“L’eCommerce ha sollevato molti problemi ma ha stimolato anche molte soluzioni per la logistica. Non esiste più dire ‘abbiamo sempre fatto così’, oggi assumono grande importanza flessibilità e fungibilità. E anche la capacità di organizzarsi per saper affrontare nuove situazioni”. Questo è il pensiero che ha espresso Cristina Lazzati, direttrice di Mark Up e Gdoweek, intervenendo sul tema della supply chain all’interno dell’evento DigiGreen Day che Ibm ha organizzato presso i suoi Studios a Milano.
Caratterizzato dal claim “Creiamo Insieme un Futuro sostenibile”, l’incontro ha voluto essere un’occasione per affrontare il tema della sostenibilità a tutto tondo, analizzando come il digitale possa integrarsi all’interno dei processi per favorire i fattori Esg (Environmental Social Governance).
Stefano Rebattoni, amministratore delegato di Ibm Italia, ha aperto i lavori sottolineando come i cambiamenti climatici, le crisi delle supply chain, l’inflazione e la sicurezza informatica comportino sfide sempre più complesse. Per affrontarle è necessario “un impegno congiunto tra imprese, istituzioni, associazioni e cittadini e il digitale è la leva che può contribuire a creare un sistema più inclusivo e orientato alla crescita e al benessere”. E il nome scelto per l’evento, DigiGreen, ha voluto proprio evidenziare come la transizione ecologica possa essere strettamente legata alle nuove tecnologie e quanto queste possano fare per favorire la riduzione dei consumi e degli sprechi a tutto vantaggio del business.
I tre focus al centro di DigiGreen
In particolare, DigiGreen ha focalizzato l’attenzione su tre ambiti: Energy&Utility, Financial Service e Supply Chain. Ed è proprio la catena della fornitura che sta forse mostrando le maggiori evoluzioni nell’ambito della sostenibilità. Un esempio questo senso è la tracciabilità: “Nel mondo della distribuzione o dell'agroalimentare –ha sostenuto Cristina Lazzati– ci sono alcune filiere tracciabili e tracciate anche con sistemi molto evoluti come la blockchain. Inoltre, come nel caso del caffè o del cacao, dove il fattore umano è molto importante, si certifica anche che determinate coltivazioni sono state fatte nel pieno rispetto dei diritti”.
I casi di Bofrost e Leonardo
La prima azienda di surgelati a usare la blockchain è stata BoFrost. “Abbiamo usato la blockchain per due motivi – ha affermato Enrico Marcuzzi, chief marketing officer di Bofrost –. Anzitutto per essere trasparenti e creare fiducia e poi per individuare se nei processi esistevano punti critici. Siamo partiti con due prodotti: i carciofi italiani e il merluzzo dell’Alasca. I consumatori hanno apprezzato molto la tracciabilità, però abbiamo incontrato diverse difficoltà. Da una parte il costo e dall’altra, nel caso dei carciofi, un tessuto estremamente frammentato difficile da gestire”.
Tuttavia, come ha sottolineato Renata Mele, senior vice president Sustainability, Leonardo, “il tema della sostenibilità deve coinvolgere tutta la catena di fornitura. Noi abbiamo una catena di fornitura che, solo in Italia, comprende oltre 4.000 realtà, di cui l’87% è costituito da piccole e medie imprese super specializzate. Come grande azienda che muove un ecosistema è centrale l’impegno dei fornitori nei confronti della sostenibilità”.
“Ci vorrebbe una managerializzazione delle Pmi italiane -ha concluso Cristina Lazzati-, con l'introduzione di nuovi manager che avranno già nel proprio Dna valori della sostenibilità, dell'inclusione, della diversità”.