Loyalty: serve un approccio strategico e di lungo periodo

Una risorsa cruciale per qualsiasi retailer, ma serve un cambio di visione. Questo uno degli insight emersi dal Loyalty Promotion Monitor Event, in collaborazione tra Università Bocconi e TCC The Continuity Company

Come sta cambiando la loyalty e cosa richiede per ampliare il suo ruolo nel prossimo futuro? Al tema è stato dedicato un Osservatorio, che vede la collaborazione tra Università Bocconi e TCC The Continuity Company, che, in un anno di lavoro a livello sia teorico accademico sia con ricerche sul campo, ha prodotto il volume “La fedeltà del cliente. Teoria, misurazione e gestione”, presentato nel corso del primo Loyalty Promotion Monitor Event.

“Lavorare sulla loyalty significa parlare di trust, dimensione chiave della loyalty -ha spiegato in apertura dei lavori Sandro Castaldo, professore ordinario di marketing all'Università Bocconi e direttore scientifico dell Channel & Retail Lab di Sda Bocconi-. Questo vuol dire concentrarsi sulla creazione di valore, perché la loyalty cresce con la stabilità della customer base. Per questo diventa importante capire chi è un cliente fedele, come si crea la fedeltà e quali sono le sue conseguenze. Tutte sfide che richiedono logiche di lungo periodo, caratterizzate da relazioni più stabile, con le quali si corrono meno rischi. Lavorare sulla loyalty, quindi, significa lavorare sul valore di lungo periodo dell’azienda. Esattamente il contrario di quello che sta succedendo ora con tutte le operazioni di taglio prezzo e di breve durata. C’è anche un tema di misurazione della loyalty, per capire il valore del trust e della relazione”, ha continuato Castaldo.

Creare fiducia

Ma da cosa nasce la fiducia? Secondo la letteratura economica finora pubblicata e gli studi fatti (che il volume racconta in maniera approfondita) si ottiene quando le aziende sono in grado di soddisfare le aspettative dei clienti, i quali basano il loro giudizio sulle esperienze precedenti con quel brand/insegna, che incide sulla durata della relazione, e su elementi cognitivi legati a competenze, motivazioni non opportunistiche, integrità, comunicazione trasparente dei singoli brand/insegna.

E, in particolare, su quali chiavi un retailer deve lavorare per costruire una relazione di fiducia con i propri clienti? “Soddisfazione, value for money (vale a dire assortimento e promozioni) e mdd sono le leve su cui i retailer costruiscono la loro loyalty -ha sottolinea Castaldo-, ma, nel contesto oggi bisogna fare molta attenzione ai tagli prezzo e alle promozioni indifferenziate e a pioggia, tutte soluzioni che creano sfiducia nei clienti fedeli e che richiamano solo quelli opportunisti e nomadi. Per questo il mio sogno è quello di vedere ridurre di qualche punto le promozioni indifferenziate a favore di quelle di maggiore valore, che soddisfazione la relazione con i clienti fedeli”.

In questo senso, come ha anche sottolineato Emanuele Acconciamessa, Academic Fellow del dipartimento di marketing dell'Università Bocconi, l’analisi dei comportamenti di imprese e consumatori nel periodo inflattivo evidenzia come anche i clienti, pur sempre più esigenti, chiedano di avere qualcuno al loro fianco. “Studi recenti, almeno rispetto all’inflazione, evidenziano come sia maggiormente apprezzate le aziende partner, che hanno fatto attenzione all’aumento dei prezzi, rispetto a quelle opportuniste, che hanno cavalcato il fenomeno -ha precisato Acconciamessa-. Un comportamento destinato ad aumentare in maniera significativa, soprattutto da parte delle giovani generazioni, anche nei confronti della sostenibilità, trasformando la loyalty in qualcosa di più ampio, una natura multidimensionale, che mette insieme, contemporaneamente, attitudini e comportamenti reali”.

Misurare la loyalty

Un’altra delle tematiche riguarda la misurazione della loyalty e, per questo, è stata presentata da Lara Penco, PhD, professoressa ordinaria di management, dipartimento Economia e Studi aziendali dell'Università di Genova, una ricerca qualitativa (contenuta nel libro e basate sulle interviste a 26 retailer -13 food e 13 non food- e 17 manager dell’industria di marca) con lo scopo di capire lo stato dell’arte e il futuro da parte delle persone che, nelle aziende retail, si occupano di loyalty, considerata a tutti gli effetti parte integrante del marketing, un ambito sempre più ristretto. “È emersa una certa difficoltà delle aziende nel mettere insieme i desiderata dei consumatori a fronte della necessità di capire meglio la persona nel suo insieme, oltre comportamenti e attitudini per andare oltre quello che è già successo e intuire i comportamenti futuri -ha precisato Lara Penco-. Da qui l’importanza della loyalty predittiva, che non solo analizza i comportamenti di ieri e di oggi, ma anche quelli domani. Forse Ai e i sistemi ad essa collegati saranno in grado di dare un supporto nella lettura e nell’analisi di questi dati, anche se siamo convinti che l’intelligenza umana rimanga strategica per individuare situazioni e trend per migliorare l’engament e l’interazione del pubblico e accrescere l’ingaggio, elementi sempre più importanti di cui tenere conto oltre all’aumento dei clienti e delle vendite”.

Tre aree di lavoro per il futuro

Offerte personalizzate e crescita customer engagement

Nuove misurazioni, grazie a molteplici dati qual e quanti a disposizione dei consumatori

Nuove tecnologie in grado di effettuare automazioni e analisi predittive

Alcune conclusioni

Diventa sempre più essenziale mettere il consumatore al centro non solo delle strategie di fidelizzazione, ma dell’azienda stessa, oltre che adottare modalità di misurazione più efficaci con segmentazioni più dettagliate per capire meglio il ritorno degli investimenti e dove indirizzarli, in modo da non considerare più la loyalty un costo, ma una vera risorsa.

Secondo il gruppo di lavoro coordinato da Sandro Castaldo sono cinque le aree sulle quali vanno orientati gli sforzi per affrontare le prossime sfide, che devono anche tenere conto di un nuovo rapporto con i fornitori

  1. Sconti e promozioni generano comportamenti e flussi, ma solo strategie personalizzate possono trasformare i consumatori in clienti fedeli
  2. La loyalty non è solo un atto ripetuto nel tempo: vanno inserite anche le dimensioni cognitive attitudinali, coattive per conoscere i propri consumatori
  3. Importante monitorare tutte le fasi del loyalty journer, con misurazioni che considerino le varie dimensioni
  4. La loyalty non riguarda solo il marketing, ma deve entrare nelle strategie aziendali, a partire dall’Ad
  5. Per attuare operazioni efficaci nel lungo periodo, i retailer devono comprendono il why, le ragioni di certe politiche, non solo il what, integrando analisi comportamentali con approfondimenti e studi qualitativi

 

"Nelle relazioni umane come nelle strategie di marketing è tutta una questione di cuore, ma serve anche razionalità. Soltanto mettendo testa e cuore, aspetti cognitivi e comportamentali si possono realizzare strategie e politiche e operazioni che sappiano fare la differenza"

Fabrizio Losa, senior commercial director italua, iberia, latam di tcc

 

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