La trasformazione digitale ha impresso un’evoluzione della shopping experience che ha reso il consumatore più sensibile e interessato alle best practices digitali. Determinate abitudini e comportamenti d’acquisto sono state abilitate da un ecosistema estremamente variegato, in cui i consumatori multicanali vivono in una doppia dimensione fisica e digitale in maniera sempre più fluida. In particolare, la progressiva adozione di una serie di tecnologie da parte di produttori e distributori rappresenta un patrimonio informativo preziosissimo, che il business deve essere in grado di gestire per capire le esigenze dei consumatori e mettere a punto un customer journey ad hoc.
Lo store fisco diventa digitale
Di fatto, cambia e si amplia il concetto di digital store, che non è più esclusivamente quello online, ma trova nel punto vendita fisico una sorta di prolungamento che concilia in maniera sempre più armonica online e offline in termini di esperienza e servizi. Dai social media alle soluzioni di digital signage in store, alle app a supporto dei programmi di fidelizzazione, alla gestione degli accessi ai dati di scontrinaggio, solo per citare alcuni ambiti, si è attivata una progressiva integrazione funzionale. Ciò è possibile ricorrendo alla data fusion, vale a dire al processo d’integrazione di dati derivanti da flussi informativi crescenti, a cui si possono applicare tecniche di analisi evolute come quelle appunto dei retail analytics. Infatti, nel momento in cui i processi del punto di vendita vengono digitalizzati nella loro interezza, si rendono disponibili un insieme di dati che, opportunamente utilizzati, consentono di raggiungere concretamente un’efficienza che vale diversi punti di fatturato e marginalità. Le case history degli ultimi tempi lo dimostrano ma, per raggiungere questi risultati, occorre che vi siano due pillar strutturali senza i quali un approccio data driver (pilotato dai dati) è impossibile.
Il valore dei dati
Un primo pillar è l’infrastruttura necessaria a processare digitalmente i processi nei punti di vendita generando e raccogliendo dati di processo: un esempio di infrastruttura è quello offerto dalla piattaforma Dws la cui applicazione sarà affrontata in un successivo articolo. Il secondo pillar è tutto lo strato software in grado di analizzare i dati e ricavare informazioni di business che di nuovo tornano in circolo determinando i processi del punto di vendita. In altre parole, efficienza, ottimizzazione dei processi e gestione dei rischi sono degli aspetti che se affrontati in maniera data-driven possono avere dei benefici dai retail analytics, che però per fornire delle analisi quanto più puntuali devono poter contare il più possibile sull’integrazione dei device coinvolti nello store e dei servizi di gestione in uso. La riflessione su questo punto va, allora, diretta su quali siano le tecnologie abilitanti per il retail analytics e per i suoi scopi. Di certo, intelligenza artificiale (AI) e il machine learning (ML) espanderanno il loro campo d’azione oltre l’interpretazione dei dati in senso stretto, per concretizzarsi in vere e proprie interfacce, audio e video. Ad esempio, non è difficile ipotizzare in un futuro prossimo l’esistenza di un assistente vocale che, nel momento di fare la spesa, comunicherà con le persone intente a fare shopping in store (e non solo), suggerendo la lista degli acquisti in base a ciò che conosce dello stesso acquirente, facendo sintesi tra qualità-prezzo, promozioni attive e magari pure esigenze di salute specifiche. Ma già oggi interazioni di questo tipo sono implementabili utilizzando i device specifici di alcuni reparti che sono diventati multifunzionali come, per esempio, le bilance.
Un ecosistema di touchpoint già disponibili
Se uno store fisico in grado di realizzare un approccio data driver è necessariamente digitalizzato: la buona notizia è che molti store alimentari e del largo consumo si ritrovano un insieme di touch point digitali in casa già disponibili per queste applicazioni. Un esempio è appunto nelle bilance distribuite nel libero servizio dell’alimentare di ultima generazione che sono device che contengono veri e propri computer multifunzione in grado non solo di generare e conservare dati, ma anche di attivare operation di tipo responsive. Oggi le bilance di punto vendita hanno conosciuto un percorso evolutivo che consente di essere utilizzate non solo per le operazioni per le quali sono acquistate e installate, ma anche per costruire una relazione con il consumatore. Diversi modelli dispongono di display di grandi dimensioni, fino a 15 pollici e permettono di dare informazioni all’utente finale di svariato tipo. Per esempio, i tempi di attesa nelle code ai banchi assistiti, le ricette del giorno, la gestione delle promozioni attraverso l’utilizzo di Qr Code, elementi di tracciabilità dei prodotti ben oltre quanto possibile con lo scontrino. E ancora attività di digital signage e molteplici informazioni al cliente finale. Non solo una possibilità relazionale ma anche di gestione e attuazione di processi che è tipica di un dispositivo con la potenza di calcolo di un computer e con la capacità di integrazione con la sensoristica instore. In particolare alcuni modelli di bilancia possono cambiare il prezzo delle etichette elettroniche e programmare tutte le stesse direttamente. Un altro set di processi particolarmente orientati alle pratiche digitali è la possibilità di gestire le code in funzione del traffico al bancone, dando la possibilità all’operatore di informare il cliente attraverso il display della bilancia la disponibilità del prodotto per il ritiro e il pagamento in cassa mediante un Qr Code. Un mondo, quelle delle bilance moderne, da esplorare e sfruttare.