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Un percorso di oltre vent’anni nel mondo del retail e del drug, coprendo diversi ruoli legati alle strategie di marketing e commerciali, con occhi sempre attenti ai punti di vendita, oggi arrivato alla nomina come direttrice generale di Drug Italia: questa la storia di Rosanna Ungaro, prima donna a coprire questa carica che rappresenta il secondo operatore in Italia con quasi 25 punti di quota come total store (fonte GNSD 2024 NIQ). “Drug Italia, il nuovo nome di Superdrug Italia, si qualifica come una centrale con un’operatività molto connessa alle relazioni e all’equilibrio degli otto soci fondatori attivi con sei insegne. Parliamo di una realtà nella quale coesistono compagini differenti con modus operandi diversi in grado di generare un fatturato di 1,4 miliardi di euro con 1.000 negozi e più di 5.000 dipendenti. Per questo la nostra particolarità consiste nel contatto diretto con l’imprenditorialità italiana, che ancora resiste e bene in un mondo dove, anche in Italia, le multinazionali diventano sempre più forti”.
Non è questa la caratteristica di tutte le centrali?
Siamo lontani dal concetto di centrale come insieme per fare massa critica nei confronti dell’industria. Certo che tra i nostri obiettivi rientra anche la contrattazione e l’ottenimento delle migliori condizioni, ma vogliamo essere una centrale di servizi, che lavora prima di tutto una comunione di valori tra i soci, che si traduce nella condivisione di best practise e di know how tra tutti i soci. Vogliamo fare cost saving nell’ottica di raggiungere un livello più elevato di efficienza, requisito tassativo per dialogare alla pari con l’industria di marca. Per questo, intendiamo anche riempire di contenuti il brand Drug Italia che in realtà non è un brand, ma può diventarlo nella misura in cui ogni socio abbia la consapevolezza che rappresenta un filo rosso per tutti i negozi dal gruppo dal punto di vista commerciale.
Come prosegue la relazione con Forum?
Bene. Al loro interno, rappresentiamo il canale drug partecipando alle diverse commissioni merceologiche. In due di queste (home care e personal care) siamo i capofila nelle trattative per gli accordi quadro con l’industria di marca, mentre le attività promozionali sono stabilite a livello locale, con l’obiettivo di lavorare in un’ottica di efficientamento per creare valore nel punto di vendita fisico come a livello aspirazionale.
In questo contesto come sta evolvendo il mondo drugstore?
Come indicano bene i dati di questi ultimi anni, il canale drug gode di ottima salute: è l’unico che cresce a rete sia corrente sia costante, tanto a valore quanto a volume. Di fatto, siamo ancora nella fase di curva di crescita e questo è un bene, perché si possono creare nuove opportunità commerciali e condizioni contrattuali più interessanti e remunerative. Va anche detto che, in Italia, questo canale è meno sviluppato come category killer rispetto a quello che succede all’estero, soprattutto in Germania e nei Paesi austro ungarici, dove i drugstore arrivano a livelli di penetrazione importanti. Qui sono considerati una tappa settimanale obbligatoria nella shopping list per categorie sia tradizionali -come home care e personal care sia succedanee come colazione e vini, come abbiamo visto in recenti visite in Germania.
Un’evoluzione che si concretizzerà anche in Italia?
Può darsi che alcuni inserimenti, come appunto colazione e vini, siano ancora prematuri, ma certo anche da noi stanno cambiando i comportamenti d’acquisto dei consumatori e il suo percepito. E lo dimostra la continua crescita a volume e a valore, anche se aumentano i player, soprattutto multinazionali, con le loro diverse anime.
Che cambiamenti si aspetta quindi?
Il rafforzamento dei movimenti già in atto, a partire dall’ampliamento dell’assortimento verso mondi vicini al know how dei drugstore. Mi riferisco a casalinghi, giocattoli, profumeria, tessile e altro anche per effetto dei nuovi competitor. Il beauty, in particolare, rappresenta un’opportunità interessante, in grado di creare attrazione e fidelizzazione a patto di presidiare il settore lavorando sulla presenza dei prodotti di marca e sulla profondità dell’offerta, inserendo anche item selettivi. Home care e toiletries, ambiti sui quali discount e supermercati credono sempre meno, continuano a essere mondi di riferimento che trainano le vendite, con il ruolo importante della promozionalità, che, in queste categorie al contrario di quanto avviene nel beauty, permette switch di marca e di prodotto. L’importante è non svilire la categoria e portare valore e vendite incrementali. Infine, dovremo dedicare sempre maggiore attenzione al cosiddetto bazar, quel General Merchandise che, con esposizioni privilegiate, creare nuove occasioni di acquisto, favorendo impulso e aumento della frequenza. L’inserimento di queste merceologie permetterebbe la programmazione di un calendario a rotazione sia delle categorie (candele, tessile, casa, arredo casalinghi, ecc) sia di eventi (come Pasqua e Natale).
Cambiamenti che incidono anche sul ruolo stesso del negozio ...
Esatto. La trasformazione più interessante del settore riguarda il ruolo del negozio, che diventa a tutti gli effetti un punto focale nella spesa e non più un’insegna secondaria o attraente solo per le promozioni, che rimangono importanti, soprattutto grazie ai volantini, nel favorire la frequenza settimanale, in particolare nel caso di location di prossimità.
Cosa rappresentano oggi le private label per i drugstore?
A livello globale, la quota è ancora bassa: non arriva al 10%, anche se ci sono insegne che ci stanno lavorando più di altre, con vantaggi significativi in termini di marginalità. Sono convinta che ci siano spazi di crescita, per ora, nel nostro mondo, la fidelizzazione passa ancora per i brand dell’industria, soprattutto quelli che investono in comunicazione. Mantenere questi tassi di fedeltà con marchi propri richiede tempi lunghi, in un mercato dinamico come il nostro. In questo senso, la digitalizzazione può rappresentare un’importante chiave di differenziazione e di garanzia di penetrazione, soprattutto nel rapporto con le giovani generazioni.
A che punto sono i soci nell’applicare la digitalizzazione?
Tutti e otto sono molto attivi sia sul fronte aziendale interno in relazione a processi e flussi sia per quanto riguarda il contatto con i clienti, attraverso social network e app. Come Drug Italia, una delle priorità del 2025 sarà la creazione di una comunicazione che unisca tutti i soci a livello valoriale, oltre che commerciale, per accreditarci come gruppo, seppur con un’insegna che il consumatore non conosce. Certo non saremo mai un’insegna, ma, come capogruppo, ci consideriamo il denominatore comune dei valori di tutte e sei le nostre insegne.
Per chiudere, che consigli darebbe a giovani che vogliono intraprendere una carriera nel mondo retail e nel drug store, in particolare?
Lavorare molto con passione, pensando un po’ come se l’azienda fosse sua, che si tratta di un’impresa famigliare o di una multinazionale. Un’attitudine che premia, perché pensare all’impresa come tua, fa impegnare sempre di più. L’obiettivo di cercare di ottenere sempre il massimo per l’azienda per cui si lavora significa anche che il risultato raggiunto dipende anche te con una ricaduta importante sulla propria soddisfazione personale. E questo fa guardare avanti.
Da appuntamento mensile legato alle promozioni, i drugstore si sono evoluti e oggi sono un punto focale nella spesa settimanale dei consumatori.
E nuove evoluzioni sono alle porte