Parmigiano Reggiano: come sviluppare il mercato Oltreoceano

In occasione del convegno “Produzione alimentare e sfide del commercio internazionale” che si è tenuto a Parma alla presenza di Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e Luigi Scordamaglia, presidente Federalimentare, si è parlato anche di Parmigiano Reggiano

Il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli, è intervenuto riguardo la strada che il Consorzio di tutela deve intraprendere Oltreoceano, il primo mercato per l’export del re dei formaggi, per valorizzare il prodotto e sviluppare il mercato: oltre 10 mila ton di export che corrispondono a 250 mila forme, per un valore di oltre 110 milioni di euro.

“In questi giorni si è dibattuto molto sul CETA, mettendo in evidenza gli aspetti positivi - la protezione dalle imitazioni analoga a quella offerta dal diritto dell'Unione - e i limiti dell’accordo, che ancora non tutela sufficientemente i prodotti italiani, facendoli coesistere con le imitazioni sul mercato” ha dichiarato Nicola Bertinelli.

“In questa sede vorrei intervenire, non tanto su questa divergenza di vedute, quanto piuttosto sulla strada che il Consorzio deve intraprendere Oltreoceano per valorizzare il prodotto e sviluppare il mercato, considerando che l’eliminazione dei dazi porterà ad una consistente crescita delle esportazioni. Il nostro sforzo sarà quello di spiegare ai nostri interlocutori che non esistono altri formaggi assimilabili al nostro. Il Parmigiano Reggiano può nascere solo qui: è frutto di questa terra e del saper fare delle sue genti, che si tramanda di generazione in generazione. Rispetto a nove secoli fa nulla è cambiato: stessi ingredienti, stessa cura e passione, stessa zona d’origine che è inscindibilmente legata al prodotto. Purtroppo, negli Stati Uniti, non esiste una tutela delle indicazioni geografiche. A oggi, il nome parmesan viene inteso come termine generico. Il nostro obiettivo sarà quello di dimostrare che la parola parmesan costituisce un’evocazione della denominazione Parmigiano Reggiano e che il suo uso per formaggi non conformi al disciplinare costituisce un’infrazione alla nostra DOP. La battaglia non sarà semplice, ma abbiamo dalla nostra parte sentenze importanti, come quella della Corte di Giustizia Europea contro la Germania che ha sancito che l’uso del termine per formaggi non conformi al disciplinare della DOP Parmigiano Reggiano costituisce una violazione della legge europea”.

Negli USA il Consorzio ha registrato “Parmigiano Reggiano” come certification mark e, grazie a questo strumento, tutela il prodotto attraverso attività di vigilanza di mercato ed azioni legali. Nonostante la scarsa protezione e la concorrenza sleale del parmesan e dell’Italian Sounding, il nostro export è cresciuto in maniera significativa fino a raggiungere un valore pari a 110 milioni di euro.

Negli ultimi anni, il Consorzio ha lavorato per fare chiarezza, puntando il dito verso le pratiche commerciali ingannevoli nei confronti del consumatore. Un recente studio, che ha coinvolto 1.200 consumatori statunitensi, ha dimostrato che per il 66% degli intervistati il termine parmesan non è affatto generico – come sostengono, invece, le industrie casearie americane – ma identifica un formaggio duro con una precisa provenienza geografica che il 90% degli intervistati indica senza alcun dubbio nell'Italia.

“Norme più chiare e trasparenti ci permetterebbero di aumentare sensibilmente il nostro mercato. Crescita che possiamo stimare in circa 120.000 forme per un valore che supera i 50 milioni di euro – continua Il Consorzio continuerà a fare la sua parte facendo cultura di prodotto e attività di vigilanza. Ma, per raggiungere i nostri obiettivi, abbiamo bisogno che la politica ci dia una mano. Occorre lavorare a negoziati che puntino al riconoscimento di indicazioni geografiche come valore globale dello sviluppo agricolo. Norme - ha concluso Bertinelli - in grado di eliminare le pratiche ingannevoli per il consumatore, in particolare l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evochino l’Italia per pubblicizzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese, la forma più sfacciata di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori nel settore agroalimentare”

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