Il sempre maggiore successo del commercio elettronico con la posizione dominante di alcune grandi Dot Com (Amazon e Alibaba in primis) e il diffondersi di nuovi mezzi di interazione con i consumatori, spingono i retailer tradizionali a prospettare scenari futuri riguardati lo store fisico e le leve che stimolano la visita dei clienti in punto vendita. Sperimentare diventa, quindi, necessario per visualizzare e concretizzare le opportunità che le nuove tecnologie mettono a disposizione. I principali retailer propendono per l'attribuzione di nuove funzionalità digitali al negozio e all'abilitazione di nuovi processi di vendita omnicanale. La sperimentazione di innovazioni digitali in negozio è diventata così centrale che molti attori stanno creando dei propri “Lab-store”, ovvero dei negozi pilota, molto spesso vicini agli headquarter, dove vengono testate svariate soluzioni prima di scalarle sull’intera catena. È il caso di Walmart e Decathlon negli Stati Uniti, oltre che una tendenza anche presso i service provider: McKinsey, per esempio, ha di recente inaugurato, sempre negli USA, il “Modern Retail Collective”, un laboratorio aperto a tutti quei retailer interessati a testare innovazioni digitali come specchi intelligenti, smart objects e RFId. Appare chiara, però, la mancanza di un modello univoco di riferimento tra digitale ed analogico per il retail, dando largo ad una pletora di best practice, variabili per ogni industry, che possono tangibilmente migliorare i processi e la misurazione delle performance dello store. Il convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2019 dell'Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso il 13 febbraio 2020 dalla School of Management del Politecnico di Milano, mette ben in luce queste sperimentazione e restituisce una panoramica dello stato dell'arte del retail nell'Italia odierna.
Difatti, in Italia la frammentazione del tessuto commerciale (la densità di imprese Retail per km2 dello stivale è 1,4 volte la media europea) causa il rallentamento nel processo di trasformazione digitale. Risulta, spesso, più difficile sviluppare competenze e attrarre capitali di investimento necessari per innovare e rendere più efficiente la distribuzione. Ciononostante, i retailer puntano al miglioramento dello store, che diventa intelligente, e soprattutto mobile-friendly, per cogliere gli interessi dei clienti e offrire un’esperienza d’acquisto aumentata e connessa, puntando su digital signage, cartellini interattivi, sistemi per il monitoraggio dei clienti, sistemi di business intelligence analytics, soluzioni di sales force automation e vetrine smart. "Nel negozio del futuro la ‘customer experience’ si fonda sulla centralità dello smartphone come eliminazione del limite tra fisico e digitale", dichiara Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, “Sperimentazione di nuovi concetti di store e seria implementazione di una pervasiva strategia omnicanale costituiscono le principali linee di lavoro dei più grandi retailer internazionali”.
"Strategia omnicanale" risulta essere, quindi, l'ingrediente da inserire nella ricetta di successo per il futuro del retail, tanto che i primi 300 retailer tradizionali operanti in Italia presidiano i canali digitali per supportare il cliente nelle fasi di pre o post-vendita o per abilitare la vendita. “Negli scorsi anni la disponibilità di tecnologie digitali sempre più integrate ha permesso di progettare un'esperienza cliente in cui quest’ultimo potesse accedere, senza barriere, ai diversi canali acquisto del prodotto o del servizio in distribuzione: negozio fisico, eCommerce, social media, app dedicate. Allo stesso tempo la difesa dall’eCommerce aveva spinto molti retailer verso la progettazione di spazi “ibridi” in cui il cliente-visitatore potesse accedere a diverse categorie merceologiche legate tra di loro da interdipendenze di natura commerciale (librerie e food, lavanderie e spazi di ristorazione, giocattoli e abbigliamento per bambini)”, dichiara Emilio Bellini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, “Oggi all'interno dei modelli ibridi ‘Omni-Experience’, invece, il visitatore può non solo accedere a più canali di vendita ma anche trascorrere un tempo dedicato contemporaneamente a diverse esperienze rilevanti per il proprio stile di vita, esperienze in cui il prodotto in distribuzione viene usato e assume significato”.
Criticità in tal senso riguardano, però, la Data Strategy, in quanto, secondo la ricerca, due retailer su tre raccolgono i dati sui diversi canali, ma mancano di un sistema in grado di armonizzarli e integrarli. Ciò si collega all'incompiutezza di un ecosistema d’innovazione allargato a tutto il customer journey, producendo inefficienze e mancanza di progettualità più strutturate.
