Uno dei capisaldi della legge di stabilità 2015 -il meccanismo del "reverse charge", ossia l'inversione contabile da applicare anche ai soggetti della distribuzione moderna -potrebbe saltare se il parere negativo dell'Europa già comunicato -secondo il Sole 24 Ore - a Roma dovesse trovare una conferma ufficiale e per così dire inappellabile.
In effetti, il "reverse charge", oltre a scatenare i fumi polemici di tutta la distribuzione moderna, non convince gli esperti sotto il profilo ideologico, prima ancona che tecnico: appare, insomma, come un "prestito forzoso" giustificato da una capziosa (e non facilmente dimostrabile) necessità di prevenire eventuali frodi fiscali, penalizzando un settore che opera su grande scala e con organizzazioni strutturate da decenni.
Tra l'altro, in tempi non proprio lontani (decisione Com n.404 del 2006) ci sono due dinieghi eccellenti e precedenti da parte della Commissione Ue: a Germania ed Austria la Commissione contestava lo stravolgimento del sistema Iva.