La linea di partenza non è uguale per tutti: nella vita, nel mondo del lavoro e nemmeno quando si tratta di farsi ascoltare su un palco, dove una donna, un afroamericano o una persona in sedia a rotelle quando salgono devono spesso fare uno sforzo maggiore per spostare l'attenzione dal loro aspetto alle loro parole. Così Francesca Vecchioni, presidente dell'associazione Diversity, porta sul palco di Linkontro NielsenIQ 2022 il tema della D&I.
"Il nostro mondo è composto da una serie di categorie sotto-rappresentate e da una serie di persone su cui pesano una serie di stereotipi al di là di merito, competenza e capacità: genere, etnia, età, disabilità, orientamento sessuale e non solo", sottolinea Vecchioni. Si tratta di bias e pregiudizi culturali che gravano sulle persone singole ma anche sulla possibilità di un'intera organizzazione e società di esprimere il proprio potenziale. Espressioni linguistiche standard e che continuano ad esempio a utilizzare appellativi maschili per cariche al femminile sono solo uno dei tanti aspetti che mostrano come il fenomeno abbia radici profonde. Le stesse donne ne fanno uso per timore di perdere di autorevolezza se non lo fanno, magari utilizzando come motivazione il fatto che il termine "non suona bene". Eppure, il modo in cui pensiamo forma il modo in cui parliamo, ma anche viceversa: non si tratta, quindi, di questioni di superficie, ricorda Vecchioni. "Parlare in modo inclusivo significa pensare in modo inclusivo".
Non si tratta, ancora una volta, solo di buoni valori, ma di aspetti strategici per il business sia all'interno (esempio: il team omogeneo porta meno innovazione per sua natura), sia all'esterno (trasformare il target in ambassador grazie al fatto che si sente autenticamente incluso dal brand). "La D&I non è il fine da esprimere con tono paternalistico, ma è il mezzo, la leva per riuscire ad ottenere tutti gli altri scopi e risultati".
