Svicom è fra le prime quattro realtà nazionali nel campo della consulenza per il mondo retail real estate. “Ma di queste quattro realtà, tre sono gruppi globali dell’advisory -precisa Alberto Albertazzi, ceo & general manager di Svicom-. Ma credo che uno dei vantaggi di rimanere italiani e indipendenti sia la flessibilità operativa”.
Albertazzi, classe 1966, varesino, è in Svicom dal 2013, dopo aver ricoperto il ruolo di direttore generale e responsabile immobiliare per l’Italia di Henderson Global Investors Sgr. Vista la sua esperienza nel mondo della consulenza e della finanza immobiliare (iniziata nel 1992) non potevamo non partire in questa intervista con una domanda sull’attuale mercato dell’advisory nel quale spiccano, appunto, 3 giganti globali -Cushman&Wakefield, Cbre, Savills- che hanno rafforzato il business sul retail real estate acquisendo storiche realtà italiane.
Ci spiega il concetto di indipendenza?
Penso che uno dei vantaggi dell’essere rimasti indipendenti sia quello di muoversi con maggiore flessibilità nel mercato e nel rapporto con i clienti. Quando dico muoversi nel mercato mi riferisco anche e soprattutto alla capacità di essere presenti in realtà locali spesso non raggiunte dai nostri concorrenti. Realtà locali che noi conosciamo meglio e di cui l’Italia è piena. La nostra flessibilità è figlia anche di un’organizzazione difficilmente riscontrabile nelle property company intenazionali: per esempio, noi abbiamo un responsabile progetto per ogni cliente, per avvicinarsi il più possibile alle loro esigenze. Non mi pare ci siano realtà che abbiamo questa caratteristica: è una scelta costosa, perché si aggiunge una persona, ma paga in termini di qualità del servizio.
L’altro aspetto rimanda alla trasparenza. Non voglio fare classifiche del meglio o del peggio, dico solo che uno dei problemi del mercato immobiliare di nostra competenza riguarda l’annosa questione del conflitto d’interesse. La consapevolezza di questo conflitto ha portato, in generale, a fenomeni di scorporo delle attività di consulenza da quelle valutative e di asset management. Tuttavia, con la concentrazione si va in senso opposto perché i colossi globali che hanno al loro interno sia la consulenza strategica sia valutazione sia l’asset management, devono poi gestire eventuali conflitti di interesse: un asset manager che gestisce un fondo per conto di investitori e utilizza servizi in-house potrebbe non riuscire a garantire un sufficiente livello di qualità e di prezzo.
Qual è l’attività più importante per voi?
La gestione di immobili a destinazione retail, principalmente centri commerciali e parchi commerciali: su un fatturato totale di una decina di milioni, il property management rappresenta il 65%.
Poi viene il leasing (la commercializzazione degli spazi) che rappresenta il 20-25%. Il resto è fatto dalla consulenza strategica molto collegata allo sviluppo. È un’attività molto importante perché si rivolge a tante realtà, fra le quali le banche, che non hanno storicamente un’esperienza specifica sul settore retail, ma che devono valorizzare molti immobili che si trovano a carico.
Poi penso agli immobili in centro città da riconvertire o ristrutturare: è una delle vie future dello sviluppo. Questo tipo di consulenza adesso pesa molto poco ma è destinata a crescere. Un’altra attività che per noi sarà strategica è l’assistenza tecnica straordinaria, cioè efficienza energetica, intervento sulle procedure amministrative, progettazione.
Il core business sono ancora gli immobili retail.
Gli immobili in gestione sono oggi al 99% retail, ma se si lavora bene nel retail real estate non si hanno problemi ad estendere questa attività ad altre classi immobiliari. Oggi gestiamo una quarantina fra centri commerciali e parchi commerciali ai quali si aggiungono 4-5 progetti di commercializzazione che poi diventeranno immobili in gestione.
Fra i nuovi progetti in elaborazione ci sono due casi interessanti di riqualificazioni.
Il primo è un progetto che gestiamo per conto di Eurofund: è un tipico esempio di immobile dismesso in un’area da riqualificare. È il recupero di uno scalo ferroviario dismesso da un decennio a 1 km da Piazza Castello a Torino, da riportare a nuova vita con la creazione di un centro commerciale che avrà una galleria di shopping tradizionale, ma al primo livello ristorazione e divertimento, con collegamento a parco esterno che verrà gestito in funzione delle necessità della zona con parcheggio utilizzabile anche in altri orari.
Il futuro del retail in Italia è il recupero di aree in centro città con attenzione all’ambientazione, servizi come ristorazione, fitness, medici, divertimento, per creare posti all’interno di ambito già servito, di luoghi sociali.
La Birreria è un altro caso di recupero di un’area abbandonata.
Esatto, La Birreria sorgerà sulle ceneri di un’area degradata, la ex Peroni, già in un contesto difficile. L’operazione portata avanti da gruppo Cualbu (Centro Sicilia, Le Vele) sta recuperando questa fabbrica per creare un prodotto simile a quello di Torino. Il bacino d’utenza è importante, ma oggi privo di servizi: con il nuovo progetto si recupera viabilità si creano servizi per valorizzare aree comunali, con parcheggio da 1.200 posti auto.