Second-hand, un touchpoint di prima mano per i grandi del retail

L’usato fa tendenza e vale 25 miliardi solo in Italia, i retailer creano piattaforme gratuite per ospitare le compravendite tra privati. L’esperienza di IKEA e Walmart

Ottimisti, attenti al risparmio e a coltivare i propri interessi: sono i consumatori di oggi, secondo il profilo generale che emerge dal nuovo report annuale sul recommerce pubblicato da eBay. Un aspetto significativo messo in risalto dalla ricerca è che comprare usato, per quasi metà degli intervistati, risulta non solo utile ma anche “cool” - fa parte cioè di uno stile di vita ormai riconosciuto, oggetto di approvazione sociale da parte di una compagine che è quasi maggioranza. Un trend più ampio, che oscilla intorno ai due terzi del campione, presenta una popolazione intenta a rivedere le priorità della vita, valorizzare le proprie passioni, fare le economie necessarie per una finalità ritenuta primaria. Nel nostro paese il dato risulta ancora più accentuato: secondo il report di eBay, oltre il 70% dei consumatori italiani intervistati sta rivalutando le proprie priorità e il 79% afferma che sta cercando di riavvicinarsi ai propri passatempi. Per una ragione o per l’altra (hobby, relazioni sociali e salute sul podio) ci sono ben 9 italiani su 10 (91%) che acquistano prodotti di seconda mano: “pre-loved” (già amati) secondo il vocabolario di eBay che mette l’accento sul valore sentimentale di tutto ciò che non viene buttato, ma ceduto a qualcun altro. Vestiti, libri e tecnologia sono le categorie di usato che da noi si vendono di più. Il valore delle transazioni, secondo l’analisi di Bva Doxa per Subito.it, è 25 miliardi all’anno (1,3% del PIL).

L'indagine di eBay sul recommerce, condotta tra 28.000 consumatori in nove paesi ricchi del mondo (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Germania, Francia, Italia, Spagna, Australia e Giappone rientrano nella Top25 dei paesi con maggiore ricchezza media, secondo Forbes) dice che nel 2024 il second hand è una moda sostenuta dalla maggioranza degli intervistati, con il 24% dei Millenials e il 21% della Gen Z che comprano usato ogni mese. Alcuni segnali di questa forte tendenza sono giunti, negli ultimi mesi, anche da protagonisti del retail che hanno iniziato - come analizzato da Altavia Watch - a capitalizzare i flussi economici del second-hand a proprio favore.

Nella grande distribuzione e nel retail real estate, da tempo fioriscono collaborazioni con cooperative sociali e altre realtà che prendono in carico l’allestimento di corner o eventi dedicati al riuso, alla permuta, alla vendita di usato per finalità semibenefiche. Questo è un primo livello di intervento: un’iniezione simbolica di second-hand che generalmente non impatta in modo significativo né sull’investimento né sul ritorno del retailer. IKEA, con l’abitudine di innovare il proprio approccio alla sostenibilità su tutta la filiera, aveva iniziato a interessarsi della second life dei propri prodotti già da qualche anno. Il progetto “Buy Back”, annunciato in vista del black friday 2020, permetteva ai clienti di riportare i propri mobili presso IKEA per ripararli o restituirli in cambio di un voucher (di un valore compreso tra il 30 e il 50% del prezzo originale). Adesso, rispondendo alla crescita esponenziale dell’usato (un dato di contesto: le vendite di Vinted che crescono del 60% nel 2023 e superano i 600 milioni di euro), l’insegna svedese ha esteso il suo progetto lanciando IKEA preowned. Lo spazio digitale, dedicato esclusivamente alla compravendita di mobili di seconda mano tra privati, è un marketplace in fase di test, dove ciascun utente può inserire i propri prodotti, fissare un prezzo e caricare autonomamente le immagini. Un sistema di AI integra automaticamente le inserzioni con immagini promozionali e con le dimensioni esatte dei prodotti. E come riportato dal Financial Times, i venditori possono optare per il pagamento in contanti o scegliere un voucher IKEA maggiorato del 15%, che sfrutta il nuovo circuito per portare clienti nei negozi e sull’e-commerce ufficiale.

Walmart, che a livello globale ha superato i 100 miliardi di dollari con le sole vendite e-commerce (2023) e tiene in piedi un marketplace che produce il 10% del valore attraverso le vendite di terzi, ha lanciato ad agosto una nuova sezione del proprio sito, specializzata in usato. “Resold at Walmart” (semplice come un cartello sulla vetrina di un ferramenta) conta già cinque milioni di referenze e migliaia di venditori; spazia tra abbigliamento, elettronica di consumo, articoli sportivi, e porta a compimento il progetto omni-provider del nuovo Walmart. Il retailer più grande del mondo, oggi, non è solo un rivenditore in proprio (in store e online) con la sua clientela fidelizzata, ma anche marketplace per piccoli venditori professionali, piattaforma di scambio per prodotti di seconda mano, media network per brand inserzionisti. Tutto sotto il brand Walmart. L’approccio, dunque, non è più quello di vendere il nuovo ad ogni costo, ma piuttosto di attrezzarsi per essere presenti laddove avvengono le numerose transazioni sull’usato, sapendo che queste possono diventare touchpoint, preziose occasioni di conversione e di brand awareness.

Autore di contenuti di comunicazione specializzato in retail. Predilige i punti di vendita della grande distribuzione e la sostenibilità della filiera alimentare. È con Altavia Italia dal 2015, come copywriter, strategist e redattore di altavia.watch

Altavia Italia

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