Il fenomeno della convergenza sta producendo degli inediti di business e genera opportunità degne di studio. Se si pensa al mondo della pubblicità digitale e all’evoluzione che ha avuto in questi anni, si comprende come la tecnologia sia sempre più abilitante e il mondo della pubblicità agganciato al mondo digitale e ne subisce le dinamiche di cambiamento come pochi altri. Semplificando, la reach verso il consumatore da parte dei brand avviene attraverso tre macro canalizzazioni. L’internet degli “ignoti” (sempre più conosciuti e studiati) costituiti dagli ordinari surfer in internet. Di questi, nel mondo occidentale, 3 su 4 utilizzano Chrome mentre il motore di ricerca di Google riscontra percentuali plebiscitarie (in Italia quasi il 95%). Quindi la rete dei noti (gli user dei social media a vario livello) ed infine la rete dei “profilati” che accedono alle risorse online dei brand con app e profili web. Tutti i cambiamenti che Google impone ai suoi strumenti, considerato la percentuale di utilizzo, si traducono in cambiamento di utilizzo dell’intero web e di questo i marketer ne stanno tenendo conto mettendo in campo azioni diversificate.
Addio al tracciamento
Come detto i marketer, coloro i quali destinano gli investimenti pubblicitari, stanno attraversando un periodo di forte incertezza per quanto riguarda gli investimenti nell’online tradizionale perché le regole del gioco stanno cambiano. In particolare, l’annuncio di Google di abbandonare la gestione dei cookies di terze parti, di fatto rende il tracciamento praticamente impossibile fuori dal proprio contesto, destabilizzando strumenti come la programmatic e indebolendo le tecniche correnti. Google, pur consapevole che questa decisione ha un impatto importante, sembra decisa a cambiare le regole del gioco della rete verso una migliore usabilità e sostenibilità dei siti (a cui corrisponde un recente cambiamento dell’algoritmo di ricerca) e una protezione della privacy degli utenti che sia quanto meno in linea con le caratteristiche delle normative vigenti e future (abbandono dei cookie di terze parti). Questo scompagina il peso dei macro ambiti di azione della comunicazione digitale. Anche a fronte di questo tipo di situazione, nel mondo del grocery e dei beni di largo consumo, i marketer del mondo occidentale stanno incrementando gli investimenti nei retail media, i siti web e le app retail. Secondo dati pubblicati eMarketer nel secondo semestre 2021, nella regione Emea, gli investimenti sono cresciuti del 55% e tra il 28% e il 38% negli Usa. Il tutto conta un giro di affari di oltre 31 miliardi di dollari indirizzati esclusivamente ai retail media.
L’empowerment del largo consumo
Il settore del largo consumo soffre da anni una contrazione dei consumi che dura da almeno un decennio. A questa dinamica si è aggiunto il fenomeno pandemico a scompaginare gli andamenti tendenziali e poi il conflitto in Europa a fortissimo impatto sulle materie prime, sugli approvvigionamenti e sulle forniture. Uno dei risultati è l’abbattimento dei budget di marketing che hanno toccato il minimo storico del 6,4% in media delle entrate (Gartner 2021). Bassa crescita, ridotti budget alimentano un circolo vizioso. Soprattutto perché i budget sono definiti anno su anno a partire del dato precedente. Questo si somma alla scarsa disponibilità di dati circa i consumatori in quanto il canale retail disintermedia gli attori (produttori e consumatori) e, tradizionalmente, si dimostra poco disponibile a condividere i dati. Accanto a queste dinamiche vi sono quelle correlate al business dei retailer del largo consumo, business caratterizzato da margini molto ridotti ma da volumi elevatissimi. Negli ultimi anni a causa dell’incremento della pressione competitiva, dello stile di consumo e anche di un impatto demografico non favorevole, i retailer hanno visto progressivamente ridursi la marginalità passando dal 5% circa a un minimo dell’1-2%. Questo fenomeno si propaga lungo la supply chain coinvolgendo forzosamente industria e produzione agricola sempre più stressata. Occorre poi osservare che la seconda voce di costo per i retailer è l’energia (la prima è il personale) e l’impennata del costo del kw/h ha di fatto determinato la “tempesta perfetta”. Secondo l’analisi di dunnhumby tutte queste motivazioni stanno portando le aziende del largo consumo ad investire sui retail media, producendo almeno tre elementi di vantaggio. Le campagne realizzabili con i retail media sono molto specifiche in termini di obiettivi e sono condotte su un target reale. A parità di target individuato realmente focus, è possibile utilizzare diversi tounch point per il reach. Infine, il Roi degli investimenti di marketing, oltre a poter essere misurato, si posiziona sempre a livelli molto interessanti.
I media dei retailer
Ma quali sono i canali digitali dei retailer che possono essere considerati dei media efficaci per l’adv? Un efficace catalogazione è quella utilizzata da dunnhumby, player di primo piano nella customer data science. Un primo livello è la suddivisione tra media digitali onsite e media digitali offsite. I primi (onsite) si riferiscono a tutti gli asset basati su web del retailer come siti web, app ecc. Questi media possono veicolare banner, video e caroselli. I media digitali offsite comprendo risorse web non di proprietà del retailer (news, intrattenimento e sociali) di svariato tipo sui quali veicolare le pubblicità mirate utilizzando dati di prima parte (posseduti dal retailer e non ottenuti con tracciamento su asset terzi). Un altro media efficace è quello del media store, quali divisore stampati per corsie per evidenziare nuovi prodotti e offerte, digital signage interattivo con diverse tipologie di contenuti e radio in-store. Attraverso questi media possono essere sviluppate campagne multicanale con diversi formati comprendenti materiali stampati e inviati in mailing list, coupon e voucher digitali il cui delivery avviene via app. A tutto questo armamentario si aggiungono le campagne di co-branding in cui si effettua sostanzialmente del pull markeging verso il consumatore con contenuti a valore correlati al settore grocery. Esempi sono ricettazioni, piani alimentari e guide sul lifestyle. Media molto interessanti per consumatori e soprattutto per i player del largo consumo.
Top retailer piattaforme
La costruzione di piattaforme di retail media da parte dei retailer è in corso e sta coinvolgendo diversi top player. Secondo dunnhumby i fattori chiave sono diversi ma soprattutto occorre che la gestione dei dati sia coerente e puntale. La filosofia di progetto deve attenersi al principio customer first nel quale il retail media non è solo un veicolo pubblicitario ma uno strumento per migliorare la relazione. Di seguito alcune piattaforme di retail media realizzate dai retailer.
- Tesco Media and Insight Platform
- Kroger Precision Marketing
- Walmart Connect
- Carrefour Links
- Netcar 360
- DG Media Network
- Éxito Media
- Albertsons Media Collective
- Roundel
- Wag – Walgreens Advertising Group