizzato questo patrimonio di informazioni secondo categorie ragionate per facilitarne la consultazione, la diffusione e la condivisione» spiega Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy. «Dalla raccolta, dall’organizzazione e dalla sistematizzazione di queste informazioni è nato il Vademecum […], che mettiamo a disposizione di tutto il sistema come patrimonio di conoscenze condivise e come “manuale” operativo a garanzia della continuità del business e della gestione del rischio».
«Le soluzioni sviluppate dalle aziende hanno riguardato soprattutto la semplificazione dei processi logistici e la velocizzazione dei processi decisionali» spiegano Fabrizio Dallari e Alessandro Creazza, del Centro sulla logistica e supply chain management della LIUC Università Cattaneo. «I nuovi rischi emergenti hanno richiesto di introdurre ridondanze nei sistemi, aumentandone la flessibilità e la fungibilità e abilitando una pianificazione dinamica al variare delle condizioni al contorno. In questo contesto la collaborazione di filiera si è confermata elemento cardine per garantire gli approvvigionamenti ed aumentare la resilienza nei processi order-to-delivery e demand-to-supply».
Come emerge anche dalle dichiarazioni sopra riportate, il settore della logistica e del trasporto rappresenta uno dei nodi cruciali che merita speciale attenzione in quanto abilitatore di business continuity. Tale comparto è assurto agli onori della cronaca per aver “salvato” il paese nei momenti più critici, garantendo - per quanto possibile - la disponibilità di prodotti e materiali essenziali per la sussistenza della società e per lo svolgimento dei servizi sanitari e di base. Le imprese della filiera del largo consumo in Italia hanno, infatti, dimostrato la capacità di saper prendere una serie di iniziative volte a limitare gli impatti della crisi, interpretare i segnali deboli e ripartire dopo lo shock iniziale, mantenendo la continuità delle proprie operations produttivo-distributive. Tali azioni hanno riguardato tutti gli stadi e i processi di supply chain, dalla fase di approvvigionamento, alla fase di produzione fino all’ambito distributivo.
In termini generali, e fuori da ogni retorica, questa emergenza può portare a riprogettare la supply chian del largo consumo con un modello collaborativo innovativo in cui logistici e commerciali, di aziende di produzione e distribuzione, sperimentano sul campo gli effetti di un cambiamento del modello di riordino e definiscono insieme gli strumenti per una ridistribuzione equa dei benefici. E buona parte di tutto ciò anche in ambito ambientale e di sostenibilità. Una nuova mappatura dei flussi logistici del largo consumo in Italia, sempre a cura di ECR, ha già dimostrato che molto è stato fatto dalla filiera ( ad esempio, si sono ridotti i costi logistici e le emissioni di CO2 con la collaborazione di filiera per un ammontare di 160 milioni di euro grazie all’ottimizzazione logistica degli ultimi 10 anni) e che si può ancora migliorare. Parole d’ordine per il futuro collaborazione, sostenibilità ambientale e digitalizzazione della filiera, guardando oltre l’emergenza Coronavirus.