Ma come si fa, soprattutto se sei la caffetteria e la frappuccineria più famosa del mondo, a non aprire a CityLife? O al Centro di Arese? È un interrogativo che ho visto girare molto sui social. La risposta a tale domanda è la seguente: nello sviluppo italiano di Starbucks i centri commerciali, soprattutto quelli tradizionali, non rientrano fra le location prioritarie. E fra queste posizioni privilegiate troviamo gli eventuali spazi all'interno dei luxury shopping mall/department store stile Westfield. Lo conferma Roberto Masi, Responsabile sviluppo di Starbucks Italia. Masi dice chiaramente in un'intervista che i centri commerciali come Il Centro di Arese (Mi) non sono la priorità di Starbucks il cui modello di sviluppo prevede l'inserimento in una cornice più esclusiva o di lusso come Westfield piuttosto che lo shopping center tradizionale magnetizzato con l'iper o il superstore.
Centri storici, high street e aeroporti
L'apertura di uno Starbucks classico nell'aeroporto Malpensa dimostra che il travel retailing è un ambito di elezione per le frappuccinerie o le concocterie di Howard Schultz, fondatore della catena dal logo con la sirena. Non è chiaro se le stazioni ferroviarie -soprattutto quella decina di Grandi Stazioni, a partire da Roma e Milano, oggetto di riqualificazione architettonica e soprattutto di retail mix- rientrino in questo discorso. La scelta di posizionarsi in vie e zone molto centrali di Milano e prossimamente di altri capoluoghi di provincia, quei pochi dopo Roma e Milano che contano per una multinazionale come Starbucks, è coerente (ma fino a un certo punto) con la sua strategia di sviluppo immobiliare in Italia, paese dove esistono anche ottime location in zone periferiche e del semicentro che potrebbero ben adattarsi al ruolo di catalizzatore di socialità e relazione che Starbucks si attribuisce.
Un concept divisivo
Facendo un giro sui social, i commenti di molti clienti dei nuovi Starbucks milanesi appena inaugurati in Piazza XXV aprile (di fronte a Eataly: foto mia, a fianco e in home page) e in via Durini (San Babila) nell'edificio pluripiano Brian&Barry, possono essere riassunti in questi termini: "finalmente una caffetteria più a dimensione d'uomo e cliente, con prezzi più accettabili e un ambiente più informale". Il riferimento (critico) sottinteso occhieggia alla maestosa Reserve Roastery di Piazza Cordusio, definita, un po' enfaticamente, la Willy Wonka del caffè, con riferimento all'omonimo film del 1971 (Willy Wonka, la fabbrica del cioccolato) con Gene Wilder, una pellicola cult e vagamente lewiscarroliana, ispirata al romanzo di Roald Dahl.
A proposito di commenti sui social, Starbucks è una delle catene più divisive comparse in Italia negli ultimi anni: sono molti gli italiani entusiasti che apprezzano e gustano i prodotti tipici e più noti della multinazionale americana, come il caramel macchiato; ma numerosi sono anche i detrattori e i critici, anche di lingua inglese, che ritengono il caffè Starbucks un insulto alla tradizione e all'arte della torrefazione e della miscelazione baristica italiana (vedi su Facebook #civediamodastarbucks).