Dopo Madrid, Milano è la città scelta da Rics (Royal Institution of Chartered Surveyors) per la seconda edizione della sua Conferenza europea sul Retail. Daniele Levi Formiggini, presidente di Rics Italy, spiega così il motivo per cui è stata scelta la città della Madonnina: "Milano è una delle capitali europee più dinamiche sotto il profilo degli investimenti e dei progetti immobiliari di più ampio respiro urbanistico. E in questo momento particolare, di ripresa degli investimenti, aveva senso organizzarvi la seconda edizione della nostra conferenza che vuole avere anche un obiettivo più ampio rispetto alla nostra principale attività".
Rics è infatti un'associazione senza scopo di lucro, fondata 150 anni fa (anniversario festeggiato proprio quest'anno) e punto di riferimento qualificante sul piano tecnico per i professionisti dell'immobiliare soprattutto sul triplice versante della valutazione, del commercial property, e property/finance investment, giusto per citare le tre discipline più importanti fra le prime 10 rappresentate da Rics.
Se è vero, come ha ricordato Martin Eberhardt, presidente Rics Germany, citando un dato Jll, che almeno il 30% di tutti i centri commerciali europei è definibile come obsoleto in termini squisitamente architettonico-progettuali, bisogna concludere, ottimisticamente, che ci sarà non poco lavoro da qui ai prossimi anni per la parte più pragmatica e creativa dell'industria degli shopping centre. Eberhardt ha ricordato che Francia, Germania e Olanda hanno un elevato potenziale in materia di rinnovamenti.
In Italia è il momento di vendere o comprare?
Ma c'è un rischio obsolescenza ben più grave di quello legato alla mera necessità di rinnovare l'estetica e le infrastrutture di molti centri commerciali: ci riferiamo all'eCommerce che, cambiando le regole del processo di acquisto, potrebbe mettere a rischio l'esistenza stessa del commercio al dettaglio tradizionalmente inteso: i centri commerciali sopravviveranno allo tsunami eCommerce? O forse non si sta sopravvalutando l'eCommerce? Se in Gran Bretagna, le vendite online superano già il 20% del totale "retail sales", da noi questa incidenza è tra 4% e 5%.
Per Corrado Trabacchi, investment director di Orion Capital Managers, l'eCommerce è destinato a crescere inesorabilmente. E allora chiedo a Trabacchi: "è il momento di vendere o di comprare nell'immobiliare commerciale?" "Diciamo che è un buon momento per comprare asset da riposizionare a patto di avere una visione strategica chiara, mentre c'è una buona domanda su prodotti prime o superprime". Orion, che non è un investitore long term, prevede di mettere sul piatto italiano 500 milioni di euro, parte dei quali destinato al retail.
Anche per ING, rappresentata da Michele Monterosso, responsabile del Real Estate Finance per Germania e Austria, gli investimenti previsti in Italia nei prossimi 2-3 anni sono di circa 10 miliardi di euro, il 20% in retail asset.
Secondo Jerry Boschi, managing director di Ece Italia, il gruppo immobiliare tedesco che ha da poco inaugurato Adigeo, e sta lavorando sugli ampliamenti della Cartiera di Pompei e di Megalò per portare Primark anche al Sud, il problema è che non ci sono al momento sul mercato prodotti adeguati a elevati standard di investimento, del valore almeno di 100 milioni. Chi ha questi prodotti se li tiene stretti.
Secondo Massimo Moretti, presidente Cncc, bisogna superare alcuni cliché ormai invalsi nel real estate, come quello di distinguere in modo astratto e convenzionale i prodotti "prime" e "super-prime" da quelli "secondari", un aggettivo, quest'ultimo, che Moretti vorrebbe veder sparire dal vocabolario (o dal gergo tecnico) degli addetti ai lavori. Sono d'accordo con Moretti, e questa è una tesi che già sosteneva Tim Santini, storico timoniere di Ecp.
Il più provocatorio (e per questo stimolante) è stato Riccardo Marini, fondatore di Marini Urbanismo, che ha esordito nella sua relazione sul valore del "placemaking" (argomento sul quale ritorneremo con un articolo specifico), con la tonitruante affermazione che "i centri commerciali sono morti". Qualcuno in sala ha fatto discreti e variegati gesti apotropaici, ma al di là della provocazione si avverte in filigrana, anzi si vede in modo trasparente, una dinamica di sviluppo che ha portato, e porterà, a rivalutare luoghi e posizioni connotati dalla prevalenza di vissuti sociali, culturali e storici, verso i quali dovrà spostarsi chi sviluppa centri commerciali o strutture affini.
I centri commerciali non sono pronti per il retail flessibile
La Conferenza europea Rics sul retail tenutasi a Milano ha offerto una ricca messe di temi, forse anche troppi, ma tutti di attualità. Uno di questi, che è "on top of the agenda" per molti, se non per tutti i protagonisti della filiera retail real estate, è la flessibilità dei format. In questo discorso rientra il fenomeno dei "pop up store" sui quali, come ha notato Ilona Taillade, Ceo e co-fondatrice di BrandSpots, "l'industria dei centri commerciali e del retail complesso non è ancora adeguatamente preparata, soprattutto in Italia. In Europa, noi abbiamo molti clienti fra le società dell'online che vogliono aprire negozi temporanei per differenziare meglio la loro offerta, stabilire un contatto e una relazione più efficace con i clienti". BrandSpots offre un servizio pressoché completo di ideazione e progettazione di "pop up store", una tipologia del commercio al dettaglio che rappresenta l'avanguardia del retail flessibile. In Italia, l'unico gruppo che ha enunciato una strategia chiara sui temporary all'interno dei centri commerciali è Gallerie Commerciali Italia (Gruppo Auchan). Ma per altri protagonisti dell'immobiliare retail non ci sono ancora spazi: "Allo stato attuale e per quanto riguarda il nostro perimetro di gallerie, non vedo ampi margini di sviluppo -ha detto Dino Gandolfi, managing director Carrefour Property-. Con questo non voglio dire che il tema non ci interessi. Le attuali condizioni dal punto di vista dei layout e del design non ci permettono di progettare una strategia ad ampio raggio".