La Fondazione per la Sostenibilità Digitale, (prima Fondazione di ricerca riconosciuta in Italia che si dedica ad approfondire i temi della sostenibilità digitale), ha reso pubblici i dati di della ricerca “Smart Working: la sfida del digitale” effettuata su un campione rappresentativo della popolazione italiana in merito allo smart working. Per gli italiani il lavoro del futuro dovrà essere ibrido e i vantaggi connessi sono ben presenti nella percezione comune. In posizione di retroguardia le tematiche che riguardano gli strumenti tecnologici e digitali per attuare lo smart working.
Percezione comune
I cittadini dei grandi centri sono più convinti dei benefici dello smart working poiché fanno maggior uso di servizi digitali e mostrano una maggior attenzione alla sostenibilità. Secondo la rilevazione, il futuro del lavoro sarà una combinazione di lavoro a distanza e in presenza per il 79% degli abitanti delle grandi città e il 70% di quelli dei centri minori sotto i 3.000 abitanti.
La ricerca evidenzia che le persone individuano chiaramente i benefici nell'utilizzo dello smart working. Uno di questi è sicuramente la ricaduta positiva sull'ambiente che grazie a una riduzione degli spostamenti registra una diminuzione delle emissioni. Altro vantaggio dello smart working, per il 74% dei residenti dei piccoli centri e il 79% di quelli dei grandi centri, è il miglioramento del worklife balance. Con percentuali molto più basse ma comunque da considerate, per il 21% dei residenti dei grandi centri urbani e il 13% dei residenti dei piccoli centri, il lavoro a distanza può contribuire a favorire la parità di genere. In generale, considerato il maggior carico lavorativo per le donne, la maggior flessibilità nel lavoro le favorisce anche per altri fattori. Più in dettaglio, la tendenza a lavorare da remoto è più popolare tra le donne che vivono in grandi città, mentre in quelle più piccole sembra esserci una percezione più negativa dovuta alla minore disponibilità di servizi e risorse per la conciliazione tra lavoro e famiglia. Il 74% dei partecipanti delle grandi città è a favore, rispetto al 69% dei piccoli centri.
Il nodo produttività
Il tema della produttività per l'Italia è molto dibattuto. Implementare pratiche di smart working per le aziende e organizzazioni è vantaggioso in termini di produttività?
La ricerca ha evidenziato che in larga misura gli italiani pensano che lo smart working fa bene alla produttività: il lavoro a distanza è ampiamente accettato sia nei piccoli (75%) che nei grandi centri (74%) come strumento produttivo, soprattutto tra i più digitalizzati, suggerendo una maggiore accettazione da parte di coloro che hanno consapevolezza digitale. Chi non è orientato alla sostenibilità o al digitale sembra più scettico.
Nonostante i vantaggi riconosciuti, lo smart working presenta anche di punti deboli: uno di questi è l'isolamento sociale. Si tratta di una percezione che cambia in funzione della competenza digitale e dell'orientamento alla sostenibilità delle persone. In ogni caso secondo il 55% dei lavoratori dei piccoli centri e il 47% di quelli delle grandi città, il lavoro a distanza è responsabile della riduzione delle interazioni sociali.
Per Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, “Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati è la filosofia che sottende allo smart working. Una vera rivoluzione culturale che scardina consuetudini ed approcci tradizionali fornendo ai lavoratori flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. In questo nuovo contesto, la tecnologia gioca un ruolo estremamente importante. Smart Working e Digital Transformation si abilitano infatti vicendevolmente poiché se da una parte lo Smart Working ha bisogno delle tecnologie per concretizzarsi, dall’altra è esso stesso un’importante leva verso la rivoluzione di senso che porta con se’ la tecnologia digitale. E tuttavia, la tecnologia e lo smart workig non devono diventare strumenti di potenziale ghettizzazione, ma risorse per il lavoratore e per l’azienda”.