di Patrizia Romagnoli
La novità non sta tanto nella flessione dei consumi e nel mutamento dei comportamenti di acquisto, quanto piuttosto nel tentativo da parte del comparto di rimettersi in marcia. Le analisi contenute nel volumetto “L'industria dei Beni di Consumo in Italia” -fornite da Centromarca, IRI, Ref Ricerche e Ipsos, e voluto da IBC, l'associazione delle industrie dei beni di consumo- presentano dati non certo ottimistici, ma forniscono lo stimolo a individuare percorsi nuovi. Qualche dato: l'insieme dei beni di consumo (alimentare, tessile-abbigliamento, cura casa, cura della persona) vale il 22% della produzione industriale, il 23,7% del valore aggiunto, il 23,9% dell'occupazione. Dal 2008, anno d'inizio della crisi, il comparto ha però perso il 14% del giro d'affari e la diminuzione degli occupati è stata del 10%.
Le crisi stimolano a trovare nuove idee e nuovi percorsi. E, dalla discussione tenutasi in occasione della fiera Marca a Bologna, protagonisti il giornalista Antonio Calabrò, l'ad di Unes Mario Gasbarrino, l'ad di Arix Riccardo Melagri e il dg di Conserve Italia Angel Sanchez, emergono alcune direttrici di percorso. Il consumatore è cambiato-occorre focalizzarsi sui suoi nuovi bisogni; è arrivato il momento di rivedere la strategia di gestione del prezzo fra Idm/gdo, anzitutto uscendo dalla spirale perdente delle promozioni. Il punto forse più importante è il richiamo alle radici della cultura manifatturiera italiana, alla forze delle famiglie, a consolidare la ri-localizzazione (il rientro,cioè, delle iniziative di delocalizzazione all'estero) e nel contempo puntare sui mercati lontani, facendo leva sul fatto che il made in Italy resta comunque un punto di forza.