Da dicembre 2017 è il nuovo boss di Carrefour Italia: Stéphane Coum è il direttore operations. “Significa che mi occupo di tutte le attività operative di Carrefour e anche della strategia commerciale e della riorganizzazione della sede”. Stéphane Coum è bretone e, per quanto sia impegnato da anni in una carriera internazionale, che lo ha portato prima in Oriente poi in Turchia, per approdare, infine, in Italia, non dimentica le sue origini. “Mi piace la vita dell’expatriate, adoro l’Italia, ma, sembrerà contradditorio, più viaggio e vivo all’estero, più imparo ad amare la mia terra”.
In Italia, è arrivato qualche anno fa, appartiene al team di Eric Uzan, lo stesso che ha rivoluzionato l’assetto del colosso francese nel nostro Paese, imprimendo una corsa all’innovazione che non ha lasciato indifferenti clienti e competitor.
E adesso? Lo chiediamo a Stéphane ...
“In cinque mesi ho riorganizzato la sede, con la creazione della direzione acquisti e di una direzione commerciale che permetta a tutti i nostri category manager di fare il lavoro di assortimento e di costruire la propria piramide prodotti, senza dover pensare alla profittabilità, poiché questa è un’istanza che passa direttamente alla direzione acquisti.
Siamo sempre più customer-centric: per noi è prioritario soddisfare le attese dei nostri clienti e anche rafforzare la collaborazione con i produttori, gli agricoltori e gli allevatori sul tema della food transition. Siamo nel 2018, sappiamo quanto succede nel mondo, malnutrizione, mancanza d’acqua, problemi ambientali, deforestazione: abbiamo una forte responsabilità verso le generazioni future.
Una responsabilità personale, ma anche aziendale: educare i propri clienti a consumare meglio e nel rispetto della natura è uno dei goal di Carrefour. Poi ci sono le persone che fanno un lavoro straordinario, ovvero i produttori e gli allevatori, spesso dimenticati nella filiera della remunerazione.
A proposito di fornitori … Qualcuno dice che Carrefour tenda pagare i propri conti con una certa lentezza …
Sono un po’ sorpreso di sentirlo perché da quattro-cinque mesi sto incontrando i fornitori per parlare di commercio, di strategia ma anche dei termini di pagamento e nessuno si è lamentato. Abbiamo un contratto e lo rispettiamo.
Ci teniamo ad avere un rapporto sano con i nostri fornitori.
Che cosa intende per “rapporto sano”?
Il win-win per definizione deve essere per entrambe le parti, altrimenti non è più tale. Il messaggio che voglio passare a tutti i fornitori è che Carrefour non è cambiato, ma abbiamo gli occhi aperti, e se domani vediamo sui mercati paralleli prodotti che noi vendiamo in assortimento continuativo, ma con prezzi del 30 o 40% più bassi, andremo anche noi sul mercato parallelo, proprio come fanno tutti, a livello locale, regionale e anche nazionale. Questa è la realtà del mercato. Una realtà tutta italiana.
Ci sono altre specificità?
A differenza di altri Paesi europei, in Italia non c’è stata una aggregazione della grande distribuzione che è ancora molto frammentata; questo dipende anche dalla qualità del cibo italiano, che fa sì che in tutte le regioni ci sia una specificità culinaria. Noi di Carrefour dobbiamo essere molto più vicini alla realtà locale: è un processo che abbiamo cominciato già tre anni fa e continuiamo ad accelerare attraverso lo sviluppo di partnership con produttori locali per prodotti a km 0, con una tracciabilità molto più chiara anche per i nostri clienti.
Che iter deve seguire un produttore per entrare tra le vostre referenze?
Lancio un appello: i produttori, se non riescono a contattare Carrefour, non esitino a chiamarmi direttamente; sono a disposizione di tutti coloro che hanno una grande passione e che pensano che lavorare con Carrefour possa essere un’opportunità. Ho troppo rispetto per il lavoro della terra per non rispondere al telefono.
Un consiglio per presentarsi al meglio?
Far comprendere in modo più efficace la storia del prodotto stesso; anche oggi ho detto ad alcuni produttori che nel loro marketing manca la parte emozionale, far capire da dove viene il loro prodotto, la sua storia.La produzione deve diventare parte dell’experience del negozio, altrimenti tanto vale offrire eCommerce e basta.
L’eCommerce è per lei un competitor?
È qualcosa che mi motiva a fare le cose ancora meglio per rispondere alle attese dei clienti. Quando vedo le ristrutturazioni che abbiamo fatto durante gli ultimi 3-4 anni e i successi che hanno avuto, mi permetto di dire che il futuro del commercio fisico è più che mai reale. Le persone, anziane o giovani che siano, vogliono vivere in comunità, la comunità degli anziani oppure quella dei giovani, o la comunità del vino, quella dei vegani, la comunità dei prodotti piemontesi: comunità significa solo che le persone vogliono avere una identità condivisa.
Il nuovo trend si chiama “DAI” ovvero: “Di più, adesso, insieme”. Vogliono di più, ma un di più condiviso e domani il punto di vendita fisico sarà un punto di incontro e di condivisione.
Per questa ragione negli Stati Uniti c’è già Grossorans, ovvero un luogo dove puoi mangiare tutti i prodotti che puoi acquistare. Oggi vogliamo mangiare nel punto di vendita e vedere i prodotti che dopo si possono comprare: questa è la strategia che abbiamo voluto sviluppare da tre anni a questa parte. Adesso abbiamo una ventina di bar, siamo molto contenti del business model e del trasferimento del cliente dal punto di ristorazione al punto di vendita; è un ecosistema che vogliamo molto più grande rispetto a 10 anni fa. Quando vedo la facilità della concorrenza nel copiare quello che facciamo, mi convinco sempre più che, continuando a sviluppare l’innovazione, Carrefour sarà sempre un passo avanti e un riferimento, come è sempre stato nel retail.
Continuerete a sfornare nuovi concept o è un momento di consolidamento?
Averne sfornati tanti non significa che siano troppi. Abbiamo lanciato una decina di concept commerciali molto importanti: su questi 10 abbiamo industrializzato per cinque o sei. Per esempio, su Gourmet oggi ne abbiamo una trentina che fanno tra 500 e 600 milioni di euro: quindi non è un modello che si è fermato al prototipo. Anche per l’Urbano ne abbiamo una decina e intendiamo continuare a svilupparlo perché funziona bene; con l’Attrazione, tra hard e soft, siamo già a un centinaio e anche l’Express continua ad accelerare sull’espansione. L’Urbanlife è un prototipo, che non deve essere letto come un modello in se stesso, ma essere considerato come una parte di modello che trasferiremo nei supermercati e negli ipermercati: in questo senso, è molto interessante come intenzione. Tre Minuti ha un successo interessante su alcune famiglie di prodotti e per ora è ancora in fase di prototipo. Quindi alla domanda se continueremo a fare innovazione rispondo che se la fermassimo saremo morti. Al di fuori dei nuovi concept commerciali che svilupperemo, Carrefour si organizzerà in maniera completamente diversa; integrando startup, nuovi talenti in incubatori, permettendo così a queste persone di avere un partner sufficientemente forte per sviluppare la loro idea; in secondo luogo, per noi è un’opportunità per guardare alle cose in maniera diversa e, terzo aspetto, miriamo a creare una società omnicanale, il nostro obiettivo futuro.
Parlare di omnicanalità non significa dimenticare da dove veniamo, ma oggi un cliente che fa la spesa nei formati Express, Market, Iper ed eCommerce Carrefour è un cliente molto più fedele di un cliente che fa la spesa solo in uno dei quattro canali. Il nostro futuro è anche chiedersi come ottimizzare questa fiducia e questa fedeltà con i nostri clienti.
Fornitori, clienti ... personale facciamo il punto su Marcianise?
