Il punto sulla concorrenza con Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Quali sono i motivi che bloccano la concorrenza nel nostro Paese?
In materia di concorrenza, l’Italia non è un Paese all’anno zero. In questi anni, c’è stata una progressiva apertura in diversi settori come quello energetico e del trasporto aereo. La strada da percorrere è ancora lunga: sussistono diverse regole che impediscono la concorrenza e l’innovazione, regole poste a tutela di rendite e posizioni di gruppi di interesse che frenano l’iniziativa economica di alcune categorie, favorendone altre. Parlo anche di quei comportamenti anticoncorrenziali, da noi prontamente sanzionati, ad opera di imprese che, in alcune gare pubbliche di appalto, abusano, attraverso la realizzazione di intese, del proprio potere di mercato.
Cosa intende quando parla di capitalismo di relazione?
È un capitalismo che non si misura sui meriti, ma fa affidamento sulle relazioni personali per ottenere la sterilizzazione della concorrenza o, in alcuni casi, viene impiegato al fine di ottenere misure di favore da parte del legislatore pubblico. Il capitalismo di relazione non produce una diminuzione dei prezzi, ma, al contrario, crea rendite di posizione.
Un esempio?
I CdA delle banche italiane, fino a qualche tempo fa, venivano presiedute sempre dalle stesse persone. Oggi, questo fenomeno è più limitato anche grazie al contributo dell’Autorità che rappresento. Il problema non è solo italiano. Anche negli Usa si discute molto di crony capitalism, cioè quello in cui il successo dipende da strette relazioni a scapito del merito, della libertà di impresa e della concorrenza. Per evitare queste situazioni, ci stiamo impegnando per combattere le rendite di posizione.
Uno dei temi più caldi del momento è quello dell’ingresso del capitale nelle farmacie. Cosa ne pensa?
Siamo favorevoli alla creazione di operatori con dimensioni maggiori: così si potranno creare economie di scala, efficienze e riduzione dei prezzi a favore del consumatore, il cui benessere è la stella polare dell’operato dell’Autorità. Il “troppo grande” è pericoloso, ma anche il “troppo piccolo” può essere fonte di inefficienze, talvolta gravi. Nell’ambito delle farmacie, bisogna realizzare forme di aggregazione mirando sempre al raggiungimento di un equilibrio efficiente.
Non teme che, nel lungo periodo, si creino oligopoli?
Compito dell’Antitrust è seguire una linea equilibrata che favorisca il dinamismo dell’economia e che, allo stesso tempo, eviti che poteri di mercato eccessivi blocchino la concorrenza. L’ingresso dei capitali in alcuni mercati è fondamentale, perché attraverso questi ultimi si può investire in innovazione, stando sempre attenti a scongiurare la nascita di cartelli e concentrazioni.
Perchè è importante l’eCommerce?
Lo è per le piccole e medie imprese che altrimenti non avrebbero la possibilità di presentarsi sui mercati globali. Pensiamo al ruolo di piattaforme come Booking o Expedia. Anche la Commissione Europea ritiene questo aspetto un fattore di crescita. Il punto cruciale è un altro: trattandosi di nuove fonti di consumo, è necessario scoprirne le insidie. Il profitto si può ottenere attraverso il merito, ma anche raggiungere in modo fraudolento. Questo vale ancor di più in un mercato poco noto come il digitale.
Come avete agito per bloccare queste insidie?
Nel corso del 2015 e nei primi mesi del 2016, abbiamo oscurato siti che vendevano prodotti contraffatti e ne abbiamo sanzionato altri che consegnavano la merce in ritardo o davano informazioni scorrette. Siamo intervenuti nei confronti delle grandi piattaforme del commercio online per assicurare che gli obblighi di informazione fossero corretti, per tutelare il consumatore.
In Parlamento c’è una proposta di legge sulla sharing economy. Tempi maturi per una regolamentazione?
Sì. A mio avviso, è opportuno disciplinare l’attività delle piattaforme che consentono di gestire rapporti sia profit sia non profit per scambi di casa, affitti privati, taxi privati, car sharing e quant’altro. Bisogna puntare su una regolazione leggera, che protegga il processo di innovazione e mantenga il mercato aperto per i potenziali innovatori, scongiurando il rischio di regolazioni coercitive, inadeguate e controproducenti.
Esistono giganti del web che hanno problemi sia con gli Stati nazionali sia con la Commissione europea. Qual è la posizione dell’Antitrust?
Prestiamo attenzione all’economia digitale perché può essere un formidabile propellente per l’innovazione anche se, di solito, questo comparto economico tende a creare concentrazioni di potere. Ecco perché bisogna monitorare eventuali abusi. Crediamo che il ruolo dell’Antitrust -uno dei primi impegni della mia presidenza- si debba svolgere anche a livello europeo: molti fenomeni economici trascendono i confini nazionali e questo richiede una collaborazione rafforzata con la Commissione europea e gli altri Stati. Collaborazione che si svolge all’interno del network europeo delle Autorità di Concorrenza, esempio di Europa che funziona.
L’Antitrust ha di recente sanzionato un leader della gdo. Cosa è successo?
Di recente è stata introdotta una norma nuova che mira ad evitare abusi nella filiera agroalimentare per impedire che il soggetto economicamente più forte imponga condizioni contrattuali inique a quello più debole. Nello specifico, si trattava di un produttore di pere, che godeva di un rapporto contrattuale da molti anni con Coop e che si è visto cambiare le condizioni contrattuali con la centrale di acquisto, condizioni che improvvisamente gli imponevano sconti ingenti, non previsti dal contratto, e una riduzione della quantità di prodotto acquistato. Il produttore, che aveva calibrato la sua impresa per essere funzionale alla domanda di un unico acquirente, si è trovato in una situazione economica difficoltosa. Per tali comportamenti ed evitare abusi, abbiamo sanzionato Coop. Su questo settore, l’attenzione è alta e abbiamo altri procedimenti all’esame.