Olio di Puglia, scommessa per il futuro

di Simone Martarello

Sessanta milioni di piante distribuite su 377.000 ettari ne fanno la prima regione d’Italia in termini di superficie dedicata agli uliveti, pari a circa il 32% del totale nazionale. La Puglia conta 190mila imprese nel comparto olivicolo, di cui oltre il 99% dedite alla coltivazione di olive da olio. La produzione media di olive è di poco sotto ai 12 milioni di quintali, circa il 35% del totale italiano, per un valore che si aggira intorno al mezzo miliardo di euro.
La maggior parte degli uliveti si concentra nelle province di Bari e Lecce, rispettivamente con 99.800 (26,4%) e 90.550 ettari (24%), seguono poi Brindisi (16,8%), Foggia (13,9%) e Taranto (10,2%). Il territorio è quasi tutto a denominazione d’origine protetta. Le Dop già riconosciute dall’Ue sono cinque: Dauno, Terra d’Otranto, Terra di Bari, Colline di Brindisi e Terre Terentine. Interessanti anche le cifre del biologico: nella sola provincia di Bari ci sono 1.700 ettari di oliveti coltivati in maniera naturale per una produzione stimata di 850mila litri d’olio d’oliva, di cui 160mila biologici.

Il cambio di passo
Da un’olivicoltura basata sul concetto di “massima resa con minima spesa” si passa ora a un piano di investimenti sia pubblici sia privati per puntare sulla qualità e sul biologico. La strada da fare per dare competitività al settore è ancora tanta, ma la marcia è cominciata. Stretta nella morsa di una tradizione fatta di piante secolari non in grado di produrre quantità e qualità necessarie affinché l’attività sia redditizia e regole vincolanti sulla possibilità di sostituire i vecchi ulivi, gli operatori del settore stanno cercando di mettere in pratica uno sviluppo equilibrato, anche se la via della coltivazione intensiva, che coniughi tradizione e innovazione, appare l’unica percorribile.

Aree vocate
La Puglia olivicola è spaccata in due: a nord si coltivano varietà di pregio con sistemi che permettono di ottenere oli di elevata qualità, mentre nell’area salentina è più complicato fare un’olivicoltura redditizia e domina l’olio lampante. Nelle province di Bari, Foggia e Barletta ci sono molte le piccole aziende che fanno produzioni di nicchia, con 15-20 ettari di uliveti e 250-300 quintali di olive raccolte ogni anno. L’extravergine che producono viene venduto nel canale horeca, oppure in piccoli negozi altamente specializzati. Il marketing è fai da te, ma non trascurato: “Per il B2B partecipiamo a una decina di eventi l’anno sia in Italia che all’estero –spiega la responsabile commerciale della società agricola ‘Terre di San Vito’, Angela Marcotrigiano– per il B2C crediamo molto nei canali social e cerchiamo di coinvolgere food blogger ed esperti del settore”.

Copacker internazionali
Ci sono aziende di medie dimensioni e i consorzi, come Oliveti d’Italia (2.500 produttori e 130.000 ettari coltivati), Nel modernissimo impianto di Bari raccoglie gli oli prodotti con le varie tipologie di olive in enormi cisterne ipogee di acciaio inox e poi crea i blend in base alle richieste dei clienti. Che sono in gran parte grandi player della gdo, non solo italiana, anzi, in gran parte stranieri: Aldi, Lidl, Edeka in Germania, fino a Cina, Brasile, Usa e Singapore. Le commesse sicure e per grandi quantitativi rendono possibile l’offerta di olio di fascia premium a prezzi da grande distribuzione. L’impianto di Bari oltre a conservare fino a novemila tonnellate di olio nella cantina scavata a 11 metri sotto terra, riesce a confezionare 10mila bottiglie e tremila lattine l’ora.

I frantoi
E poi ci sono i frantoi, anch’essi impegnati in una ricerca di eccellenza che adesso può sembrare molto onerosa, ma, alla lunga, si spera darà i suoi frutti. Un esempio tra tanti è il molino ‘La vecchia macina’ di Andria: gestito dalla stessa famiglia da generazioni, ha avviato un processo di industrializzazione affiancato a un percorso per la certificazione biodinamica.

L'anello debole
Al di là delle iniziative dei singoli, l’anello debole dell’olivicoltura pugliese è l’attività di commercializzazione e promozione, soprattutto oggi che i mercati esteri sono sempre più importanti. Unioncamere Puglia sta facendo la sua parte, con investimenti mirati, la metà dei quali proveniente da fondi regionali. Tra le iniziative, la partecipazione a 20 fiere l’anno nel mondo. A partire da Oasi, acronimo di Olivo, ambiente, salute e innovazione, prima edizione di quella che vuole diventare una vera e propria fiera di settore, tenutasi in contemporanea alla Fiera del levante. Un viaggio attraverso tutte le declinazioni della pianta dell’olivo, promosso da Camera di Commercio di Bari e Regione Puglia - Area sviluppo rurale, col contributo tecnico del CIBi, in collaborazione con Unioncamere Puglia e Fiera del Levante. Una tre giorni con ottomila visitatori, 80 espositori e una trentina di eventi tra convegni, workshop, mostre e laboratori.

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