Carrefour ha annunciato il 9 maggio la cessazione di attività di Marcianise. È una decisione che abbiamo preso dopo una riflessione durata quattro anni. È un ipermercato che non ha mai sviluppato il modello commerciale che avevamo pianificato. Abbiamo provato a trovare una soluzione per questa attività, perché ci sono 130 impiegati che ci lavorano e il nostro obiettivo è ricollocare il maggior numero possibile di persone nei punti vendita del Sud o anche del Nord Italia. C’è anche un dialogo aperto con altre realtà per capire se c’è interesse per riassorbire alcune persone. La direttrice delle risorse umane, Paola Accornero, è andata personalmente a parlare con i dipendenti e con il sindacato e anche con il sindaco di Marcianise. Per ora c’è stato dialogo e c’è collaborazione. Abbiamo anche una squadra delle risorse umane che sarà a disposizione nel punto di vendita a partire da quando ci sarà l’allineamento con i sindacati per un supporto psicologico.
Quali motivi hanno portato a una decisione così drastica?
Marcianise è un centro commerciale molto bello ma più nello spirito dell’outlet, quindi con un’attività molto squilibrata tra la settimana e il weekend. Quando si prende il carrello nel parcheggio ci sono tra 9 e 12 minuti per entrare nel punto di vendita e, oggi è fondamentale facilitare l’atto d’acquisto. Inoltre, il primo bacino di clientela è un po’ lontano … in sintesi: non è mai andato bene.
Negli anni avete già abbandonato parecchie location al Sud, cosa vi è rimasto?
Supermercati Express nella città di Napoli e in Campania. Abbiamo investito 150 milioni di euro sulla ristrutturazione dei punti di vendita Market ed Express a Napoli. Il Sud, se parliamo di Napoli, è una piazza nella quale Carrefour ha intenzione di continuare a investire. Nelle altre città della Campania abbiamo un imprenditore con cui lavoriamo che ci dà grandi soddisfazioni.
La Sicilia …
In realtà non l’abbiamo mai abbandonata, ma abbiamo ceduto la rete a un nostro Master franchising.
… Ma non possiamo dire che il Sud per voi rappresenti un mercato fiorente …
Avevamo un modello commerciale da sviluppare al Sud ma in questo momento - non sono certo il primo a dirvelo-, abbiamo qualche difficoltà con le grandi superfici degli ipermercati al Sud e non siamo i soli. I Market e gli Express vanno bene, ma purtroppo alcuni dei nostri competitor non hanno la stessa nostra considerazione della legge, cosa che crea qualche problema di competitività.
Non è dunque un problema di format … i discount sembrano funzionare meglio al Sud…
Il modello di Supeco, il nostro discount, verrà sviluppato nel secondo semestre. A Novara è già una parte del punto di vendita, a Trofarello (To) è un ex Iper come anche a Borgomanero (No). Quindi l’obiettivo per il secondo semestre è sviluppare questo prototipo in concept. Dopodiché questo potrebbe essere un po’ più allineato con le aspettative del Centro Sud Italia, ma se continueremo ad avere una concorrenza sleale i problemi rimarranno gli stessi.
Che cosa intende per concorrenza sleale?
Innanzitutto il costo del personale: anche qui c’è chi rispetta le regole e chi no; un lavoratore sottopagato è un consumatore che non arriva alla quarta settimana … il gatto che si morde la coda.
Carrefour è d’accordo nel creare un’assemblea nella quale ripensare il futuro del Sud nel retail.
Le private label?
Vogliamo accelerare sulle private label per avere una esclusività su questi prodotti, che è anche una motivazione per il cliente a venire nei nostri punti di vendita. Questi prodotti devono avere una tracciabilità perfetta e un rispetto della filiera produttore-fornitore -retail, un equilibrio della profittabilità. L’obiettivo di Carrefour è avere il 30% delle proprie vendite realizzato con le private label. Terre d’Italia, che rappresenta 90 milioni di euro di vendita in Italia, è anche una vetrina straordinaria per i prodotti italiani all’estero. Stiamo lavorando con qualche regione italiana per sviluppare un prodotto locale con un’esperienza molto bella già realizzata in Piemonte con Piemunto e Piemondina. Il nostro obiettivo è continuare a dare risalto ai produttori che fanno con passione il proprio mestiere accompagnandoli a vendere nei nostri punti di vendita in Italia e anche fuori d’Italia.