La giornata del 2 aprile 2020 sembra voler rappresentare un punto di svolta nella gestione della crisi da Coronavirus lato Unione europea. Si parte con una lettera scritta dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pubblicata sulle pagine del quotidiano “La Repubblica”, in cui si ammettono gli errori di gestione nella prima fase della crisi, dove “in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria”, rilanciando però ora una nuova fase collaborativa.
La stessa von der Leyen ha presentato oggi in conferenza stampa il primo strumento operativo anti crisi della Commissione europea, ovvero SURE (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency), un fondo europeo contro la disoccupazione. SURE mobilita 100 miliardi di euro, grazie a garanzie degli Stati membri per 25 miliardi di euro e permetterà di raccogliere risorse sui mercati, emettendo bond con tripla A, quindi a tassi bassissimi, facendo in modo che i Paesi che ne abbiano bisogno possano accedere a prestiti con scadenze a lungo termine. Dentro l’acronimo SURE vi è il chiaro riferimento agli schemi di lavoro a orario ridotto a cui molti lavoratori e imprese devono conformarsi per far fronte alle misure di contenimento della pandemia. L’iniziativa viene assimilata ad una sorta di “cassa integrazione europea”, volta ad evitare che le aziende licenzino i loro dipendenti e riescano a preservare quanto più possibile intatto il loro potenziale produttivo. Infatti, al momento della ripresa, anche se ancora molto indefinito nel tempo, si vuole fare in modo che gli europei possano ritornare al lavoro a tempo con una domanda in salita, a cui l’offerta sarà in grado di rispondere. In tal modo, SURE tamponerà il repentino ed ingente incremento della spesa pubblica da parte degli Stati per tutelare il lavoro e prevenire la disoccupazione, foraggiando forme di sussidio statale che si riverseranno nelle varie cassa integrazione in Italia, chômage partiel in Francia o Kurzarbeit in Germania. Nelle parole della von der Leyen, allora, “È cruciale far ripartire il motore dell’economia senza ritardo quando la crisi sarà finita. Le aree di Milano e di Madrid fanno parte della spina dorsale dell’economia europea”.
Certo è che le polemiche ancora non cessate su MES e Eurobond, a cui si accodano iniziative come la lettera a firma Carlo Calenda e altri presidenti di regione e sindaci italiani pubblicata sulla Frankfurter Allgemein Zeitung e i relativi botta e risposta, fino a spiragli di reciproca comprensione (come nel caso dell’articolo solidale con l’Italia del Bild Zeitung tedesco), rendono il clima continuamente mutevole ed incerto. Vi è la necessità di riportare fiducia. Per affrontare questa profonda crisi economico-sanitaria in molti fanno riferimento alla necessità di un piano Marshall. Ursula Von der Leyen, a questo proposito, specifica che “il bilancio europeo deve essere il nostro piano Marshall che tutti insieme prepariamo. Ad oggi l'Ue, e cioè le istituzioni europee e gli Stati membri, hanno mobilitato 2.770 miliardi di euro. È la più ampia risposta finanziaria ad una crisi europea mai data nella storia”, superiore anche da quanto messo in campo da Trump per gli Stati Uniti.