Attenzione a idolatrare la presunta insostituibilità dell'esperienza d'acquisto in negozio, ma anche a considerare i risultati di vendita sul canale offline ed online come qualcosa di disgiunto, anziché sinergico e da leggere in modo omnicomprensivo. L'evoluzione degli acquisti degli italiani in ambito moda lo dimostra. Parliamo infatti di un settore che, pur esprimendo nello store fisico tutto il proprio potenziale tangibile, già da tempo vede crescere i propri numeri su marketplace e store digitali, grazie a fattori come la vastità di assortimento e la capacità del servizio di delivery e reso di rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti, sempre più a loro agio con le suddette procedure.
Gli ultimi dati presentati da banca online N26 in occasione del mese della moda 2022 (Parigi, Milano e Madrid) sono alquanto significativi in tal senso e sono stati raccolti analizzando il numero e la spesa media per transazione tra giugno 2021 e giugno 2022 di 120mila clienti dell'azienda in Italia.
Lo shopping non è per tutti un'attività di intrattenimento
Una prima interessante evidenza è che l’online risulta il canale principale di acquisto per ogni categoria moda (sport, lusso, seconda mano e così via), sia guardando al numero di transazioni effettuate (553.000) che all'importo medio speso, quasi raddoppiato quando si tratta di acquisti online: 152 euro contro 77 euro. L'unica eccezione, per il momento, sembrerebbe quella del fast fashion lato spesa media (+49% l'offline), mentre nell'alto di gamma la spesa media per transazioni online supera addirittura del 216% quella effettuata nei negozi fisici (566 euro contro 179 euro). E non parliamo, nel complesso, di un trend che coinvolge primariamente il mondo femminile, anzi: gli uomini superano le donne sia per numero di transazioni (+6%) che per spesa media (+24%), in particolare nello sportwear, dove le transazioni rispetto alle utenti si attestano a +228%. Soffermandoci su questo dato, ne facciamo derivare un'interpretazione che si ricollega al ruolo del negozio fisico: per il target maschile, infatti, quest'ultimo potrebbe infatti avere ancora meno appeal proprio perché, ad esempio, richiede un tempo superiore per l'acquisto e "complica", se così vogliamo dire, un'esperienza che per alcuni non deve essere preferibilmente "ricca" bensì efficiente (lo sportwear, a conferma ulteriore, ha per la natura stessa della categoria un processo di scelta generalmente meno impegnativo). Non è un caso che su portali come Zalando i prodotti nettamente più acquistati siano quelli nella parte alta della pagina e che Amazon in Usa sia riuscito a diventare il primo player per la moda: non a tutti interessa lo shopping come attività di intrattenimento e alla quale dedicare il proprio tempo libero, ed è un fatto che tutto il retail dovrebbe tenere sempre a mente. Vale anche che per il mondo della gdo e dei supermercati, che spesso trattano ancora l'attività di spesa e il punto di vendita come mero espositore di prodotti dove non si prova ad offrire alcun valore aggiunto rispetto agli altri canali. Eppure, anche la spesa settimanale è per molti una mera attività funzionale e ripetitiva, che non ha nulla a che fare con il "giro domenicale all'Ikea".
La digitalizzazione dei consumi non è cosa (solo) per giovani o ricchi
Non si tratta di un discorso che, come spesso erroneamente avviene, va relegato al mondo degli Zeta e dei giovani adulti. I dati sempre relativi alla moda ci dicono che, per lo meno nel post pandemia, anche le differenze generazionali sembrano appianarsi quando si tratta di acquisti online: nella classifica della spesa media per transazione, ad esempio, subito dopo i Millennial (207 euro), al secondo posto seguono gli over 50 (175 euro). Un interesse verso la moda online confermato anche dal numero di transazioni effettuate, che vede gli italiani tra i 50 e i 54 anni come i “big purchaser” della categoria over, con +43% di acquisti rispetto ai 55-59enni. La digitalizzazione dei consumi, in sintesi, riguarda tutte le fasce anagrafiche. A ulteriore conferma che in ambito lusso i più alto-spendenti siano gli italiani tra i 60 e i 64 anni (800 euro in media), sebbene con un numero di transazioni inferiori. Seguono i 35-39enni (760 euro in media), per i quali il comparto diventa come ovvio più accessibile in un momento della vita in cui la carriera professionale consente una capacità economica diversa.