Ristorazione italiana, un giro di boa che porta nuovi investimenti

I dati delle chiusure non fermano i consumi nel fuori casa e fanno spazio alle catene commerciali. Tra i nuovi attori, anche gruppi e grandi nomi legati al retail

Un anno fa in Italia si è segnato un triste record nel mondo della ristorazione: il saldo peggiore di sempre (17.168 unità secondo Ristoratore Top) tra attività iscritte alle camere di commercio e attività cessate. Una flessione che ridimensiona la straordinaria varietà per cui sono note le cucine italiane e, fatalmente, fa spazio a nuove imprese che rimodulano l’offerta, dal fast food al lusso. “Il settore ha già iniziato - segnala David Pambianco nel suo ultimo editoriale - ad attirare investitori: il caso più recente è l’ingresso del fondo di David Wertheimer, pronipote del co-fondatore Chanel, in Triple Sea Food Holding, società di ristorazione che fa capo alla Lmdv Capital di Leonardo Maria Del Vecchio”, erede di Essilor Luxottica. La sua Tsf Holding ha aperto in due anni cinque ristoranti da 20 milioni di euro di fatturato in location come Brera e Portofino.

La salute del mercato locale è confermata dalle statistiche europee: la ristorazione full service (modello tradizionale con servizio al tavolo, distinto da quick service e bar) è la categoria in cui l’Italia si posiziona al vertice della classifica per valore di fatturato, nonostante l’annata di chiusure record. I dati del Foodservice Market Monitor, presentati da Deloitte a DFM 2024, mostrano che lo scenario della ristorazione è incoraggiante anche a livello globale. La peculiarità del mercato italiano, semmai, è la bassa incidenza delle catene commerciali di ristorazione (10% nel 2024), che a livello europeo pesano per il 26,5% e nel mondo si prendono oltre un terzo del giro di affari (mentre il 60% va ai locali quick-service).

In termini di crescita, le catene di ristoranti che operano in Italia hanno concluso molto bene il 2023: tra full e quick service hanno fatturato otto miliardi, con un trend che sfiora l’11% e supera di un punto e mezzo la media dei ristoranti di ogni taglia. E le maggiori insegne sembrano allineate, sentendo le dichiarazioni ai vertici, nel prevedere massicce aperture come strategia per i prossimi anni. I primi tre fast food nella penisola - McDonald's, Burger King e KFC - aprono oltre cento nuovi locali (cumulativi) nell’anno in corso e intendono proseguire con lo stesso ritmo nel 2025. Intanto, si affacciano competitor come la filippina Jollibee (4,44 miliardi di dollari nel 2023 e crescita a due cifre) che potrebbe iniziare la sua scalata anche qui. Autogrill conta più di 400 locali distribuiti tra autostrade, aeroporti, stazioni e centri commerciali; in questi mesi sta potenziando le sue partnership con Eataly e 12Oz, come riportato su Altavia Watch, per ridisegnare l’offerta food e l’esperienza di consumo. Chef Express prevede trenta aperture con Alice Pizza entro il 2028.

In questo panorama si affermano anche altri operatori, nati con una vocazione diversa ma forti nel campo della ristorazione grazie alla fiducia dei consumatori. Le cucine IKEA si accendono nei venti ristoranti della rete (per ora, sempre legati ai negozi) che totalizzano 7350 posti a sedere e servono ogni anno più di cinque milioni di pasti. Il gruppo Finiper, che ha chiuso l’anno superando i 3 miliardi di fatturato, prosegue le sue aperture in area ristorazione (sono 106 punti vendita, diffusi tra centri commerciali e centri città) realizzando ricavi per 68 milioni di euro e con una crescita del 19%. Rom’antica, Portello Caffè, Cremamore e Ristò sono le sue insegne più diffuse.

Autore di contenuti di comunicazione specializzato in retail. Predilige i punti di vendita della grande distribuzione e la sostenibilità della filiera alimentare. È con Altavia Italia dal 2015, come copywriter, strategist e redattore di altavia.watch

Altavia Italia

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