I dati ci dicono che l'economia della seconda mano è in continua ascesa, basti vedere la spinta di app e piattaforme che favoriscono compra-vendita ma anche scambio dei relativi beni, da Vinted al nuovo rivale Wallapop. E anche se il termine mercato dell'usato è un onesto sinonimo di lunga data, "second hand economy" è la variante trendy del vocabolario che meglio incarna il più ampio spirito associato alla pratica.
Nel 2020 questo settore valeva 23 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil italiano e l’online, che continua a crescere, pesava per il 46%, ovvero 10,8 miliardi di euro (Osservatorio Second Hand Economy condotto da Bva Doxa per Subito). La diffusione della second hand, poi, sale per alcune categorie specifiche, come laureati (66%), GenZ (65%) e famiglie con bambini piccoli (63%).
Per la piattaforma Subito.it si conferma anche un 2021 con trend positivo, dove cresce a doppia cifra il traffico in piattaforma (+12%), che supera 1,6 miliardi di visite, ma cresce anche il numero di annunci pubblicati sia a totale anno (49 milioni di annunci, +15%) sia come media giornaliera (136.000, +9,7%). Aumentano, soprattutto, le persone che fanno second hand: solo sul portale sono oltre 2,6 milioni ogni giorno (+10,6%). La stessa app di Subito è stata scaricata 6,5 milioni di volte, con un +29% rispetto alla media dei tre anni precedenti.
La crisi da pandemia e l'inflazione attuale hanno certamente un ruolo centrale nella ricerca di nuovi modi per risparmiare, ma non si tratta solo di questo, si tratta di un cambiamento culturale che vede coinvolti innanzitutto i giovani. Lo status symbol legato al "nuovo" sembra aver perso appeal in linea con un maggior senso di responsabilità nei confronti delle risorse planetarie, ma anche di chi ha meno (la disuguaglianza sociale è emersa come non mai con il Covid). Il riutilizzo è diventato una nuova modalità di espressione creativa da condividere sui social e che gli stessi brand provano a ispirare, ponendosi come facilitatori in tal senso (i vasetti Nutella, le magliette in plastica recuperata dal mare e così via).
Come già evidenziato in precedenza su queste pagine, l'ondata green e sostenibile odierna, che un tempo era "cosa da hippy", nobilita le necessità di risparmio trasformandole in scelta etica e di posizionamento. Chi meno spende, dal trovare le offerte migliori a rivendita e riuso, non è il più povero ma è il più smart e attento all'ambiente: un cambio di narrazione che si ritrova anche nella comunicazione promozionale dei nuovi intermediari (il "se non lo usi, vendilo, così sei anche sostenibile"). Questo fenomeno, peraltro, si associa a quello apparentemente contrastante, ma in realtà con elementi in comune, della yolo (you only live once) economy, dove il comprare l'oggetto del desiderio significa anche comprare meno ma meglio.
Secondo i Fjord Trends del 2022, "nell'ultimo anno, molti di noi sono stati testimoni e hanno avuto esperienza diretta di scaffali vuoti, bollette energetiche in aumento e carenze nei servizi quotidiani. Mentre la scarsità determinata dalle carenze logistiche potrebbe essere una sfida temporanea, il suo impatto persisterà e porterà a un cambiamento della nostra idea di abbondanza – basata su disponibilità, comodità e rapidità dei beni di consumo – e ad una maggiore coscienza ambientalista".
Intanto, guardando ai numeri di un settore che è tra i più toccati dall'usato, si conferma il calo dei consumi a gennaio 2022 per abbigliamento-accessori. Una tendenza indubbiamente legata al contesto economico generale, ma che in parte rispecchia quanto sopra. Non resta che da vedere cosa resterà del "vecchio consumismo" sul lungo termine, a reale fine di questa emergenza sanitaria. Se è infatti ingenuo aspettarsi che il consumo eccessivo scompaia in quanto tale, è lecito aspettarsi che qualcosa di questi nuovi segnali si consolidi e cambi parte del modello.