Per l'articolo completo scaricare il Pdf
La nostra riflessione prende spunto dalla recente inaugurazione del nuovo stadio della Juventus a Torino (si veda Scenari Mark Up, giugno 2009, pagg. 28-30), il primo impianto in italiano in linea con i modelli più avanzati in Europa, e di proprietà di un club. È ancora l'unico caso nel nostro paese, in un panorama che ben si presenterebbe al rinnovamento di strutture spesso obsolete, che vivono poche giornate durante l'anno e che spesso, nei bilanci delle società sportive e delle amministrazioni comunali, rappresentano solo costi più che opportunità di reddito. Eppure gli stadi sono fra le più interessanti strutture architettoniche dove sperimentare, anche nel tessuto urbanistico circostante, l'integrazione delle tradizionali funzioni sportive (i servizi necessari a rendere piacevole l'esperienza della partita), con il commercio, il turismo e i servizi alberghieri, la ristorazione, le attività di intrattenimento e benessere, per tacere delle più tradizionali strutture adibite ai congressi e agli incontri business.
L'evoluzione del concept
Rispetto agli esempi europei, in Italia c'è ancora molto da fare (si veda l'articolo su Mark Up, 191 pagg.120-121: Stadi di calcio, la nuovelle vague è la multicanalità). In materia di nuovi stadi si citano come modelli i progetti inglesi e tedeschi, anche se di recente nazioni fisicamente più piccole della nostra, come la confinante Slovenia, hanno realizzato complessi di tutto rispetto (un esempio è appunto lo Stožice Sports Park, a 3 km dal centro di Lubiana), impensabili nel nostro paese. Questi modelli di stadio hanno portato benefici al contesto urbano di riferimento con strutture riqualificate sotto il profilo architettonico, aree per la ristorazione e attività commerciali, sky box e sale meeting, strutture per l'allestimento di concerti e spettacoli, che rendono gli impianti sportivi fruibili oltre gli incontri calcistici, incrementando il fatturato per le società proprietarie degli stadi. Il modello ideale di stadio è quello misto, polifunzionale e modulare, che diventa attrattore più continuo di flussi e attività.
A questo scopo è essenziale che lo stadio diventi di proprietà dei club che possono così investire senza le lungaggini burocratiche tipiche dei comuni. Per ottimizzare il modello economico di redditività, è necessaria l'integrazione con aree di pertinenza da destinare a usi compatibili: strutture commerciali e per il tempo libero, turistico-ricettive e in parte anche direzionali e di servizio.
Per le realtà urbane più piccole il modello vincente è uno stadio di 25.000-30.000 posti, in grado di ospitare 70-80 eventi/concerti l'anno. Lo stadio deve prevedere l'accesso delle attività logistiche direttamente al campo. La polifunzionalità e modularità si realizza con la tribuna che arretra per fare spazio al palcoscenico, adattabile per altri eventi. Un esempio da manuale di stadio medio-piccolo efficiente è la Veltins Arena in Germania.
Allo stato attuale la realtà italiana è caratterizzata da impianti sportivi utilizzati dalle società professionistiche ma di proprietà pubblica (Comuni). La gestione degli stadi è affidata ai club attraverso una concessione d'uso.
Uno stadio italiano è utilizzato mediamente 70 ore l'anno. Nella maggior parte dei casi i vincoli urbanistico-insediativi (oltre il 50% delle strutture si trova in zone con elevata densità abitativa) ne limitano l'utilizzo extra sportivo (concerti, altre manifestazioni sportive e non).
La differenza principale tra il nostro sistema e quello degli altri paesi europei è nella concezione di stadio: in Italia è un costo (spese di gestione, adeguamenti normativi, canone di locazione, ecc.), mentre per le realtà più avanzate rappresenta una fonte di ricavi, grazie a una profittevole gestione degli spazi interni ed esterni all'impianto.
Gli stadi della Serie A hanno un tasso di occupazione media pari al 54%, contro il 76,9% in Spagna, il 93,3% in Inghilterra e il 95,7% in Germania.
|
Il Ddl bipartisan Butti-Lolli
Allo stato attuale gli stadi sono di proprietà dei Comuni (o del Coni, come l'Olimpico) e non dei club. La redditività è trascurabile, con un'età media di 67 anni, e un tasso di riempimento medio tra i più bassi d'Europa. Chi vuole costruire un nuovo impianto in Italia è scoraggiato dalle molteplici difficoltà burocratiche, amministrative e finanziarie. Adesso ci vogliono almeno otto anni prima di poter posare la prima pietra.
Obiettivo del disegno di legge bipartisan Butti-Lolli per i nuovi impianti sportivi, oggi arenato alla Camera dei Deputati, dopo essere stato approvato al Senato, è favorire la realizzazione o ristrutturazione di impianti sportivi e stadi, attraverso la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative. Il motivo fondamentale è l'evoluzione del concetto di stadio da impianto adibito solo (o quasi esclusivamente) al calcio a struttura polifunzionale "produttiva", che sia più un generatore di ricavi che fonte di oneri e spese.
Interventi previsti
a) ristrutturazione di complessi sportivi per renderli moderni, funzionali e attrezzarli con attività commerciali e culturali (musei delle squadre) e tutto quello che oggi caratterizza gli impianti più moderni in Europa.
b) realizzazione di "Complessi sportivi multifunzionali", integrati a servizi funzionali alla fruibilità del complesso medesimo: attività commerciali, ricettive, di svago, per il tempo libero (multiplex, food-court), culturali e di servizio, ed eventuali insediamenti residenziali o direzionali.
L'approvazione del progetto è subordinata alla presentazione di studi di fattibilità.
Entro 60 giorni il Comune può promuovere un accordo di programma per approvare le necessarie varianti urbanistiche e per far conseguire all'opera "l'effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza", in modo da chiudere l'iter entro 6 mesi.
Gli interventi, se conformi alle destinazioni d'uso previste dal Comune nell'accordo con il soggetto proponente, possono essere realizzati anche con denuncia di inizio attività.
|