Enormi ricadute negative per la diffusione dell’agroalimentare made in Italy nel mondo derivano notoriamente dal fenomeno dell’Italian sounding, che indebolisce il posizionamento estero dei prodotti italiani. Con l’obiettivo di fare chiarezza sulla reale estensione del fenomeno e del suo impatto economico The European House - Ambrosetti ha realizzato un primo tentativo di ricostruire dal basso il fenomeno, partendo dagli scaffali della gdo internazionale con una survey a 250 retailer, somministrata nel mese di marzo 2022. Il campione individuato da Teh-Ambrosetti raccoglie una quota di mercato media del 46% del comparto retail alimentare per ciascun Paese, permettendo quindi di ottenere elevata rappresentatività statistica delle dinamiche nei mercati in oggetto.
Il sondaggio sull'Italian Sounding
La survey ha coinvolto dieci mercati e undici prodotti tipici del made in Italy agroalimentare per i quali il fenomeno dell’Italian Sounding è storicamente più marcato. I mercati sono Stati Uniti, Canada, Brasile, Regno Unito, Germania, Francia, Paesi Bassi, Cina, Giappone e Australia; i prodotti sono formaggi a grana dura, gorgonzola, prosciutto, salame, pasta di grano duro, pizza surgelata, olio-extra vergine di oliva, aceto balsamico, ragù, pesto e prosecco. L’obiettivo della survey è stato di approfondire la presenza di prodotti agroalimentari tipici della tradizione italiana negli scaffali dei supermercati di tutto il mondo; creare dei coefficienti per quantificare la discrepanza tra prodotti originari dell’Italia e quelli originari da Paesi esteri, pur essendo tipici della dieta italiana. Sono stati creati due coefficienti: il primo calcola la presenza di prodotti Italian sounding negli scaffali internazionali; il secondo consente di scontare il fenomeno dall’effetto prezzo, depurando la stima da quei consumatori stranieri che scelgono consapevolmente prodotti Italian sounding proprio perché hanno un prezzo più accessibile.
Primo coefficiente
Dall’analisi del primo coefficiente, il fenomeno risulta più marcato in Giappone, con una quota di prodotti non realmente originari italiani pari al 70,9%, poi Brasile con una quota pari al 70,5%, e Germania, con una quota del 67,9%. Guardando al cluster dei prodotti, l’Italian sounding è più marcato nel ragù, con una quota pari al 61,4%, nel formaggio a grana dura, con una quota del 61,0%, e nell’aceto balsamico (60,5%). Applicando il coefficiente al modello per ciascun mercato analizzato e ciascuna categoria tipica italiana emerge come il fenomeno dell’Italian sounding per questo cluster di analisi ammonta a 10,4 miliardi di euro. Questo valore pesa il 58% in più dell’export italiano degli stessi 11 prodotti nei 10 mercati considerati (6,6 miliardi di Euro). Partendo da questi risultati e correlandoli con il valore dell’export degli stessi prodotti nei 10 Paesi, è possibile risalire a un moltiplicatore dell’Italian sounding, pari a 1,58. Applicando il moltiplicatore di ciascuna area geografica al relativo valore di export agroalimentare italiano, risulta come il fenomeno dell’Italian sounding nel mondo vale 79,2 miliardi di euro. Cumulando questo risultato all’attuale valore di export nazionale di 50,1 miliardi di euro, il potenziale di export agroalimentare della filiera italiana raggiungerebbe i 130 miliardi di euro potenziali senza Italian sounding.
Coefficiente di sconto
Ma è stato preso in considerazione anche il coefficiente di sconto che tiene conto dell’effetto prezzo sulle scelte dei consumatori. Dall’analisi dei risultati della survey ai retailer emerge che più di 3 consumatori su 10 basano le proprie scelte di acquisto di prodotti della gastronomia italiana sul prezzo ridotto e non sul reale desiderio di italianità certificata. Attuando lo scorporo, il fenomeno si riduce a 6,8 miliardi di euro nel cluster di riferimento (il 3% e non più il 58% in più del relativo valore di export agroalimentare italiano). Rapportando il valore di Italian sounding con quello dell’export italiano nello stesso perimetro, ne emerge un moltiplicatore di Italian sounding pari a 1,03. Dalla riparametrazione del modello sull’intero valore di export agroalimentare italiano nel mondo, è possibile quantificare il fenomeno di Italian sounding nel mondo (depurato dall’effetto prezzo) in 51,6 miliardi di euro.
Tale affinazione metodologica consente di stabilire il potenziale valore “recuperabile” nel medio periodo, con una proiezione di export agroalimentare italiano che supererebbe i 100 mld di euro, più che raddoppiando l’attuale valore.
Ostacoli per abbattere l'Italian Sounding
A oggi, il fenomeno dell’Italian sounding è alimentato da una serie di ostacoli che non solo non consentono di superarlo, ma rischiano di amplificarlo ulteriormente. Tra le principali vi sono la scarsa conoscenza e consapevolezza delle valenze distintive del made in Italy agroalimentare da parte del consumatore straniero, le barriere all’accesso ad alcuni mercati, la limitata proiezione internazionale e conoscenza specifica dei mercati di riferimento da parte delle piccole imprese F&B italiane, le barriere di comunicazione tra i produttori italiani e i consumatori stranieri, la competizione al ribasso sui prezzi dei prodotti Italian sounding.
Giappone | 70,9 |
Brasile | 70,5 |
Germania | 67,9 |
Regno Unito | 64,9 |
Stati Uniti | 60,6 |
Paesi Bassi | 53,8 |
Cina | 52,9 |
Australia | 52,3 |
Canada | 49,5 |
Francia | 49,0 |
Ragù | 61,4 |
Formaggio a grana dura | 61,0 |
Aceto balsamico | 60,5 |
Pesto | 59,8 |
Pizza surgelata | 59,3 |
Prosciutto | 59,2 |
Pasta di grano duro | 59,2 |
Prosecco | 58,9 |
Salame | 58,5 |
Gorgonzola | 57,0 |
Extravergine d’oliva | 56,8 |