Svicom è un’azienda che “pensa già in rosa” come dice Letizia Cantini, direttore generale e partner della società, riferendosi all’incidenza delle donne nello staff Svicom a tutti i livelli: il 53%, 5 su 10. In questo Svicom è in controtendenza rispetto al mercato. Nel real estate i margini, soprattutto nella top line, per l’avanzamento femminile sono ancora molto ampi. Letizia Cantini ama citare una frase di Margareth Thatcher che, riferendosi al suo ruolo di Premier britannico, diceva (e noi parafrasiamo): “Una donna al vertice di un Paese deve avere nervi d’acciaio tempra di ferro e un marito d’oro”. È la regola dei tre metalli. Potremmo dedurre che Letizia possegga nervi d’acciaio e tempra di ferro perché, essere nel top management di Svicom, una delle più importanti e dinamiche società di gestione immobiliare nel panorama italiano, non è “impresa da pigliare a gabbo” come direbbe il fiorentino Dante (Inf. XXXII, 7), toscano come Letizia, che è di Pistoia, per l’esattezza. La regola dei tre metalli è suggellata da un marito d’oro, giurista affermato, al suo fianco da oltre dieci anni. Letizia Cantini assunse a 37 anni l’incarico di chief operating officer in Svicom, dopo essere stata la più giovane dirigente del sistema Coop italiano e aver ricoperto dal 2013 il ruolo di direttore del patrimonio immobiliare e di direttore tecnico di Unicoop Firenze.
“Ero davvero giovane allora” commenta Letizia, come se non lo fosse ancora: per gli standard italiani essere direttore generale di una società come Svicom a 40 anni è più un record che la normalità. Eppure, per gli standard europei non è così. Un/una manager trentacinque-quarantenne è già una senior per una società inglese, tedesca o francese. Per noi italiani è giovane.
Com’è la situazione, e quali prospettive vede, dal punto di vista del ricambio generazionale nel retail e soprattutto nel management dei centri commerciali?
Devo dire che tutta la filiera del retail offre uno spaccato, in termini di genere e di generazioni, abbastanza complesso e composito. Se lavorare nel retail e nei centri commerciali era già impegnativo prima, la pandemia ha ulteriormente complicato le cose, disincentivando l’interesse dei giovani verso le professioni della nostra industria: nei momenti clou della crisi epidemiologica, soprattutto nel 2020, abbiamo visto un’intera classe di shopping centre manager impegnati in prima linea, presenti e attivi quasi a tutte le ore, festivi compresi, e coinvolti in problematiche nuove, tecniche e di sicurezza. Insomma, sono dinamiche di lavoro poco confortevoli, distanti dalla scrivania o dallo smart working. Ci vogliono motivazione e caratteristiche fuori dal comune. Sempre con riferimento alle figure di management in loco degli asset retail, il ricambio generazionale è lento: lo zoccolo duro è ancora rappresentato da professionisti nati negli anni Sessanta e Settanta i quali nel tempo potranno impiegare la loro esperienza millimetrica in altre funzioni, lasciando la gestione sul campo a generazioni più giovani, portatrici di energie nuove e formae mentis contemporanee.
Aggiungo poi che abbiamo bisogno di più donne. Nell’ambito del mid-management vedo molte più presenze femminili rispetto al passato. Non è così nelle figure apicali pressoché in tutta la filiera del retail real estate dove alla questione di genere si unisce quella di generazione. L’Italia è al di sotto degli standard europei. Le donne in Italia diventano dirigenti passati i 40 anni, e questa per gli standard europei non è giovinezza.
A livello di shopping centre management, invece, le quote rosa sono più significative?
