Privacy e sanità: lo stato dell’arte del settore

Una ricerca della piattaforma MioDottore evidenzia come medici e pazienti cerchino migliori strumenti per la corretta gestione dei dati sanitari

Quando avviene una comunicazione che prevede la condivisione di dati sensibili, a maggior ragione se legati alle proprie condizioni di salute, ciascuno desidera che vi sia massimo riserbo e che le normative in materia siano rispettate alla lettera. Compito del professionista, a tutela della privacy dei pazienti, è far sì che la gestione delle comunicazioni con il paziente sia perfettamente aderente al quadro normativo. Ma quanti medici sanno, per esempio, cosa prescrive il General Data Protection Regulation (Gdpr) e quanto effettivamente curano gli aspetti legati alla privacy nell’ambito del rapporto medico-paziente?

Cerca di dare una risposta a queste domande MioDottore, piattaforma specializzata nella prenotazione online di visite mediche e diagnostica e provider di soluzioni digitali, che ha condotto un sondaggio coinvolgendo 200 medici di medicina generale e specialisti e 1.250 pazienti.
Alla domanda “Quando scegli un mezzo di comunicazione per contattare i tuoi pazienti, quanto consideri importante la sua conformità alle normative di materia privacy?”, la maggior parte dei medici non ha dubbi: il 46% risponde “importante” e il 32% “molto importante”, avendo quindi chiara l’esigenza di assicurare il riserbo delle informazioni condivise con il paziente. Soltanto il 9% non se ne cura.

Fra le modalità ritenute più sicure dal punto di vista della privacy, per scambiare informazioni con i propri pazienti, oltre la metà dei professionisti indica l’interazione di persona in studio o a domicilio e (28%) il colloquio telefonico, un sesto circa (16%) le email e soltanto il 10% piattaforme o app specifiche per la comunicazione medico paziente; così come solo il 2% indica quelle per la telemedicina.

Scarse, se non del tutto assenti, sono le conoscenze relative al Gdpr: la metà dei medici interpellati (48%) non ne ha mai sentito parlare mentre il 25% ne è informato ma non saprebbe come spiegare l’argomento; solo 1 medico su 5 ne è in grado. Risulta quindi della massima importanza la formazione dei professionisti su questo fronte. Emerge inoltre il desiderio dei medici di ottenere delucidazioni anche e soprattutto grazie all’aiuto di esperti del settore capaci non soltanto di illustrare il quadro normativo ma anche di declinarlo nelle attività proprie del professionista della salute.

Alla domanda “I medici, e il mondo scientifico più in generale, possono raccogliere e utilizzare i dati sanitari dei pazienti: cosa ne pensi?”, un medico su 5 (19%) afferma di temere che i dati sanitari dei pazienti possano essere divulgati a persone non autorizzate o usati per scopi illeciti. Preoccupazioni che nascono dalla presa di coscienza di non essere informati neppure sulle tecnologie da usare nelle comunicazioni con i propri pazienti. Non è tutto: l’11% si dice sicuro che i dati sanitari dei pazienti siano utilizzati in modo improprio da parte di aziende o enti non autorizzati, per esempio per fini commerciali. In questo senso si coglie la necessità e il desiderio di lavorare in un ambiente operativo dove i dati e le comunicazioni siano protetti e utilizzati nel rispetto delle normative sulla privacy.

A fronte di una mancanza di conoscenze dei capisaldi delle norme sulla sicurezza dei dati sensibili, non manca il riconoscimento dei vantaggi derivanti dall’aver accesso, da parte dei medici e del mondo accademico, ai dati sanitari dei pazienti: per il 33%, ciò può migliorare il processo di diagnosi e cura degli assistiti; per il 16% può permettere alla ricerca medico-scientifica di evolvere più rapidamente mentre per l’11% potrebbe migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria del Paese.

Infine, alla domanda “Cosa pensi possa essere fatto per favorire la privacy e la protezione dei dati in ambito sanitario?” per il 25% del campione occorre garantire una formazione adeguata al personale sanitario in merito alle normative sulla privacy e al trattamento dei dati; per il 12% una maggiore collaborazione tra medici ed esperti di sicurezza informatica per sviluppare soluzioni ad hoc per il settore; e per il 10% maggiori incentivi statali affinché i medici possano usare strumenti o tecnologie più avanzati e sicuri.

In questo contesto, MioDottore è una soluzione adeguata al dettato del Gdpr, consente cioè a medici e pazienti di comunicare e condividere dati sanitari in un ambiente protetto, dove la sicurezza è garantita dai più alti standard informatici. Al database con le informazioni inerenti al paziente possono infatti accedere soltanto il medico e il paziente stesso e nessun altro.

Le esigenze di riserbo e sicurezza dei dati sono confermate anche dai pazienti che, nel 78% dei casi, indicano come importante o molto importante tenere in considerazione gli aspetti legati alla privacy nello scegliere le modalità di comunicazione con il proprio medico. Considerate più sicure, analogamente ai medici, sono le interazioni in studio (26,8%) e le telefonate (21,4%), meno le email e le piattaforme e app ad hoc.
In linea con i medici, anche i pazienti sono consci dell’importanza di una corretta comunicazione con i medici (36,3% delle risposte) e che l’accesso ai dati sanitari da parte dei professionisti possa aiutarli a migliorare il processo di diagnosi e cura e (28,6%) a consentire un più rapido progresso della ricerca medico-scientifica.

“Per dare risposta alle esigenze dei professionisti della sanità -dichiara Luca Puccioni, ceo di MioDottore- abbiamo sviluppato una piattaforma tecnologica evoluta, sicura e di facile utilizzo, da parte non solo dei medici e strutture sanitarie, ma anche dei pazienti. Uno strumento in grado di sollevare il medico da incombenze routinarie e burocratiche, come la gestione delle prenotazioni, e di affiancarlo nelle sue esigenze di comunicazione e condivisione dei dati”.

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