Continua la nostra analisi del decreto 198 del 2021, questa volta focalizzandoci sulla responsabilità per il deterioramento delle merci, cercando di capire cosa cambia nei rapporti tra fornitori e acquirenti e che sanzioni sono previste.
di Stefano Taurini
L’art. 4.1 lett. f) del decreto 198/21 definisce “pratica commerciale sleale” anche “l’inserimento, da parte dell’acquirente, di clausole contrattuali che obbligano il fornitore a farsi carico dei costi per il deterioramento o la perdita di prodotti agricoli e alimentari che si verifichino presso i locali dell’acquirente o comunque dopo che tali prodotti siano stati consegnati, purché tale deterioramento o perdita non sia stati causati da negligenza o colpa del fornitore”.
Sappiamo che con questo decreto, varato nello scorso mese di novembre in attuazione della Direttiva europea 2019/633, il legislatore ha inteso dare un ulteriore contributo al miglioramento delle relazioni commerciali tra operatori della filiera agroalimentare, vietando le pratiche commerciali contrarie ai principi di buona fede e correttezza “ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte”.
Il legislatore non riconosce dunque alcuna validità alle pattuizioni che attribuiscono ad un operatore un vantaggio eccessivo e non tollerato dall’ordinamento, presumendo che esse, ancorché formalmente accettate da entrambi i contraenti, siano in realtà figlie di una imposizione, resa possibile dallo squilibrio di forza commerciale che spesso altera il fisiologico dialogo commerciale.
La presunzione è assoluta, nel senso che le parti del contratto non sono ammesse a dimostrare che nel singolo caso la clausola è stata liberamente accettata dal contraente più debole: la pattuizione “sleale” resta nulla (art. 1.4) e la parte che di essa trarrebbe vantaggio viene assoggettata a sanzione.
Questo, dunque, il meccanismo che si rinviene anche nell’art. 4.1.f) sopra trascritto, che considera illecito l’inserimento “da parte dell’acquirente” di una clausola contrattuale che abbia l’effetto di trasferire indebitamente sul fornitore il rischio per il deterioramento o la perdita dei prodotti.
Il legislatore ritiene infatti che un patto di questo tipo, per quanto riportato in un contratto firmato da entrambi i contraenti, non derivi da una corretta negoziazione, ma sia stato imposto al fornitore dall’acquirente, sul quale cade dunque la sanzione (che, ai sensi del successivo art. 10.4, oscilla tra un minimo di 30 mila euro ed un massimo pari al 5% del fatturato realizzato nel corso dell’esercizio precedente all’accertamento).
La regola di cui all’art. 4.1.f) ubbidisce ad un criterio di equità e giustizia sostanziale. E’ infatti ragionevole e corretto affermare che il fornitore debba liberarsi del rischio relativo al deterioramento della merce venduta al momento in cui effettua la relativa consegna all’acquirente.
Far gravare sul fornitore le conseguenze della perdita o del deterioramento dei prodotti quando questi sono nella materiale disponibilità dell’acquirente significherebbe infatti trasferire ingiustificatamente il rischio di impresa da una parte all’altra, con violazione del principio generale di cui all’art. 5.1.l).
Naturalmente la responsabilità del fornitore permane – e ciò si trova chiaramente affermato nella legge – quando il deterioramento, ancorché avvenuto dopo la consegna della merce all’acquirente, dipende da una colpa o da una negligenza del fornitore (si pensi al caso di un imballaggio difettoso e di un conseguente ammaloramento del prodotto custodito nel magazzino dell’acquirente).
Da sottolineare, a completamento di queste note, che con l’art. 4.1.f) il legislatore non è intervenuto sulla disciplina del contratto di cessione dei prodotti alimentari alterando in danno le regole vigenti in materia di contestazione del prodotto: l’acquirente resta libero di denunciare il vizio della merce ricevuta nei termini fissati dal codice civile e dal contratto. La nuova norma si limita ad impedire che il venditore sia convenzionalmente obbligato a sopportare le conseguenze di un evento dannoso del quale sicuramente non è responsabile.