Nel 2019 le sorprese non sono mancate, a livello di Paese, con avvicendamenti al Governo, e nel settore, con cambi di proprietà nella distribuzione moderna.
A ciò si aggiunge il fatto che il retail viene sempre più spesso chiamato in causa direttamente, per esempio per affrontare il tema della sostenibilità anche attraverso il pagamento di tasse che mirino a modificare i comportamenti di imprese e clienti, come con la plastic tax o la sugar tax per ampliare la diffusione della cultura del benessere. Ne parliamo con Giorgio Santambrogio, presidente Adm, Ad di Gruppo VéGé e membro del comitato esecutivo di Federdistribuzione.
Lo scenario nazionale del retail quest’anno è stato rivoluzionato: quali sfide si aprono per il 2020?
Nessun dubbio che il dato più importante sia l’acquisizione di Auchan da parte di Conad. Nel contesto Adm, l’augurio è che questa operazione si riveli vincente dal punto di vista economico, ma soprattutto da quello occupazionale. Detto questo, vorrei ricordare che, all’interno dell’ex mondo Auchan, hanno investito anche altri gruppi che fanno parte di Adm, come per esempio Gruppo VéGé, in Sicilia con l’impresa F.lli Arena, Carrefour con i master Apulia ed Etruria e Despar Servizi con 3A. La sfida è quindi quella di garantire un ritorno sull’investimento per i gruppi acquirenti, contestualmente a un livello occupazionale pieno.
In questo contesto, cosa vi aspettate dalla nuova finanziaria e dal Governo?
Sono risposte di pertinenza delle singole associazioni; in generale il mondo del commercio vuole regole chiare, eque e definite a livello nazionale. Mi riferisco in primis alla questione delle chiusure domenicali, dove tutto il commercio unito ha già chiesto al Governo di non commettere un errore imperdonabile che causerebbe recessione e aumento della disoccupazione. Gli imprenditori del commercio debbono essere lasciati liberi di aprire tutte le domeniche che desiderano, mentre è corretto e giusto chiudere, con decisione a livello nazionale, molte festività, sia laiche che sacre, sino a 8 giornate nell’anno. Un’altra richiesta è di non aumentare l’Iva, non solo per il 2020, ma anche per gli anni successivi. Siamo inoltre contro la plastic tax e la sugar tax, ma a favore invece di una corretta web tax, per non avere un mercato sperequato a favore dei pure eTailer.
Come si posiziona Adm rispetto agli obblighi green?
Adm non ha una posizione precisa perché non deve averla. Vi è una sorta di endorsement ideologico a favore di un maggior impegno green, un ambito divenuto positivamente un fattore competitivo. Positivo perché obbliga le imprese a un costante e sempre maggiore impegno reale e fattivo verso questi temi.
In quest’ottica cosa cambierà tra industria e distribuzione?
Il mio auspicio è a favore di un netto miglioramento dei rapporti tra i due comparti della filiera agroalimentare. Attualmente, e qui posso rispondere nel pieno del mio mandato di presidente di Adm, non siamo in una fase positiva, per colpa, in primis, dell’accanimento di molte imprese industriali, non tutte -non voglio generalizzare- verso i retailer e anche per ciò che concerne le Utp (pratiche sleali); in seconda battuta, esiste una lobby a livello europeo che lavora continuativamente contro il mantenimento delle centrali nazionali e internazionali. Vorrei invece ricordare che i retailer hanno ottimi rapporti con le piccole e con le medie industrie italiane: il 92% del fatturato di tutto il mondo mdd è fatto da queste imprese che mantengono rapporti continuativi superiori ai 10 anni, un tempo che dà loro modo di fare investimenti di medio e lungo periodo. La distribuzione moderna non è contro la regolamentazione rigida delle pratiche sleali, ma vuole che questa regolamentazione sia biunivoca e non sperequata per colpire solo il retail.
Un altro tema caldo è quello delle promozioni …
Sono una leva del marketing mix del retailer, nate per dare un segnale di maggiore competitività in alcuni periodi dell’anno su determinati prodotti. Non si può quindi affermare, con demagogia da dilettante, che le promozioni sono in crisi o che fanno danno. A diminuzione del prezzo, la domanda aumenta: questo è il mercato, bellezza, mi viene da dire. Occorre invece fare ricerche più approfondite per determinare l’efficacia reale del fenomeno promozionale. Spesso, e questa è la critica, si sperpera margine da parte sia del fornitore sia del distributore, rendendo la promozione troppo profonda o non sfruttando le cross promotion, o cannibalizzando la mdd con il prodotto industriale. In sintesi, si combatte una stupida guerra ideologica tra hi-low e edlp: invece, bisogna analizzare il singolo bacino e i comportamenti dei consumatori per capire che, in alcuni contesti, per certi format, presenti in date aree geografiche funziona bene la dinamica promozionale, mentre in altre situazioni risulta di maggiore efficacia lo edlp. Sono scelte che ogni retailer deve elaborare in base al proprio territorio.
Quanto sarà green il retail nel prossimo futuro?
Non c’è una ricetta unica, essendo la soluzione l’essenza della competizione stessa. Personalmente non credo nello sfuso. Con l’eccezione di alcune categorie merceologiche, ritengo ancora complicato ipotizzare un supermercato dove tutto è sfuso. E anche il plastic free dappertutto rimane una chimera. Occorre invece lavorare per una graduale diminuzione degli imballi primari e secondari, e per una continua e ficcante campagna nazionale di educazione alla gestione ex-post della plastica, o dei pack in generale. Se green vuol dire anche adottare logiche da circular economy, occorre far sì che non sia solo la parola di moda dell’anno, ma che si possa applicare, realmente ed efficacemente, ai processi delle imprese retail.