Il futuro degli store
Si registra, tuttavia, un fenomeno che parrebbe quasi in controtendenza nell'ottica della trasformazione digitale, ma che, in realtà, è proprio la chiave dell'integrazione "onlife" tipica della fusione tra mondo on e offline: "Il prossimo decennio per il retail italiano sarà caratterizzato dal ritorno alla prossimità: nelle grandi città avremo un numero più ampio di punti vendita di superficie ridotta, diversi da quelli attuali per focalizzazione sull'aspetto relazionale e sul supporto alle operatività eCommerce”, afferma Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio innovazione Digitale nel Retail. Si passerà, quindi, dai grandi spazi periferici di transazione (come è tipico dei grandi centri commerciali) alle piccole superfici di prossimità, dove qualità del prodotto, maggior attenzione alla misurazione degli indicatori di performance, cura della relazione e personalizzazione guideranno significativamente il cambiamento. In questo scenario, il digitale svolge un ruolo di abilitatore: rende possibile una maggior conoscenza e tracciabilità dei prodotti e potenzia il ruolo della forza vendita, che può focalizzarsi empaticamente sulla vicinanza e sulla relazione con i consumatori, valorizzando la componente sociale dell’acquisto.
In termini di prossimità, una delle categorie del retail maggiormente interessata è quella del food & grocey le cui dinamiche di trasformazione digitale generano ancora numeri ridotti ma con tassi di crescita molto rilevanti. Mark Up ha incontrato Valentina Pontiggia per approfondire il tema:
Quale sarà la dinamica dell’eCommerce food&grocery nel 2020 al netto del food delivery?
Negli ultimi anni il Grocery Alimentare (spesa alimentare da supermercato) è particolarmente dinamico: il settore nel 2019 ha raggiunto i 476 milioni di euro grazie a una crescita del +45%. Nel 2019 è il segmento che, con il Food delivery (+56%), cresce di più: l’incremento medio dei settori di prodotto è infatti pari al +21%. Per il futuro ci possiamo aspettare che il settore continui nella sua dinamica di crescita. I tanti progetti avviati negli ultimi anni hanno favorito la costituzione e il potenziamento, almeno sulla carta, dell'offerta online. L'attivazione dell'iniziativa eCommerce rappresenta però solo l'inizio di un processo lungo di integrazione tra canali che richiede scelte, continui investimenti e sviluppo di competenze. Solo così è possibile superare i connotati sperimentali di molte iniziative e garantire una copertura territoriale nazionale: ad oggi un italiano su tre non può ancora far la spesa da supermercato a domicilio.
Ritiro in negozio o consegna a casa? Qual è il modello più in crescita nel 2019?
Nel 2019, l’home delivery rimane la modalità di consegna preferita dai consumatori: l’87% degli acquisti a valore vengono consegnati direttamente a domicilio. Lo scontrino medio, con questa modalità, è pari a circa 150 euro. Il click&collect, pur rimanendo uno strumento secondario, guadagna punti percentuali di incidenza: nel 2019 il 13% degli acquisti è consegnato attraverso questa modalità (rispetto al 6% nel 2017). Questa crescita dipende in prima battuta dalla nascita di nuove iniziative di retailer tradizionali che preferiscono, in fase di avvio del progetto eCommerce, non effettuare la consegna a domicilio (contenimento costi operativi). Lo scontrino medio, in caso di click&collect, è pari a circa 100 euro. Negli ultimi anni si sta però diffondendo sempre più, tra i retailer tradizionali, un approccio omnicanale. Il censimento condotto su 70 top retailer operanti nella GDO (inclusi nei 300 top retailer per fatturato), mostra che il 53% dei retailer ha attivato almeno un’iniziativa eCommerce. Dei retailer attivi online, il 70% offre entrambe le opzioni di consegna.
Quali tecnologie possono ampliarne il giro di affari dell’eCommerce f&g?
Sono tre le principali aree di innovazione identificate a livello internazionale nel Grocery Alimentare. La prima fa riferimento all’innovazione della customer experience online per semplificare il processo di acquisto, che nell’eCommerce Alimentare è molto complesso. Alcuni esempi in questo senso sono i dispositivi di ordine automatico (Amazon Dash, …) e il voice ordering (Walmart in collaborazione con Google, …). La seconda area di innovazione riguarda la possibilità di offrire modalità di consegna della spesa online molto più efficienti ed efficaci, per ridurre i costi e migliorare il livello di servizio. Innovative sono ad esempio le sperimentazioni di Kroger per la consegna in 30 minuti e di Walmart per la consegna nel frigo. Il terzo cantiere di innovazione riguarda la sfera dell’omnicanalità, con l’abilitazione di modelli di integrazione tra online e offline per allargare la base di utenti. L’eCommerce è anche motore di innovazione del retail tradizionale: soluzioni nate per l’online, come il pagamento invisibile, si estendono al mondo fisico e fanno nascere nuovi formati ibridi di store (negozi senza barriere cassa di Amazon e Alibaba).