Ernesto Dalle Rive, Nova Coop: serve agilità per navigare in un mare poco predicibile

Ernesto Dalle Rive, presidente e Dg di Nova Coop
Incontriamo Ernesto Dalle Rive, presidente e Dg di Nova Coop. Il risultato? Un’intervista senza peli sulla lingua (da Mark Up 318)

Con Ernesto Dalle Rive ci conosciamo da tempo, un manager gentile, ma fermo. Non è la prima volta che lo intervisto e, ogni volta, ho da lui una visione lucida e, a tratti, sferzante della realtà, sia quella interna al mondo Coop sia in termini più generali rispetto al mercato. Un approccio che alla sua cooperativa, Nova Coop, ha portato ottimi risultati, marginalità adeguata, un portafoglio finanziario in linea con il mercato e parecchia innovazione.

Cominciamo facendo il punto sulla situazione…
Abbiamo utilizzato gli anni della pandemia per fare un riposizionamento strategico delle politiche di offerta della cooperativa; per ridefinire delle politiche di ingaggio rivolte ai nostri principali collaboratori e per implementare innovazioni nelle politiche di offerta e nelle politiche di sviluppo della nostra impresa.
Nell’esercizio 2022, ma è un discorso che vale anche per gli anni precedenti, abbiamo ottenuto dei buoni risultati, sia sotto il profilo della gestione caratteristica sia sotto quello più generale dello stato di salute dell’impresa. Quindi diciamo che in questi anni Nova Coop si è posizionata con maggior forza sul territorio e si è predisposta all’innovazione.

Innovazione in quale direzione?
Verso una politica più tesa a sperimentare un rapporto diretto con il consumatore. E quindi, al netto delle promozioni, che sono rivolte alla massa dei soci e dei clienti che frequentano i nostri punti di vendita, stiamo sperimentando, tramite un lavoro puntuale sui dati di quei consumatori, di quei soci che si sono profilati, delle iniziative che, in qualche misura, ci consentano di avere un rapporto privilegiato con il nostro cliente, che lo faccia sentire accolto in quelle che sono le sue abitudini di spesa, nelle sue consuetudini e nei suoi desideri. Abbiamo superato il concetto di sviluppo legato soltanto alla rete fisica e abbiamo iniziato a parlare di uno sviluppo a 360 gradi che riguarda anche l’innovazione dei canali di vendita e la possibilità, tramite l’innovazione, di considerare il cliente-consumatore e il nostro socio non soltanto quando è all’interno dei nostri punti di vendita, ma anche nella sua vita quotidiana. In sintesi, dandogli, tramite le nostre politiche di profilazione, la possibilità di considerare il rapporto con la cooperativa un elemento di valore aggiunto delle sue politiche di spesa. A questo, abbiamo affiancato l’innovazione dell’assortimento, realizzata tramite il progetto che ha sviluppato Coop Italia, che ha previsto una forte implementazione del prodotto a marchio Coop che noi, nel distretto della nostra cooperativa, abbiamo calibrato con attenzione.

In che senso?
Noi riteniamo fondamentale il ruolo della marca dell’industria, valorizzarla è utile perché, oltre all’uso strumentale che si può farne per essere aggressivi sul mercato, ci permette di attirare nuovi clienti grazie all’innovazione di cui i brand sono portatori. Un tema che ci ha portato a qualche momento di confronto e riflessione con i colleghi di Coop Italia, che, naturalmente, vorrebbero un’adesione più massiva alle politiche di offerta del prodotto a marchio (PAM), ma noi abbiamo optato per la ricerca di un equilibrio maggiore sull’innovazione che proponiamo col Pam e una riaffermazione della marca come elemento forte della nostra offerta, anche per consentire al consumatore l’opportunità di una più ampia scelta. Considero un elemento di presunzione quando un distributore immagina di poter scegliere al posto del consumatore, perché è il consumatore al centro, il consumatore che orienta il nostro scaffale, le nostre politiche di sviluppo, che ci indica quali innovazioni è in grado di supportare e su quali e in quali ambiti di consumo; partendo da questa considerazione, abbiamo preferito avere un approccio più graduale al progetto proposto da Coop Italia. L’innovazione, a nostro avviso, va sperimentata, va collaudata, va testata, va dimensionata per quello che il mercato di riferimento può accettare. D’altra parte, in termini di prodotto a marchio, Coop Italia sta realizzando dei buoni risultati, dando freschezza alle nostre politiche in un mercato che è sempre piatto e dandoci modo anche di affermare una volontà di avere un approccio distintivo verso i fornitori. Comunque, ogni area ha le sue logiche e il suo terreno di gioco, dove si è forti si possono determinare le regole del gioco, altrove è necessario munirsi di armi adeguate.

