Shopping experience e delivery elemento centrale della CX

Performance e competitività delle aziende retail dipendono sempre più dai dati. Le esperienze emerse dal webinar Retail Datafication di Reail Institute

Organizzato da Retail Institute con la media partnership di Mark Up, “Retail Datafication: come migliorare la customer experience” ha affrontato il tema dell’utilizzo del dato nelle aziende retail e le prospettive che ne derivano. Le testimonianze portate da Carrefour, Luxottica e Manomano danno un quadro di scenario significativo rispetto alla datafication.

Le attese del consumatore

L’avvento dell’omincanalità ha di fatto dato una spallata ad un mondo aziendale sostenuto da una struttura dati a silos. L’organizzazione delle aziende per aree verticali -molto efficiente nel gestire i processi programmati- ha perso progressivamente efficacia per diversi motivi. In primis è cambiata la relazione azienda-cliente che oggi si esprime molto oltre la mera fase di acquisto. La customer journey vissuta dalle persone, è costituita di tanti momenti di relazione con il brand attraverso una miriade di touch point digitali, fisici e umani. Si tratta di una relazione destinata ad evolvere qualitativamente a causa dell’intelligenza artificiale che proverà a rivestire i dati di aspetti empatici che oggi sono una caratteristica solo umana. La customer journey originata dalla relazione è inserita in un contesto temporale e contestuale variabile, geolocalizzato e suscettibile a eventi -alcuni dei quali imprevedibili- che impattano su offering, assortimento, comunicazione e altro. Ma cosa si aspetta oggi il consumatore-cliente rispetto al brand o insegna di riferimento? Sicuramente un offering rispondente alle aspettative; ma questo è solo una parte, importante, ma parziale. Le persone si aspettano di poter raggiungere il brand attraverso tutti i touch point disponibili (digitali e fisici) in qualsiasi momento senza soluzione di continuità. La chiave è la qualità dell’experience che diventa centrale nella relazione e importante tanto quanto (se non di più) del prodotto o servizio acquistato. I nuovi modelli operativi di cui si è accennato devono saper rispondere a queste aspettative.

Offering e delivery: le basi

Il retail da sempre ha come missione “soddisfare il cliente”. Disporre di un assortimento adeguato con la corretta ampiezza e profondità, riuscire a consegnare il prodotto scelto in modo efficiente è basilare. Su queste basi si fonda poi tutto il design esperienziale che i brand costruiscono, qualsiasi sia il business model che li caratterizza. Le reti di vendita affiancate con il canale digitale, in ottica omnicanale, sono chiamate ad assumere una configurazione estesa. Il cliente individua il prodotto online, si informa, confronta le offerte e decide di acquistarlo. Quindi deve poterlo ottenere sia dal canale digitale o dal punto di vendita preferito con ritiro diversificato. Anche la gestione dei resi deve poter essere effettuata senza discrimine tra canali e negozi fisici della rete. Questo significa per il retailer o per il brand la gestione di un assortimento esteso (che prosegue oltre il perimetro del singolo punto di vendita) e di un cliente che ha una sua storia di relazione e acquisti: in questo contesto, il dato diventa centrale. Assortimenti, promozioni, offerte generali e offerte particolari correlate a eventi previsti o imprevisti, con tutta la comunicazione di marketing associato vivono di acquisizione, gestione, elaborazione e azionamento dei dati. E su questo versante è ancora in corso una prima trasformazione di impresa: quella che, con abuso di terminologia, si può anche indicare come “retail datafication”. L’emersione tra tutte le aree aziendali di una data chain (un flusso di dati) trasversale che non può conoscere elementi di discrepanza e difformità (le paratie dei silos) e muove in modo più o meno automatico i processi. Gli esempi sono innumerevoli, basti pensare ai riordini automatici o altro. Un primo risultato di questa data transformation per forza di cose digitale è una conseguente organizzazione data-driven dell’impresa. Negli ultimi anni molte imprese retail hanno imboccato questa strada con importanti risultati ma la connessione dei processi al fluire dei dati non esaurisce l’obiettivo iniziale o almeno la realizza solo in parte: una CX in linea con le aspettative.

Fase 2: la customer centricity

Se il modello data-driven rende l’azienda retail efficiente rispetto agli input previsti, tutto questo non realizza ancora il modello customer centric. In altre parole, un’impresa retail data-driven, anche se diventa efficacemente “responsive” al contesto, occorre che sappia in primis rispondere al cliente. Le dissertazioni degli studiosi sul tema si sprecano ma un elemento è ormai acclarato: se il cliente è elemento centrale, esso è il punto di riferimento principale dell’azienda retail per quanto riguarda l’acquisizione dei dati che, insieme ad altri, vanno a costituire quella data-chain attraverso la quale l’azienda vive. Le aziende retail possono essere molto diversificate tra loro, insistere su settori differenti, avere business model anche molto lontani, utilizzare l’omnicanalità in diverse declinazioni ma, se sono customer centric allora utilizzano tutte una data chain in cui le sorgenti principali sono i clienti. E attraverso la corretta gestione di questi dati è possibile approcciare qualsiasi design esperienziale ma anche adattare e migliorare il modello di business. Le testimonianze del webinar ne sono un esempio.

Alcune case history

Manomano: i dati sviluppano il business model

L’eTailer francese specializzato nel fai da te è sul mercato dal 2012. Il sito di Manomano nasce per l’utente finale con un’offerta di prodotti per il in bricolage e fai da te, edilizia, giardinaggio, decorazione e arredo bagno. Grazie all’utilizzo dei dati ha ampliato il business model originario affiancando al sito B2c uno B2b dedicato a idraulici, elettricisti, muratori e altri clienti dotati di partita Iva. Secondo Marco Sacco Stevanella, country manager, Manomano: “Abbiamo messo a punto un algoritmo con il quale siamo riusciti a comprendere quali clienti B2c potessero essere di tipo professionale attraverso l’analisi dei dati anagrafici e di fatturazione. Da qui è partita una strategia di deployment per convincere i clienti identificati a iscriversi al sito B2b”.

Luxottica: il dato è elemento di fidelizzazione

Per Luxottica il punto di vendita fisico per è il luogo dove sono acquisiti i dati del cliente. Luxottica ha messo a punto un marketing “digital-like” per il quale sono personalizzate le offerte in modo mirato per creare fidelizzazione. La fase di acquisizione presenta alcune sfide come dichiarato da Daniele Cazzani, head of promotions and customer experience retail Italia, Luxottica: “La difficoltà maggiore è l’aggiornamento dei dati. Il nostro è un business retail a bassa frequenza per cui è necessario verificare che i dati del cliente non siano cambiati. Questo si ottiene con un forte ingaggio degli addetti chiamati ad una costante opera di refresh su ogni cliente che entra in negozio. I dati per noi sono importanti anche per la continua definizione dell’assortimento”.

Carrefour, una digital retail company

Il modello di digital retail company è uno degli obiettivi di lungo termine che il retailer francese ha dichiarato e intrapreso negli ultimi 2 anni. Tra gli obiettivi, diventare un retailer pienamente omnicanale anche su offerte e Crm. Carrefour dispone di una rete di vendita diretta e in franchising. Nel percorso di trasformazione digitale vi è l’obiettivo di condividere con gli affiliati tutti i dati che la rete diretta dispone e pilotarne le politiche commerciali rispetto alle migliori opportunità che l’analisi dei dati suggerisce. Secondo Flora Leoni, cdo, crm e servizi di Carrefour: “Connotarci come digital retail company per noi significa costruire e offrire esperienze rilevanti per i nostri clienti attraverso l’utilizzo dei dati e del digitale”.

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