Olio di Palma: il paradigma della nutrizione moderna

L’impiego dell’olio di palma nell’industria alimentare è ormai un caso paradigmatico dell’approccio alla dieta come rincorsa a ciò che si deve evitare e continua a suscitare, soprattutto in Italia, un dibattito acceso, che prende le mosse da possibili effetti negativi sia sulla salute umana, sia sulla sostenibilità ambientale.
Dalla pubblicazione, un anno fa, del documento dell’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA: European Food Safety Authority) sulle problematiche relative alle contaminazioni di processo a temperature elevate, la preoccupazione sull’impatto tossicologico si è aggiunta a quella relativa al rapporto tra impiego alimentare dell’olio di palma e salute umana ed agli impatti ambientale ed economico, producendo un corto circuito nella filiera produttiva e mediatica che ha portato alla sostituzione “in emergenza” dell’olio di palma in centinaia di prodotti.

Poiché con la dieta si assume un insieme di nutrienti, l’alimentazione deve essere valutata nel suo complesso, senza esaltare né demonizzare un singolo alimento
o ingrediente

Con che esiti commerciali e nutrizionali non è ancora chiaro ma emerge, sulla distanza, la necessità di rivalutare il fenomeno nei suoi diversi impatti e di sviluppare un approccio più equilibrato, a partire da una corretta valutazione dei rischi e da un’informazione, a tutti i livelli, che si prefigga l’obiettivo di migliorare la composizione della dieta attraverso una corretta fruizione dei prodotti in commercio.

Quindi, la domanda se sia ragionevole immaginare un ritorno in auge dell’olio di palma, deve essere considerata in una logica di consumo che oggi premia i “senza” come scorciatoia a un’alimentazione consapevole ed equilibrata e dove l’informazione scientifica fatica a farsi strada in un mare di comunicazione spesso frammentaria e imprecisa.
Preoccupano i comportamenti alimentari molto selettivi, che invece di migliorare lo stato di salute, aumentano il rischio di veri e propri stati carenziali. L’abuso di comportamenti alimentari restrittivi, l’ossessione per il cibo sano (la cosiddetta “ortoressia”) e la demonizzazione di alcune categorie alimentari possono essere fattori predittivi dello sviluppo di veri e propri quadri di disturbo dell’alimentazione. Favorire una info corretta ed equilibrata dovrebbe rappresentare uno dei primi obiettivi della comunità scientifica in ambito nutrizionale.

La comunicazione semplificata e ridotta all’etichetta “senza” è potenzialmente negativa; spesso  come nel caso specifico del palma, il consumatore ritiene in generale più salutari gli alimenti “privi di qualcosa” ed è portato a considerare il prodotto “palm free” comunque di migliore qualità, trascurando il fatto che la sostituzione del palma può essere basata sull’uso di altri grassi saturi per motivi di carattere tecnologico, come nel caso dell’olio di cocco. È invece necessario prestare attenzione ai grassi saturi ed al loro utilizzo equilibrato nella dieta.

Esiste una chiara richiesta di alimenti salutari da parte del pubblico che non sempre va di pari passo a una corretta informazione

Uno degli obiettivi prioritari, nonché una vera e propria sfida per la comunità scientifica nei prossimi anni dovrà essere una migliore collaborazione con tutti i soggetti coinvolti nella filiera alimentare per fornire il necessario supporto scientifico alla valutazione dell’intera filiera produttiva, in termini di sostenibilità e soprattutto dei possibili effetti sull’organismo umano, favorendo la formazione e la diffusione della corretta cultura della salute alimentare, oltre le mode e le paure del momento.

