Il posizionamento di Ikea rispetto all’ambiente non è una novità e i principi sono circolarità nel design anche per i servizi, più materiali riciclati o riciclabili, legno da fonti di approvvigionamento sostenibili, energie rinnovabili, cibo plant based per i ristoranti. Obiettivi messi nero su bianco che si sono dimostrati a prova di business: nonostante la situazione internazionale, nell’anno fiscale 2022 le vendite di Ikea Retail sono state pari a 39,5 miliardi di euro, in crescita del +5,6% rispetto all’anno precedente. In questo contesto, cosa significa sostenibilità ambientale per Ikea? Ne parliamo con Laura Tondi, sustainability manager Italia.
Quali sono i cardini della sostenibilità per Ikea?
Il purpose di Ikea è creare una vita migliore per la maggioranza delle persone. Vogliamo essere un’azienda democratica, entro i limiti che impone il Pianeta. Quindi le parole chiave sono people e planet, con una strategia che si declina in 3 pilastri: healthy and sustainable living, climate & circular, fair & equal. Il primo concetto è legato al prodotto, nel senso che Ikea vuole raggiungere la maggioranza delle persone con i propri prodotti anche proponendo stili di vita sostenibili, anche attraverso i coworker, dunque con autenticità. Vogliamo scardinare il dogma che la sostenibilità sia solo per i ricchi e siamo molto attenti anche alla comunità.
Il secondo pilastro si riassume nell’obiettivo di Ikea a livello globale di essere climate positive entro il 2030 e di trasformare il business in senso circolare. Fair and equal, infine, è riferito alle persone, clienti e coworker, che vogliamo sostenere dando loro opportunità, perché possano autodeterminarsi.
Concretamente, come si passa da un modello lineare di business a uno circolare?
Con un cambio di paradigma totale, dalla supply chain, per tutta la catena del valore, fino al prodotto e al waste, che diventa risorsa. L’angolo della circolarità, che prima era l’angolo delle occasioni, in negozio, diventa un esempio di integrazione della sostenibilità nel business. Il primo passo è il presidio totale della supply chain con sourcing di materie prime incrementalmente da fonti rinnovabili o riciclabili: è la nostra ambizione da qui al 2030; nel 2021 siamo stati al 56% di materie prime da fonti rinnovabili e il 17% da materiali riciclati, packaging incluso.
Cosa fate rispetto al prodotto?
Viene ripensato in maniera circolare, perché sia possibile smontarlo in modo semplice, con parti standard utilizzabili anche su altre tipologie di prodotto, parti di ricambio disponibili in caso di rottura. Abbiamo vagliato 9.500 prodotti Ikea e sviluppato uno strumento interno per misurare il livello di circolarità del mobile o accessorio: si tratta di una scorecard con 8 aspetti in base ai quali si dà un punteggio. L’obiettivo è rendere la maggior parte dei prodotti al 100% circolari, o almeno riciclabili, un’opzione che avviene per tutti i nuovi lanci. Un lungo percorso, che parte da investimenti importanti.
Come coinvolgete i clienti?
Con tante iniziative. In Ikea il black friday è un green friday: abbiamo inaugurato con l’associazione Anteas i seminari “Di generazione in rigenerazione” sulla rigenerazione, riparazione e riuso dei prodotti, con persone over 60. Attività di ispirazione e di apprendimento, anche per i coworker, ad esempio nell’area learn and share dell’angolo della circolarità, per condividere buone pratiche di riuso e riciclo.
Sostenibilità significa rassegnarsi a vendere di meno?
I numeri del 2021 dicono il contrario. In realtà la circolarità porta con sé una serie di smart economy che contribuiscono al guadagno. Pensiamo ai servizi: chi solo pochi anni fa avrebbe mai pensato, in Italia, di noleggiare mobili? Una realtà parallela che stiamo cominciando a esplorare e Ikea, come azienda scandinava, partiva avvantaggiata. La scelta di posizionare pannelli solari su tutti i negozi, il riuso dell’acqua piovana, sono scelte fatte prima che si parlasse di sostenibilità e climate change. E poi, l’Europa con il green deal punta alla neutralità climatica entro il 2050: il cambiamento per l’industria è volontario, ma fino a un certo punto.
È cambiato qualcosa in questi due anni?
La strategia è la stessa, abbiamo accelerato su alcuni investimenti, come nella copertura totale dei negozi con pannelli solari e nel passaggio a fonti di energia rinnovabile. Nelle zone urbane stiamo testando le consegne con veicoli elettrici. Il 50% della nostra offerta food sarà plant based entro il 2025. Inoltre, in Italia c’è una task force dedicata all’ottimizzazione dei consumi, seguendo le indicazioni del Governo, in questa fase. Accanto al ritorno in termini di footprint, va aggiunto quello culturale: con 21 negozi in Italia e 7.500 coworker, 231.000 a livello globale, 822 milioni di visitatori nel canale fisico e 4,3 miliardi in quello digitale, le scelte e i suggerimenti che diamo pesano nel cambiare l’attitudine delle persone. Proprio per i coworker il ceo Jasper Brodin ha creato un manuale che racconta i progetti e l’ambizione di Ikea nell’ambito della sostenibilità, con un focus specifico sul tema del cambiamento climatico; perché le persone sappiano e diventino loro stesse autori di cambiamento.
E come comunicate ai consumatori?
Quest’anno la campagna Gesti concreti con Legambiente unisce trasparenza, convenienza e informazione per la sostenibilità, oltre a essere una best practice che abbiamo condiviso con le altre country. Legambiente ci ha aiutato a misurare concretamente il risparmio, sia economico che ambientale, che possono portare alcuni semplici comportamenti. Essere sostenibili spesso non significa rinunciare, ma cambiare abitudini: Ikea suggerisce come fare e offre a tutti prodotti per metterlo in pratica; soprattutto i più giovani apprezzano questo approccio.