La campagna di trasformazione dei pomodori 2022 è partita con qualche giorno di anticipo e non poche preoccupazioni: le alte -quasi infernali- temperature delle scorse settimane hanno fatto maturare precocemente i pomodori, tutti gli stabilimenti hanno quindi avviato la trasformazione, in mezzo a un mare di incognite, dalla siccità che opprime il Nord Italia (cosa mai avvenuta prima) alla difficoltà nel reperire manodopera stagionale per i campi e per l’industria, dai costi delle materie prime (energia, imballaggi, gas, tutto) partiti a razzo verso l'alto, a causa dell'allegra bisboccia degli speculatori.
Per questa campagna di trasformazione, in Italia sono stati messi a coltura 65.180 ettari, in diminuzione consistente (-8,5%) rispetto all’anno record 2021; di quei 65.000 e passa ettari, 37.024 sono nel Bacino Nord (-4,1% rispetto alla scorsa campagna) e 28.156 nel Bacino Centro Sud (-13,6% sul 2021). Sulla base di questi dati e considerando quanto fatto in media negli anni scorsi, si può prevedere una produzione tra 5,2 e 5,4 milioni di tonnellate. Sono stime e il volume delle produzioni dipenderà sia dalle rese agricole che da quelle industriali, anche in ragione della qualità della materia prima conferita sulla quale l’attenzione dell’industria resta alta.
“I rincari, che hanno raggiunto livelli senza precedenti non solo in termini di quantità ma soprattutto per la generalità degli elementi di costo interessati, hanno fatto lievitare enormemente i costi di produzione –conferma Marco Serafini, presidente di Anicav-. Il comparto sarà messo a dura prova, ma restiamo fiduciosi confidando nelle capacità di resilienza dei nostri imprenditori che cercheranno, almeno in parte, di attutire le conseguenze di tali aumenti incidendo sui propri margini”.
“La campagna di trasformazione –aggiunge Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav– parte tra tante incognite, siccità, condizioni climatiche, difficoltà nel reperimento della manodopera, e in un complesso quadro macroeconomico. Ci preoccupa, ancor più, l’atteggiamento speculativo di una parte del mondo agricolo, già palesato in questo avvio di campagna, che rischia seriamente di mettere in discussione la sopravvivenza della filiera, in particolare nel bacino centro meridionale. È il caso di ricordare che l’industria, dopo mesi di trattative, ha riconosciuto un prezzo di riferimento del pomodoro al Nord e, ancor di più, al Centro Sud che non ha precedenti nella storia della contrattazione del pomodoro da industria e che rimane il più alto pagato al mondo”.
Il comparto in numeri
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata: con un fatturato 2021 di 3,7 miliardi di euro, di cui circa 2 miliardi derivanti dall’export, riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto. L’Italia, specializzata nella produzione di derivati destinati al consumatore finale, è il secondo Paese trasformatore a livello globale dopo gli Stati Uniti, e rappresenta il 15,6% della produzione mondiale e il 53% del trasformato europeo.