Dai principali trend di selezione alle politiche retributive, dal Jobs Act all’Università italiana. Questi i principali temi affrontati nella nuova Hays Salary Guide. L’indagine, giunta alla sua quinta edizione, è stata condotta dalla società di recruitment specializzato Hays coinvolgendo un campione di oltre 1.200 professionisti e più di 240 aziende.
Le aziende italiane sembrano aver ritrovato la fiducia tanto che 1 azienda su 2 ha pianificato nuovi ingressi in organico nel corso dei prossimi mesi con una ricerca focalizzata soprattutto su profili tecnici o di middle management (79%), professionisti con una breve esperienza professionale (46%), tirocinanti e apprendisti (43%). Moderato ottimismo anche tra i professionisti: il 65% del campione dichiara di voler cambiare lavoro nel 2016 per ricercare una maggiore soddisfazione professionale (70%), per migliorare le proprie prospettive di crescita (69%) e per ottenere una retribuzione più alta (61%).
Per effetto della nuova Riforma del Lavoro, il 59% delle aziende afferma di aver aumentato il numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato nel corso del 2015, contro il 36% delle aziende che non l’ha fatto. Secondo le imprese intervistate, la crescita nel volume delle assunzioni è favorita da tre novità introdotte dalla Riforma: l’esenzione contributiva introdotta dalla Legge di Stabilità (75%), il contratto a tutele crescenti (69%) e l’abolizione dell’obbligo di indicare la causale per le assunzioni a tempo determinato (34%).
D’altro canto, pur trovando il consenso solo del 17% del campione, i professionisti italiani riconoscono al Jobs Act tre sostanziali cambiamenti: l’esenzione contributiva introdotta dalla Legge di Stabilità (66%), la semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici in materia di lavoro (47%) e il contratto a tutele crescenti (42%).
Cresce il peso dei social media nella dinamica d’incontro tra domanda e offerta di lavoro. 6 professionisti su 10 impiegano i social media per individuare nuove opportunità di impiego prediligendo soprattutto LinkedIn (100%) agli altri network online. Anche le imprese si appoggiano ai social in fase di selezione, tanto che il 52% del campione dichiara di eseguire uno screening dei profili social del candidato per avere una visione più completa del professionista (93%), per accertare eventuali attitudini professionali attraverso la partecipazione a community (34%), per individuare possibili incongruenze nelle esperienze di lavoro dichiarate (23%) e, infine, per informarsi sulla rete dei contatti professionali (20%). Tuttavia, queste informazioni sembrano non giocare un ruolo discriminante nel processo di recruitment: l’84% delle imprese dichiara, infatti, di non aver escluso un candidato alla luce delle informazioni reperite sui suoi profili social.