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“Anna guardando i prodotti nel proprio carrello e poi la lista degli acquisti da effettuare, capisce subito che questa sarà una spesa costosa. Pensa a quanto potrebbe risparmiare sostituendo i prodotti di brand nazionali preferiti dalla sua famiglia con quelli degli store brand (o private label o marca bianca). Dopo tutto, quando ha sostituito le verdure in scatola, la pasta e il gelato nessuno della sua famiglia lo ha notato. Le obiezioni e le lamentele di sua figlia sui prodotti per la prima colazione sono cessate dopo tre giorni. Inoltre, suo marito aveva aggrottato le ciglia quando Anna aveva acquistato un ketchup, un formaggio a fette e bibite di una sotto marca, viceversa si era dimostrato meno accigliato quando, dopo averli provati, Anna gli ha detto della differenza di prezzo. Tuttavia, la famiglia di Anna, per alcuni prodotti, continua a mantenere le precedenti abitudini. “Lo so che questi sono tempi duri” aveva detto suo marito, “ma sicuramente ci sono altri modi per risparmiare”. Adesso, Anna, per i prodotti ai quali la sua famiglia non vuole rinunciare a consumare se non quelli di brand nazionali, li acquista solamente quando ci sono offerte speciali o sconti legati all’acquisto di grandi quantità, mentre per tutto il resto Anna acquista prodotti di store brand.
La fedeltà alla marca
I consumatori come la famiglia di Anna sono l’immagine di un modello di consumo da tenere particolarmente presente per comprendere il futuro sviluppo del ruolo degli store brand nei consumi futuri. Gli store brand hanno proseguito anche nell’ultimo anno il loro trend di crescita conquistando nuove quote di mercato a scapito dei prodotti a marca nazionale. Il motivo della loro continua crescita è legato principalmente alla capacità di rispondere alla necessità di grandi gruppi di consumatori di acquistare prodotti di buona/ottima qualità a prezzi più convenienti al fine di tutelare il potere d’acquisto delle proprie entrate economiche.
Come emerge da una recente analisi realizzata da Deloitte Consumer Business sul settore retail, la quota degli store brand, in termini di valore, a oggi si attesta mediamente intorno al 15,5% con un incremento del 1,7% rispetto al 2008 con alcune insegne che raggiungono il 26%. Se consideriamo che mediamente un prodotto di private label costa circa il 18% in meno rispetto a un prodotto della stessa categoria di un brand nazionale, il risparmio non è di poco conto. Altrettanto significativo è anche il dato che mostra che le tipologie di store brand che crescono maggiormente sono quelle premium, a cui appartengono prodotti di alta qualità, praticamente identici al prodotto di marca ma con costi decisamente più contenuti. Dallo studio realizzato da Adem Lab negli Stati Uniti, la loro crescita all’interno dell’intera offerta degli store brand è stata pari al 30%, anche se oggi ricoprono ancora un ruolo marginale. Infatti, sul totale delle private label, sempre in termini di valore, i pesi sono così distribuiti: 85,3% marca insegna; 2,8% marca commerciale premium; 5,7% marca primo prezzo; 6,2% altre tipologie di store brand. Questo dimostra come il consumatore sia sempre meno disposto a pagare per il superfluo, prestando forte attenzione al giusto rapporto tra qualità e prezzo e dando così vita al consumatore value oriented. In risposta alle crescenti necessità di risparmio da parte dei consumatori, si è registrato anche un incremento della pressione promozionale su prodotti dei brand nazionali. Quest’ultima nel 2009 è cresciuta mediamente del 3,6% rispetto al 2008. Questa tendenza lede fortemente i margini di profitto delle aziende produttrici andando a destabilizzare nel lungo periodo la sostenibilità del business.
La penetrazione
Quello che dovrebbe preoccupare maggiormente i produttori di brand nazionali è che è stato stimato che circa il 90% dei consumatori ha acquistato almeno una volta un prodotto di store brand nel corso dell’anno. Ciò evidenzia una disponibilità crescente dei consumatori a provare i prodotti di store brand, rendendo quindi più complicato per le aziende instaurare con il consumatore un rapporto di fedeltà e aumentando di conseguenza il rischio di abbandono dei prodotti di brand nazionali. Inoltre, i retailer stanno investendo parecchio nell’immagine dei prodotti a marchio proprio e riusciranno, nel lungo periodo, a consolidare le quote con processi di fidelizzazione.
Nonostante questi trend siano stati accelerati da una difficile recessione economica, sulla base anche dell’ultimo studio Deloitte sui consumi natalizi, siamo sempre più convinti che anche quando l’economia si sarà ripresa completamente, questi comportamenti d’acquisto rimarranno pressoché invariati e caratterizzeranno il nuovo modello di consumo delineatosi.
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Nel Pdf
· la perceziomne e le strategie
· il ruolo dei consumatori nell'innovazione dello store brand e i trend da tenere d'occhio: sostenibilità, internet, lifestyle
Allegati
- StoreBrand_responsabili-acquisto
- di Dario Righetti * / gennaio 2011