Il remote working è un tema che in questo ultimo anno e mezzo è divenuto di particolare attualità alimentando il dibattito sia tra policy maker e mondo dell’industria, sia all'interno della comunità scientifica. Il remote working ha coinvolto direttamente imprese, lavoratori autonomi, pubblica amministrazione, istituzioni e organizzazioni, facendo emergere una nuova consapevolezza: lavorare a distanza è possibile e questo non implica necessariamente stanzialità. Lavorare in un luogo diverso dal “tradizionale ufficio” è diventata una condizione che va oltre aspetti contrattuali e organizzativi specificatamente connessi allo smart working. Il remote working si presenta come occasione per scoprire nuovi luoghi, ridefinendo spazi e tempi da allocare ad attività lavorativa e di svago. Tale scelta non si limita alla sfera lavorativa, ma si propone come nuovo stile di vita nel quale trovano spazio la “lentezza”, “la riscoperta”, “l’autenticità”.
Alla luce di questo nuovo contesto quali opportunità si presentano alle imprese? Quali scelte strategiche possono intraprendere i territori per rispondere a questi nuovi trend?
All’interno di questo scenario si ritiene che i borghi presentino alcune specificità che li pongono in una posizione privilegiata per cogliere queste sollecitazioni: la piccola dimensione, la lontananza dai grandi centri urbani, la presenza di risorse e attività espressione dell’autenticità e delle tradizioni locali. Se adeguatamente valorizzati, tali fattori possono diventare elementi chiave nel processo di scelta dei remote worker.
Questi sono stati i presupposti che hanno indirizzato alcuni borghi marchigiani ad intraprendere un percorso di sviluppo turistico-territoriale che pone al centro sostenibilità e progettazione partecipata, e che rivolge attenzione al wellbeing della comunità locale e del residente temporaneo. È con questa espressione, infatti, che gli amministratori comunali definiscono il remote worker, una persona che può scegliere di risiedere in uno dei 55 comuni della Marca Maceratese (MaMa) usufruendo di strutture, servizi e spazi che consentono di svolgere l’attività lavorativa e che permettono altresì di trascorrere il tempo libero immergendosi nella cultura e nelle tradizioni del territorio.
Dai primi mesi del 2021 i comuni di MaMa stanno lavorando in questa direzione sostenendo investimenti in digitalizzazione e riqualificazione di spazi e servizi dediti all’accoglienza e coinvolgendo gli operatori del territorio e la comunità locale in scelte di co-progettazione e programmazione. Dalle interviste condotte con alcuni key player territoriali (sindaci, assessori al turismo, funzionari degli “Uffici cultura e turismo”, referenti di organizzazioni turistiche territoriali) emerge interesse, motivazione e consapevolezza delle opportunità che questo processo di sviluppo potrebbe apportare a realtà minori come i borghi.
Le evidenze empiriche sottolineano l’importanza della connettività all’interno del territorio comunale, così come di azioni volte a riqualificare immobili e spazi che altrimenti rimarrebbero in disuso e/o in stato di abbandono. La presenza di un tessuto di accoglienza locale qualificato è essenziale per creare un’offerta di qualità e le condizioni affinché il remote worker possa entrare in contatto con la comunità ospitante e vivere esperienze autentiche.
Servizi fisici, servizi tecnologici e servizi umani. Se una grande attenzione è dedicata ai primi due elementi (presenza dei servizi essenziali, di un co-working, della banda ultra-larga, della rete telefonica, ecc.), una prima consapevolezza si manifesta anche per le dinamiche sociali di relazione, di integrazione e di contaminazione che possono innescarsi nel borgo e che determinano i valori su cui, il borgo, può costruire la propria “unicità” e quindi la propria proposta di valore distintiva.
È anche alla luce di tali evidenze che l’avvio e lo sviluppo di tale processo - attualmente in progress - vede l’organizzazione da parte delle amministrazioni locali di MaMa in joint con l’organizzazione territoriale che supporta lo sviluppo di progetti di turismo sostenibile, di numerosi incontri, occasioni di dibattito e confronto con la comunità locale.
La capacità dei territori di intercettare questa domanda emergente - peraltro estremamente variegata al suo interno e necessariamente in divenire - può essere una delle leve attraverso le quali differenziare l’offerta rimanendo ancorati a scelte di valorizzazione delle risorse locali. La capacità dei territori di riqualificare la propria offerta indirizzandola ai remote worker, infatti, si presenta come occasione per avviare processi di sviluppo turistico-territoriale sostenibile che contribuiscono a rivitalizzare i territori, sostenere strategie di destagionalizzazione e arginare problemi di spopolamento e abbandono di attività economiche a forte matrice identitaria.
Nonostante da parte dei rispondenti il “nomade digitale” sia percepito generalmente come un target turistico, si inizia a percepire la grande opportunità di attrarre queste persone che possono contribuire non solo allo sviluppo economico del territorio, ma anche, e soprattutto, allo sviluppo di competenze e nuove visioni a servizio delle comunità ospitanti. In sintesi: un passo importante verso la sostenibilità sociale.
*Umberto Martini Dipartimento di Economia e Management (DEM) - Università di Trento
*Federica Buffa Dipartimento di Economia e Management (DEM) - Università di Trento
*Giacomo Andreani - Expirit Srl, Macerata