Dal prodotto di marca ai rapporti con i fornitori...
Io credo che la distribuzione moderna in questo periodo economico, sia l’anello debole della catena, perché, da una parte, abbiamo avuto in questi ultimi mesi un aumento forte dei costi di funzionamento determinato dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici. Inoltre, stiamo affrontando un rinnovo contrattuale e questo ha già comportato degli investimenti doverosi nei confronti dei nostri lavoratori. Sotto un altro aspetto, abbiamo la forte pressione sui listini da parte dell’industria di marca, che scarica sul prodotto e su di noi tutti gli aumenti dei costi, a partire dalla filiera logistica fino alla produzione, aumenti che giustificano gli incrementi di listino, giustificazioni che in alcuni casi abbiamo ritenuto legittime e in altri meno. Poi c’è il consumatore che sempre di più sta cambiando le proprie abitudini di spesa, che sempre di più fa ricorso ai risparmi per mantenere inalterato il proprio stile di vita. E quindi questa è una fase, e io non ne ricordo altre, in cui il risparmio delle famiglie sta diminuendo. Gli aiuti di Stato a supporto delle spese delle famiglie sono cessati, d’altra parte non potevano essere prorogati in eterno; quindi, siamo di fronte al consumatore che inizia a fare i conti con una realtà che, fino a oggi, non aveva compromesso ancora la sua capacità di spesa. Oggi, invece, viaggia controvento.

E la gdo che ruolo ha?
In mezzo ci siamo noi e, da un lato, dobbiamo consentire al consumatore di accedere alle nostre politiche commerciali e, dall’altra, dobbiamo con l’industria provare a stipulare un nuovo patto, per cercare di individuare, in questa fase, come non spingere il consumatore verso le reti distributive che hanno magari meno attenzione alla qualità e che hanno un’offerta connotata da una forte importazione di prodotti. Con l’industria si litiga, si discute, si fa la pace, si litiga, si discute, però, io credo che senza un’alleanza forte fra la gdo e il mondo dell’industria, difficilmente entrambi usciranno in maniera migliore da come sono entrati in questa crisi. Nessuno dei due si può permette che l’altro si indebolisca. La grande industria di marca deve essere cosciente di quali siano le reali difficoltà che stiamo affrontando, a fronte di marginalità decrescenti e di quantità di pezzi venduti sempre minori; per la distribuzione non c’è molto spazio di manovra.

Non è una questione che affrontate da soli... In tutto questo qual è il ruolo di Coop Italia?
Coop Italia ha un ruolo di sintesi, una struttura puramente di servizio, fortemente focalizzata sul suo mestiere di comprare bene, fare una buona comunicazione nazionale e sviluppare il Pam. La diversità con cui si presidiano i territori è una capacità di flessibilità che può aiutarci, perché il consumatore che c’è in Puglia non è quello che c’è a Milano, il reddito pro capite è diverso, così come la propensione alla spesa e anche il genere di prodotti che ricerca. Quindi, credo che questa diversità possa essere una ricchezza. Lo stato di salute delle cooperative può più o meno accelerare i processi, ma fare delle azioni di sinergia imprenditoriale quando si è in difficoltà è sempre rischioso, perché la fretta, in genere, spinge a sorvolare sulla complessità dei processi.

In sintesi ...
La domanda vera è servono navi più grandi o navi più veloci? Io credo che in questo momento servano navi più veloci, più capaci di mettersi al riparo, più veloci nel competere con le altre imbarcazioni. Credo quindi che nel futuro aumenteremo le sinergie all’interno del sistema ma, per il momento, non ci saranno altre fusioni.

Senza un’alleanza forte, la grande distribuzione e il mondo dell’industria, difficilmente usciranno in maniera migliore da come sono entrati in questa crisi

 

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