In occidente, le malattie croniche legate all’alimentazione rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità affliggendo il 50-65% della popolazione adulta. Sebbene si identifica frequentemente un singolo elemento della dieta come causa (es. il sale con l’ipertensione), le prove indicano che tutte le malattie hanno elementi dietetici multifattoriali alla base della loro eziologia. La malattia coronarica, per esempio, non deriva da un eccesso di grassi saturi, ma da una complessa interazione di molteplici fattori nutrizionali collegati al consumo eccessivo di alimenti dell’era industriale come latticini, zuccheri raffinati e sale. Ridurne il consumo diminuisce l’insorgenza di alcune malattie, ma avanza l’ipotesi che sia solo un escamotage per ovviare al vero problema. Infatti, una crescente consapevolezza mostra che i cambiamenti iniziati con l’agricoltura e la zootecnia siano troppo recenti su una scala temporale evolutiva per consentire al genoma umano di adattarsi. In concomitanza con questa discordanza tra la nostra antica biologia geneticamente determinata e i modelli nutrizionali sono emerse le malattie della civiltà. Sono stati lanciati molteplici trend nutrizionali fino ad arrivare alle diete genomiche che tentano di ridurre la distanza fra ciò che mangiamo e ciò che la nostra biologia accetta. Le analisi del genoma sono ormai una commodity, ma le interazioni fra genoma e alimenti sono ancora in parte da comprendere, ciò limita l’efficacia. Si può forse aggirare l’ostacolo tramite analisi del sangue, con un pattern metabolico che riduce il rischio per alcune patologie. Un nuovo orizzonte per una nutrizione sana e per la formulazione prodotto.