“Il Pgt (Piano di governo del territorio) aveva l’ambizione di disegnare la Milano del 2030, e adesso siamo costretti a ragionare su come gestire al meglio la fase 2 della peggiore emergenza epidemica degli ultimi trent’anni”.
Pierfrancesco Maran delinea perfettamente la situazione kafkiana che stiamo vivendo tutti da marzo 2020. “L’emergenza Covid-19 ha colpito Milano nel suo massimo splendore da decenni: eravamo riusciti a trasformare una città mediamente interessante in una delle metropoli più ambite del mondo anche dal punto di vista turistico internazionale”.
Anche se il forte ridimensionamento del traffico a Milano (soprattutto in entrata nel capoluogo lombardo) non può che essere un fattore benefico per l’ambiente e i nervi dei cittadini, Maran di aspetti positivi di tutta la vicenda ne vede ben pochi: “ma in ogni situazione bisogna trovare il meglio; ora cerchiamo di crearci una normalità che ci consenta di convivere con il virus mantenendo viva anche l’economia”.
L’emergenza che stiamo ancora vivendo cambierà il volto di Milano?
Questa congiuntura sanitaria avrà certamente delle conseguenze perché la pandemia Covid-19 impatta tantissimo sul modello di vita delle città, di tutte le grandi città, Milano inclusa: pensare che, su questo fronte, non avvenga nulla è irragionevole. Già oggi è cambiato il modo di lavorare nel terziario, con lo spostamento a casa dell’attività tramite smart working, per non parlare dell’impatto sul mondo ricreativo e degli eventi culturali, sulla ristorazione e il turismo, due settori fortemente intrecciati e che hanno trainato la crescita di Milano negli ultimi anni.
Alcuni megaprogetti (penso a Westfield) sono stati sospesi. Qual è il sentiment degli investitori immobiliari?
La gran parte degli operatori immobiliari della città vuole mantenere vivi gli investimenti. È ancora prematuro capire cosa succederà nel medio termine. Ma i grandi progetti procedono, con qualche stand by; le pratiche sono tornate sui livelli del 2018, ma il loro numero resta molto significativo.
Cambierà la fruizione degli spazi pubblici?
Sicuramente cambierà molto nel primo periodo, alcune dinamiche psicologiche andranno scoperte strada facendo: nessuno adesso può prevedere quale sarà la propensione sociale dei cittadini, se manterranno il distanziamento per comprensibile timore o ritorneranno con più fiducia alle abitudini consolidate prima dell’emergenza. Noi siamo in contatto con altre importanti realtà metropolitane europee: abbiamo visto che tutte le grandi città non si sono chiuse in se stesse, riducendo drasticamente gli spazi pubblici, ma stanno affrontando piani di pedonalizzazione molto forti, con l’idea che nella nuova fase le città andranno vissute camminando il più possibile.
Nella strategia per la fase 2 di Milano stiamo, per esempio, puntando sulle corsie ciclabili e su pedonalizzazioni speciali per permettere alla ristorazione di recuperare all’esterno gli spazi interni necessariamente ridotti per esigenze di cautela. Un altro concetto cardine è che i cittadini debbano trovare tutti i servizi essenziali entro un quarto d’ora a piedi dalla loro residenza: è una strategia per valorizzare le qualità dei quartieri, per potenziare l’offerta nelle zone periferiche, recuperando alcune lacune verificatesi o non sanate negli ultimi anni.
È una rivalutazione della prossimità.
Non sappiamo se ci saranno nuove misure di contenimento sociale (lockdown), ma se ci ritrovassimo in quella situazione è meglio avere già servizi e aree facilmente raggiungibili: in estrema sintesi, se i milanesi hanno, giustamente, voglia di uscire la sera, è preferibile che non si riversino tutti sui Navigli, o su altre zone/destinazioni tradizionalmente attrattive sul piano della socializzazione, come l’Arco della Pace o l’Isola, ma contribuiscano il più possibile alla vita del loro quartiere.
Milano ha una popolazione di circa 1,4 milioni di abitanti, quindi una media per quartiere pari a 15.000 residenti, con ovvie differenze statistiche a seconda della densità (ci sono quartieri più popolosi, altri meno); è chiaro che l’offerta commerciale non può reggersi solo sui residenti fissi, ma la valorizzazione della prossimità può dare agli esercenti di zona un bacino più stabile di utenti.
Sono, però, spariti molti negozi dai quartieri. Penso alle librerie, alle drogherie.