Il direttore del centro commerciale è una figura tradizionalmente maschile. Non ci sono dati precisi sul numero di donne shopping center manager, la percezione è che sia al di sotto del 20% e tendenzialmente over 40. Nel più recente sondaggio condotto da Urbistat (2019), al contempo, emergono dati interessanti sull’età media degli shopping center manager: l’87% rientra in una fascia anagrafica tra 40 e 60 anni (40-50, 57%; 50-60, 30%). Solo il 10% è fra i 30 e i 40 anni. Attraverso l’organizzazione, la formazione, le nuove tecnologie e metodologie, si possono aprire nuovi confini e prospettive, proprio per le donne e per i più giovani. L’identikit dello shopping centre manager, infatti, è cambiato: la maggior parte dei direttori ha una laurea in discipline economiche o giuridiche, ma oggi c’è bisogno anche di altro. Gestire un immobile, soprattutto di nuova generazione, richiede competenze ingegneristiche e digitali, dieci anni fa inimmaginabili.
Lei è ottimista sul futuro dei giovani nel retail real estate?
Io ho grande fiducia nelle giovani generazioni. Siamo in un momento storico di cesura, sta cambiando il mondo del lavoro, dell’università, così come continuano a modificarsi gli stili di vita. Siamo di fronte a una società liquida; bisogna coglierne le opportunità e dare ai giovani gli strumenti per farlo.
Non credo di appartenere alla cosiddetta Next Generation, ne sono, però, una promotrice e sostenitrice. Vivo appieno il dualismo tra l’essere considerata “giovane” nell’accezione italiana di top manager e al tempo stesso già “senior” se si varcano i confini del nostro Paese. Questo mi porta a una riflessione sul concetto di seniority, di esperienza e di know-how che deve prescindere dall’età anagrafica. È compito della mia generazione di manager e professionisti formare chi è più giovane, anagraficamente, ma ha già le competenze e la determinazione per affrontare le sfide del nostro settore.
In Svicom qual è la vostra impronta distintiva sul tema?
Devo dire che siamo in controtendenza rispetto a tanti interlocutori della nostra industry. Svicom è una società che “pensa in rosa”, con una forte presenza femminile (circa il 53%) a tutti i livelli, dal top management allo staff di direzione dei centri. Ampio spazio è dato anche ai più giovani: la media anagrafica del dipartimento marketing e digital è di 30 anni. A livello di shopping centre manager, il 30% sono professionisti under 40, solo per citare alcuni esempi. Crediamo nel ruolo centrale della formazione continua, da un lato, coltivando un vivaio interno di giovani professionisti a cui offriamo opportunità di studio ed esperienze sul campo su temi trasversali e complementari al mondo del real estate; dall’altro, diamo spazio ai senior per affinare il loro know-how con nuove e più incisive competenze specifiche.
Tutto questo è possibile grazie al tessuto di relazioni sviluppato nel tempo con università e centri di formazione post-laurea per i quali, in molteplici occasioni, siamo un partner privilegiato per approfondire i temi salienti connessi alle principali figure professionali del nostro settore. Il futuro è davvero nelle mani dei giovani, un concetto che sembra ripetuto e retorico, ma che in realtà ha ben poco di banale. In Svicom ci crediamo e mettiamo in pratica azioni concrete per valorizzare e coltivare la prossima generazione di manager e professionisti della nostra industry.
ETÀ MEDIA ALTA
Anche l’Adcc (Associazione direttori centri commerciali) conferma che la quota rosa è ancora bassa: raggiunge appena il 10%. Eppure, i centri commerciali sono ben messi nell’uguaglianza di genere, che è anche uno degli 8 Sdg su cui sta lavorando il Cncc: “i centri commerciali sono all’avanguardia da tempo in questo ambito: già oggi la quota rosa è al 60% degli addetti totali” precisa Roberto Zoia, presidente di Cncc.
Oggi l’età media dei direttori di centri commerciali in Italia (45-52 anni), è piuttosto alta, e il motivo secondo Adcc, è che il direttore non è più visto come figura determinante per il management del centro commerciale: “un giovane neolaureato con ambizioni e tanta voglia di mettersi in gioco esiterebbe ad assumere il ruolo di direttore, sapendo che sta diventando ormai marginale” commenta Gaetano Graziano, vice presidente Adcc.
SVICOM, CIFRE CHIAVE
120 le persone del team Svicom
53% la quota rosa
40 anni l'età media del team
+5% i nuovi assunti nel 2020-2021