 

Possiamo quindi concludere che l’olio di palma non è né un santo né un demone, è semplicemente un alimento o un ingrediente come gli altri sapendo che:

  • L’assunzione di olio di palma non sembra rappresentare un tema prioritario per la salute degli Italiani. Piuttosto, è opportuno ribadire sia il limite del 10% delle calorie giornaliere per l’assunzione di grassi saturi (raccomandato dalle linee guida nutrizionali, nazionali e internazionali), sia la necessità di inserire queste raccomandazioni in un’alimentazione completa e bilanciata.
  • Per limitare l’impatto ambientale si può promuovere l’utilizzo di prodotto certificato RSPO (roundtable on sustainable palm oil) che può arrivare a certificare sino al 100% di prodotto preveniente da coltivazioni che non abbiano generato deforestazione della foresta primaria e nel rispetto delle popolazioni locali (RSP segregated).
  • Per salvaguardare la propria salute bisogna perseguire una dieta equilibrata e soprattutto varia che, salvo particolari e certificate patologie, deve vederci assumere nelle corrette proporzioni tutti i nutrienti di cui il nostro organismo e ha bisogno.
  • Per ridurre i rischi potenziali evidenziati dall’EFSA bisogna utilizzare per tutti gli oli che prevedono raffinazione (che sono tutti tranne l’olio extravergine d’oliva), materie prime di alta qualità che prevedano un breve periodo tra raccolta e utilizzo e basse temperature nei processi di lavorazione, e qui la filiera produttiva deve portare un suo contributo sostanziale in termini di concezione, sviluppo e mantenimento di standard qualitativi elevati.

Non è quindi da escludere che, come già è successo negli USA dove, dopo una fase di demonizzazione oggi risulterebbe addirittura proibito apporre il logo “senza olio di palma”, si torni a considerare questo prodotto per quello che è: uno dei tanti ingredienti a disposizione dell’industria alimentare

Cos’è l’Olio di Palma e quali sono le sue caratteristiche nutrizionali

A cura di Andrea Poli – NFI:

  • L’olio di palma si ricava dal frutto dell’albero ed è diverso dall’olio estratto dal nocciolo, il cui nome è olio di palmisto. Nelle fasce climatiche di maggiore produzione, è l’olio più diffuso anche per uso domestico corrente; nel resto del mondo è l’olio maggiormente impiegato nell’industria alimentare, superando l’olio di soia.
  • La sostituzione dell’olio di palma con altri grassi nelle produzioni industriali (ove possibile) potrebbe migliorare la frazione lipidica di questi prodotti, ma probabilmente senza un impatto determinante sul profilo nutrizionale complessivo.
  • Tutti i grassi saturi, dal punto di vista degli impieghi alimentari industriali, sono versatili e permettono di ottenere prodotti ottimi dal punto di vista della qualità organolettica e della conservabilità. Rappresentano probabilmente, sul piano tecnologico, la migliore alternativa agli acidi grassi trans, i cui effetti nocivi per la salute sono invece noti e documentati.

Quali sono le alternative all’olio di palma per l’uso alimentare industriale?


  • Altri grassi saturi, ma di origine animale: burro, lardo, strutto, solidi o semisolidi a temperatura ambiente. Questi grassi sono stati man mano sostituiti, per il presunto effetto negativo sull’aumento del colesterolo LDL e per il contenuto in colesterolo preformato.
  • Grassi vegetali, solidi a temperatura ambiente: burro di cacao, olio di cocco e, appunto, olio di palmisto. Il burro di cacao è costoso ed è utilizzato preferenzialmente in cosmetica; tant’è vero che molte industrie cioccolatiere europee (a eccezione di quella italiana) hanno sostituito parzialmente (fino al 5%) il burro di cacao con altri grassi. L’olio di cocco e quello di palmisto, invece, vanno usati con prudenza, perché contengono acido laurico e miristico in quantità: il consumo di questi grassi è chiaramente correlato con un deciso aumento delle LDL.
  • Altri oli vegetali, liquidi a temperatura ambiente: olio d’oliva (ricavato dal frutto), oli di semi (es. girasole), da legumi (soia, arachide),

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