Sul mondo dei soft drink soffia il vento di una rivoluzione. Bevande funzionali per migliorare la salute, personalizzate, da preparare in autonomia in base alle proprie esigenze. E anche i giganti mondiali del beverage sono pronti a cambiare pelle, spesso sulla scorta delle proposte di start up che suggeriscono modelli alternativi. Da una parte, la prospettiva dei drink fai da te. Come il sistema Drinkfinity sperimento da Pepsi in Brasile, che permette la libera creazione attraverso capsule contenenti sostanze in polvere (vitamine, minerali, estratti vegetali) e liquide (per dare gusto, aromi e colore), da inserire in un contenitore riutilizzabile e riempito d’acqua. Fino alle sue evoluzioni più sofisticate che guardano al mondo degli sportivi. Come la linea Gx di Gatorade, un sistema digitale integrato che rileva i parametri di sudorazione attraverso dei sensori, comunica con un’app e suggerisce la quantità necessaria di sali minerali da utilizzare nel drink.
Il foodtech vale 6 miliardi di dollari a livello mondiale di investimenti, un record. Domina il filone nutraceutico, bevande funzionali che cavalcano i due termini chiave dell’alimentazione 2.0, salute e rispetto dell’ambiente. La parola d’ordine della seconda edizione milanese di Seeds & Chips, summit internazionale dedicato all’innovazione nella filiera agroalimentare, vetrina anticipatrice degli sviluppi futuri, è stata proprio rivoluzione, nel food quanto nel beverage. Con un insistito parallelo: quello di trovarsi oggi a ricalcare il periodo pionieristico della Rete: il cibo è diventato una priorità, il rapporto con la salute e l’ambiente è sempre più forte, e la food innovation è la risposta, anzi ‘è la nuova Internet’. Una cartina di tornasole del mondo nuovo, si è avuta dalle proposte delle tante start up. A Seeds & Chips ce ne erano circa duecento, saranno mille nel 2017.
Areea ha presentato in anteprima mondiale una bevanda funzionale pensata per combattere l’inquinamento. Una bibita a base di broccoli. Il fondatore e ceo è un italiano di 26 anni, nato a Roma, Antimo Farid Mire, mamma calabrese e papà bengalese, trasferitosi a Londra dal 2008, dopo la maturità scientifica, dove ha fondato la start up. Oggi la giovane azienda è se-guita dall’acceleratore dedicato al food technology più importante del Regno Unito, Cinnamon Bridge, che aiuterà a lanciare il prodotto insieme con alcuni investitori. Tra i tanti advisor a supporto, spiccano Patrick Morselli, che ha contribuito a portare Uber in tutto il mondo, poi Paolo Patruno di Federalimentare.
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