Come presidente della Commissione “Innovazione e Digital” del Cncc (Consiglio nazionale dei centri commerciali), Letizia Cantini, general manager e partner di Svicom, ha avuto l’opportunità di cogliere tanti punti di vista e sfumature del processo di transizione digitale dei centri commerciali. In questa intervista approfondiamo con lei lo stato dell’arte, le best practice e gli esempi di studio più interessanti.
“La pandemia è stata un acceleratore utilissimo -commenta Letizia Cantini- la chiusura per lunghi periodi dei centri commerciali ha reso ancor più dinamico il lavoro della nostra industry in tema di digital trasformation. È in corso la revisione del modello tradizionale, nel retail come in altri settori”.
Quali sono i principali ambiti della trasformazione digitale?
L’esperienza in Commissione mi ha permesso di testare in prima persona quanto la transizione digitale sia al centro delle strategie di gestione e valorizzazione degli asset, dal punto di vista delle proprietà e dei gestori. Numerose le attività messe in campo, in primo luogo, per il consumatore: marketplace digitali, virtual shopping, click&collect sono stati sperimentati con successo da Eurocommercial Properties (I Gigli di Campi Bisenzio, Fi) e da Sonae Sierra (Citylife Shopping District a Milano), solo per citarne alcuni. Si tratta di esperienze di valore che ci offriranno elementi fondamentali nella rilettura del modello di funzionamento di un centro commerciale.
In Svicom abbiamo focalizzato la digital transformation su tre ambiti: immobili, tenant, consumatori. Abbiamo introdotto strumenti digitali che rendono più efficiente e più efficace la gestione immobiliare: un esempio è il Bim nel campo del facility management e quindi della gestione dell’edificio dal modello 3D, ma anche l’intelligenza artificiale nel monitoraggio energetico degli impianti. Nella relazione con i tenant abbiamo introdotto Mall Portal, il nostro Crm, che ci consente di lavorare al loro fianco, supportandoli nello svolgimento delle reciproche attività in un ambiente digitale che connette tutti gli attori del centro commerciale. Per quanto riguarda i consumatori abbiamo utilizzato la tecnologia digitale secondo questa strategia: da un approccio tradizionale one-to-many, caratteristico della standardizzazione di massa tipica del centro commerciale, alla proposta di soluzioni individuali one-to-one. The Place To Do è la nostra experience platform che dall’estate 2021 sarà lanciata in alcune delle nostre strutture: il cliente potrà scegliere iniziative, eventi, corsi e attività da sperimentare nel centro commerciale oppure “on demand”, con la famiglia, da solo, con gli amici. Si introduce così la personalizzazione di contenuti, rivedendo il paradigma classico di eventi ed esperienze generaliste nei centri commerciali. Il marketing dell’era digitale ci sta insegnando che un retailer o un centro commerciale potranno essere più competitivi adottando strategie di co-creazione con i propri clienti e di coopetizione, quindi dialogo, con altre imprese (anche concorrenti). Il centro commerciale dovrà basarsi su un modello di innovazione aperto che coinvolga tutti gli attori in gioco: proprietà, retailer, gestori, clienti.
Come rendere appetibili le esperienze integrate on/off di un centro?
Il contesto in cui viviamo ci fornisce tutti gli strumenti per andare verso una piena sincronia on/offline. Il filosofo Luciano Floridi ha coniato l’espressione “on life” per sottolineare come la stessa esperienza umana oggi supera la presenza (dove sono) e la localizzazione (dove posso agire). Abbiamo fatto nostra la dimensione di essere “tele presenti” anche quando ci troviamo “altrove”. Floridi usa l’immagine delle mangrovie per descrivere la nostra società e sottolineare questo tutt’uno ormai naturale di fisico e di digitale. Ecco allora che il centro commerciale è un’esperienza costante: dimensione fisica e digitale non sono più distinte. Sono in dialogo continuo.
Il processo di digitalizzazione dei Centri si limiterà a inseguire l’eCommerce?
La digitalizzazione dei consumi trova nell’acquisto solo una delle sue molteplici fasi e ciò rappresenta prima di tutto un’opportunità per il nostro comparto. I servizi di delivery e click&collect saranno basilari per i centri commerciali, ma non saranno tutto: occorre indirizzare la transizione digitale verso l’offerta di nuovi servizi e nuove informazioni ed esperienze ai propri clienti. La tecnologia sarà un fattore chiave per rendere i centri più attrattivi, aumentarne il livello di servizio, migliorare l’esperienza d’acquisto, e incrementare il legame con i consumatori digitali (nativi e non). D’altronde, il consumatore adotta con consapevolezza un approccio fluido nell’acquisto, seguendo indistintamente sia una logica Bopis (Buy online, pick up in store) sia una logica Boss (Buy online, ship to store), puntando su strumenti di instant messaging order e virtual store visit gestiti dai tenant con il centro commerciale.
I centri commerciali hanno davvero intrapreso la via dell’omnicanalità o sono digitalmente immaturi?
I centri commerciali sono in transito. L’ultimo biennio ha accelerato tendenze già in atto dalla metà del Novecento quando si parlava della tecnica come soggetto della storia (Heidegger) guardando alla tecnologia e poi all’informatica come vettori di cambiamento nel quotidiano. Una volta intrapresa la strada della transizione tecnologica, è inevitabile che questa trasformi anche noi e i nostri spazi. Come diceva Winston Churchill, “prima siamo noi a dare forma agli edifici, poi sono questi a dare forma a noi”. Da questo punto di vista, l’edificio digitale che stiamo costruendo intorno allo spazio commerciale fisico, sta cambiando radicalmente il consumatore e, al tempo stesso, subisce la mutevolezza dei suoi comportamenti e delle sue abitudini. L’accelerazione digitale resterà una costante e imporrà a tutta la industry importanti riflessioni per calibrare la velocità del cambiamento, avendo cura di saper ben gestire la tensione tra il desiderio di attualità e la perdita di rilevanza. Il rischio da evitare è quello di finire in una pericolosa spirale di “commoditizzazione”, un immobile-macchina. Invece, per il cliente finale il centro commerciale dovrà integrare, senza soluzione di continuità, prodotto, servizio ed esperienza quale perno nella costruzione di un ecosistema di valore esponenzialmente più ricco di quello che singoli brand potrebbero offrire da soli.
I centri commerciali sono pronti per una nuova generazione di progetti?
La nuova generazione va costruita sul passato e non con il passato. Il cambiamento non può essere visto solo come un onere cui adeguarsi. La pandemia ci ha insegnato ad accogliere le opportunità del digitale e a trasformarle in occasioni di rethinking e design concettuale. “I logici continuano ad appuntire le loro penne ma non scrivono mai” diceva John Locke; il futuro da scrivere non può vedere il centro commerciale come un soggetto immobile tanto meno come un soggetto “iper mobile”. Lo spazio commerciale deve proseguire ad alimentare il suo dialogo con le emozioni, i valori e le radici, che le persone e i territori (fisici e digitali) gli restituiscono proponendo loro tecnologie utili. Il design centrato sull’aspetto umano (human centered design) è ancora cruciale e si rafforza grazie a temi decisivi già nell’immediato come la sostenibilità e la responsabilità ambientale, temi riguardo ai quali il nostro settore (industry) si può dire sia ancora in transito.