Ne sono spariti tanti di servizi di quartiere, per molte cause, per esempio la competizione dell’online e gli alti costi di esercizio a partire dagli affitti; e a questo proposito bisogna vedere se il prossimo anno i livelli dei canoni di locazione scenderanno per consentire una maggiore sostenibilità delle attività commerciali. L’ipotesi che molti negozi possano non riaprire più, o spostarsi altrove, ci preoccupa molto.
Abbiamo una mappatura di tutti i servizi pubblici e privati della città: buona parte dei quartieri semicentrali ha già oggi una caratteristica di autosufficienza. Purtroppo ci sono ancora non poche diseguaglianze in questo senso, e a maggior ragione bisogna investire nelle aree più sprovviste in funzione di una migliore gestione di future emergenze.
Milano era diventata una città turistica a tutti gli effetti. Oggi il turismo è azzerato. Quanto durerà questo fenomeno?
Anche per il prossimo anno i movimenti dei viaggiatori saranno limitati e ridotti, e quindi cambierà molto la propensione turistica della nostra città. Il turismo di Milano è sempre stato molto intrinseco allo stile di vita meneghino più che alla città in se stessa: da qui lo stretto legame con lo shopping. Ecco perché dobbiamo concentrare le risorse pubbliche per sostenere il commercio di quartiere; le città che riusciranno a mantenere vivi questi asset saranno in grado di riprendersi meglio e più velocemente.
Turismo vuol dire anche socialità diffusa: a gennaio 2020 Airbnb prevedeva oltre 20.000 alloggi a disposizione, tant’è che pensavamo di limitare in qualche modo il fenomeno; ma oggi, a causa del Covid-19, ci sono 20.000 famiglie che hanno perso un’integrazione al reddito.
Fra i cambiamenti ci sarà anche una riduzione dei flussi in entrata?
Dobbiamo cercare di mantenere viva l’opzione dello smart working anche perché la capienza del trasporto pubblico è ridotta. Nel centro di Milano lavorano circa 300.000 persone, ma i posti auto a rotazione sono solo 10.000. Non siamo quindi in grado di gestire uno spostamento totale in auto, per non parlare dell’inquinamento che questo comporterebbe.
Noi consigliamo l’uso di mezzi alternativi all’auto per chi deve fare brevi tragitti (3-5 Km). A settembre dovremo gestire la riapertura di scuole e università. Credo sarà necessario puntare sulla differenziazione degli orari di lavoro.
PGT di Milano: alcuni concetti e numeri chiave
Il nuovo Pgt, approvato poco prima che esplodesse l’emergenza Covid19, riflette già un orientamento verso il verde, la sostenibilità, il recupero, la valorizzazione dei quartieri con la riqualificazione in atto di 80 piazze milanesi. Individua 1,7 milioni di mq di aree non più edificabili, tutela 3,5 milioni di mq di nuove aree agricole di cui 1,5 milioni per espansione del parco agricolo sud; e prevede 20 nuovi parchi dentro la città legati ai piani urbanistici, con manutenzione a carico del privato. Prevista anche la piantumazione di 3 milioni di alberi nella città metropolitana.
L’indice edificatorio massimo è 1 mq/mq. Questo indice scende a 0,7 per le aree meno accessibili.
Il Piano Quartieri prevede stanziamenti di 1,6 miliardi di euro in larga parte fuori dalla cerchia della 90/91.
Gli edifici abbandonati devono essere recuperati o abbattuti entro 18 mesi, pena una riduzione delle possibilità edificatorie.
88 QUARTIERI Questa è una delle novità: non più una fredda divisione in zone numeriche (9), ma il ritorno a una denominazione che rifletta le realtà urbanistiche e sociali storiche di Milano. Il Piano individua la necessità di realizzare una struttura portante della vita urbana collettiva che si fonda sull’identità dei quartieri, facilita l’insediamento del piccolo commercio e dei servizi privati, privilegia la mobilità pedonale e ciclabile.
13 NODI di interscambio
Il Piano prevede regole flessibili per instaurare condizioni di urbanità incrementando il mix funzionale, riqualificando lo spazio pubblico, superando le barriere infrastrutturali e migliorando le relazioni con gli ambiti circostanti
7 PIAZZE strategiche
Loreto, Maciachini, Lotto, Romolo, Abbiategrasso, Trento e Corvetto oggi sono snodi di traffico, passaggi tra centro e periferia.
Per questi spazi è necessaria una profonda trasformazione, con nuove funzioni affacciate sullo spazio pubblico, aree verdi e nuove relazioni con gli ambiti urbani circostanti.
Housing sociale
Dal 35% al 40% la quota obbligatoria di housing sociale con massimizzazione della quota affitto nella composizione dell’indice edificatorio.