La marca del distributore non è più e non è solo una leva della grande distribuzione, è diventata una vera e propria industria del commercio, che fornisce un contributo importante e strategico all’evoluzione del sistema Paese. Questo il messaggio, un misto di consapevolezza e orgoglio, lanciato durante il convegno di apertura della 14esima edizione di Marca alla fiera di Bologna, organizzato da Adm in collaborazione con European House Ambrosetti. L’auspicio di Adm, espresso per bocca del presidente Giorgio Santambrogio, è quello che la Mdd vada oltre il ruolo di marca per affermarsi come insegna, aprendosi la strada anche per l’estero.
I numeri
Un concetto non frutto di autoreferenzialità, ma basato sulle cifre. Anche se ancora lontana dalle percentuali di molti altri mercati europei (Regno Unito 41%, Germania e Spagna 34%), nel 2016 in Italia la Mdd ha raggiunto una quota di mercato del 18,5% nella gdo, con una crescita del 5,8% negli ultimi dieci anni. Il fatturato è stato di 9,8 miliardi: in dieci anni è più che raddoppiato, contro un aumento del 18% di quello dell’industria di trasformazione alimentare nel suo complesso. Questa crescita della Mdd ha pesato per il 30% sulla crescita totale dell’industria alimentare nel periodo 2007-2016.
Inoltre, secondo il report di European House Ambrosetti realizzato elaborando dati Adm, Iri e Istat, la Mdd ha un moltiplicatore tra i più alti dell’economia italiana: per ogni 100 euro di valore aggiunto generato dalla Mdd se ne attivano 260 sulle filiere collegate. La Mdd sostiene anche il made in Italy alimenare, perché la gdo ha rapporti con circa 1.500 imprese copacker, di cui il 91,5% è italiano.
Negli ultimi dieci anni i rapporti tra fornitori e distributori si sono strutturati e stabilizzati: se nel 2008 tre quarti dei contratti di fornitura non superava i 12 mesi, oggi il 98% supera i due anni e di questi quasi la metà ha durate superiori agli otto anni
Il numero di occupati supera le 200mila unità, pari al 3% dell’occupazione dell’industria manifatturiera e del commercio al dettaglio e all’ingrosso. Inoltre, ogni cento occupati diretti nella Mdd, se ne generano 190 nella filiera collegata. Si tratta anche di un’occupazione migliore rispetto alla media italiana per almeno tre aspetti importanti. Prendendo in considerazione i dati complessivi della gdo si nota come ci sia un 50% di occupati under 30 in più, un 48% di occupati donne in più e un 38% in più di contratti a tempo indeterminato.
Innovazione ed etica
Oltre a questo la Mdd negli ultimi anni ha saputo innovare molto, intercettando i bisogni dei consumatori in fatto di alimenti biologici, funzionali, free from e di alta qualità. Se nel 2006 la quota di referenze Mdd di fascia premium sul totale delle vendite in Italia era del 5,5%, nel 2016 era salita al 13,8%. Tra i comparti maggiormente coinvolti da questa tendenza l’ortofrutta di IV Gamma (dove la Mdd ha una quota di mercato del 58%), il biologico (41%) e i salumi take away (30%). Inoltre, il 96% delle imprese della gdo offre attività di formazione ai propri dipendenti contro il 60% della media italiana.
Nell’ultimo decennio
la gdo è stata anche in grado di ridurre i consumi di energia del 30%, ha ridotto i consumi di acqua e aumentato
Il recupero delle eccedenze alimentari dell’11%
Regole e competitività
“La Mdd è un’opportunità di crescita per tante aziende produttrici medio-piccole -ha detto il presidente di Coop Italia Marco Pedroni– noi abbiamo 500 copacker e abbiamo rapporti che superano i dieci anni. In questo modo permettiamo loro di investire e innovare”.
“La concentrazione della gdo italiana favorisce la Mdd -ha affermato il direttore generale del gruppo Selex Maniele Tasca- ma i prodotti a marchio del distributore italiani devono recuperare competitività rispetto a quelli nordeuropei, dove il loro posizionamento di prezzo è più basso, inoltre, serve aumentare la segmentazione territoriale”.
“Abbiamo bisogno di regole uguali per tutti e uguali dappertutto –ha auspicato l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese- penso ad esempio all’eCommerce e al fatto che spesso le norme cambiano da regione a regione”.