Olio extravergine, un futuro sempre da inventare

Situazione complessa: scarseggia il prodotto italiano a causa di campagne olearie tra le più basse in termini di volumi (ma il fenomeno ha iniziato a riguardare anche la Spagna)

Extravergine al bivio? Come le aziende stanno facendo fronte a campagne olearie tra le più basse in termini di volumi e come fare sistema per comunicare meglio un prodotto svilito dalle promozioni che pur vanta evidenze scientifiche, suffragate da claim approvati dell’Efsa, per le proprietà funzionali, nutraceutiche e preventive sulla salute. I protagonisti della filiera sono spesso chiamati a fare il punto sul momento critico.

Perché non dirottare le promozioni sul vergine?

I numeri dell’Italia sono in calo: c’è la siccità, l’attacco della mosca, rari impianti intensivi e super intensivi e pochissimo irrigati: manca la microirrigazione. Solo con l’olio italiano, ormai ripetutamente al di sotto delle 300mila t, non si arriva a Pasqua. Per fortuna ci sono le importazioni. “È tempo di ripensare il posizionamento del prodotto nella gdo che rappresenta il 70% delle vendite e aprire, perché no, su promozioni per altre categorie, come il vergine che è sparito nei supermercati” spiega Andrea Carrassi, direttore generale Assitol. “Fermiamo la corsa al ribasso che ci porta a un avvitamento continuo”.

Coop, il successo del prodotto made in Italy a mdd

Per la distribuzione moderna Laura Stefanini, responsabile commerciale reparto oli e conserve Coop Italia, racconta quello che succede a scaffale. “La promozione fa parte di un accordo commerciale che si fa con l’industria. Fin dal 2022 però c’è già stata un abbassamento dell’intensità promozionale, in Coop di circa 6 punti. L’industria ha riversato sulla gdo gli aumenti dei costi della materia prima, della trasformazione per i problemi energetici, e degli imballi, come il vetro. Grossa parte di questi incrementi per forza di cose è stata riversata sul prezzo di vendita. È un tasto dolente. Come si comporterà il consumatore davanti allo scaffale? Nel 2022 i volumi sono scesi del 6% secondo il dato Nielsen, ma successivamente il calo è stato anche dell’11%. E in Coop abbiamo registrato un trading down progressivo con un passaggio di acquisto dall’extravergine all’olio di oliva”.

Come uscire da questo circolo vizioso? Il focus va posto sulla comunicazione.

“Industria e gdo devono far comprendere cosa c’è dietro una bottiglia di olio extravergine e perché il costo è cresciuto. La contingenza va spiegata bene altrimenti si fa fatica a vendere. Coop, in controtendenza rispetto al mercato, vende di più prodotto italiano, e a marchio proprio: Il 50% dei volumi venduti dell’olio in Coop sono a mdd. È un prodotto che dà garanzie in termine di rapporto qualità prezzo.

Ragionare non più sui volumi ma sul valore, come per il vino

Mauro Tosini, direttore generale gruppo Salov, ha fatto notare la situazione paradossale in cui si trova l’industria. “Con sofferenza dobbiamo sperare che i consumi calino per avere abbastanza olio disponibile per la gestione del mercato. Se c’è poca offerta, i prezzi salgono e la domanda scende.
Il bicchiere potrebbe però essere mezzo pieno a medio termine, una volta usciti dalla criticità inflattiva: gli aumenti potrebbero aver riequilibrato una situazione precedentemente sbilanciata. “In futuro ci giocheremo una sfida: cogliere l’occasione di gestire la discesa non correndo ad abbassare il prezzo ma tenendo alto il valore che remunera tutta la filiera. Dobbiamo ormai ragionare più sui valori che sui volumi, l’esempio è il vino. Si deve andare verso la direzione della qualità, potenziando il marketing che troppo spesso manca. Dobbiamo saper raccontare, altrimenti il consumatore inseguirà la promozione”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome