Il tema dell’incertezza, al centro de Linkontro NielsenIQ 2023, necessita un’analisi a monte relativa alle tematiche che hanno portato all’indebolimento del potere d’acquisto dei consumatori. A dare un quadro chiaro sull’assetto geopolitico odierno è Marta Dassù, editor in chief di Aspenia, la rivista di The Aspen Institute: “Abbiamo due temi caldi in agenda: il caso Ucraina e la Cina con il G7 di Hiroshima che sarà sicuramente tavolo di confronto sulla possibile gestione anticipata della questione cinese. Un punto flessibile d’accordo viene rappresentato dal termine ‘derisking’, riduzione dei rischi”. Se negli anni Novanta i sette paesi del G7 ricoprivano il 52% del commercio globale, oggi quella percentuale cala al 27%: “Quello che è cambiato rispetto a ieri è che allora si pensava che la crescita economica avrebbe prodotto non solo pace -prosegue Dassù-, ma anche convergenza dei sistemi politici, con l’inserimento della Cina all’interno della World Trade Organization, aumentando così le chance che la potenza asiatica diventasse azionista di responsabilità di un’organizzazione di stampo americano. Oggi non è più così: siamo nell’età della divergenza”. Un assetto divergente dal punto di vista politico, ma anche caratterizzato da un’interdipendenza economica molto forte.
“Dal canto suo, Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare cinese, gioca la carta del nazionalismo -spiega Marta Dassù-: non lo si dice mai, ma la Cina ha grossi problemi economici avendo registrato una crescita del 4% dopo il Covid, un dato basso rispetto al passato. Oggi il Paese asiatico è nel buco nero del declino demografico con il terrore di diventare vecchia prima ancora di diventare ricca”. Non può che puntare, quindi, alla crescita interna, ma con grandi difficoltà perché l’export resta per i cinesi un indiscutibile driver di crescita. L’ambizione storica di riannettere l’isola di Taiwan sembra un tema essenziale nella politica di Xi Jinping. In questo contesto l’Europa viene definita expost poiché, fin tanto che l’Ue non avrà una soluzione per la gestione della Cina, sarà subordinata in qualche modo dalle scelte americane. Il secondo tema caldo in agenda riguarda l’Ucraina, una questione in cui la Cina è sin dall’inizio attore cruciale: l’asse Xi-Putin è sempre stato centrale in questa vicenda con il presidente cinese che avrebbe potuto essere mediatore con i russi in favore di una pacificazione, vivendo al contempo un grande parallelismo con la questione taiwanese. “La realtà di cui si parla poco è che in realtà Cina e Russia si potrebbe dire che si odiano -chiosa Dassù-. L’Asia centrale è sempre stata contesa tra le due potenze e a tenere in piedi i rapporti è l’unico punto in comune: contenere l’influenza statunitense. Indubbiamente, i cinesi non si spingono al reale sostegno dell’azione di Putin in Ucraina consapevoli dei rischi per l’economia globale che inciderebbero sui loro portafogli”.
A pagare i costi del conflitto è indubbiamente l’Europa e, nello specifico, l’Italia, oltre ad aver subito direttamente ripercussioni economiche e di approvvigionamento, risente del rapporto ambiguo sul tema cinese relativamente alla firma del memorandum sulla via della seta del 2019: un progetto non meramente economico, ma strategico. “Risolvere questa problematica è costoso per il nostro Paese e uscire dal memorandum significherà sicuramente subire ritorsioni commerciali nei nostri confronti da parte della Cina -sottolinea Marta Dassù-. L’auspicio è riuscire a negoziare un accordo commerciale di tipo diverso”.