Negli ultimi mesi abbiamo parlato di cambiamento climatico, biodiversità e anche di pandemia. Ma oggi non si può non parlare dell’invasione dell’Ucraina, che avrà ripercussioni molto serie su approvvigionamento e prezzi di diversi generi alimentari. La Banca Mondiale si attende incrementi dell’ordine del 23% a livello globale nel corso del 2022, che seguono a un +31% già nel 2021. Russia e Ucraina non sono solo immensi granai da milioni di ettari, ma anche i principali esportatori di semilavorati per la produzione alimentare a livello mondiale e di materie prime per produrre fertilizzanti.
L’emergenza non riguarda solo la difficoltà di produrre cibo a sufficienza, ma anche l’incapacità di immagazzinarlo e distribuirlo in modo sicuro ed equo in un momento tanto drammatico. Per prevenire questa crisi alimentare occorre un’azione rapida, ad ampio spettro e coordinata, che coinvolga organismi internazionali, paesi sviluppati e in via di sviluppo, settore pubblico e privato. I paesi sviluppati dovranno finanziare programmi internazionali e, se esportatori netti, mettere a disposizione parte delle proprie scorte. I paesi in via di sviluppo, oltre a collaborare nella distribuzione degli aiuti umanitari, dovranno dare nuovo impulso al proprio settore agricolo, incentivandone volumi di produzione e capacità di stoccaggio interno.
Il settore privato, oltre all’aiuto materiale alla popolazione ucraina, dovrà mettere a disposizione modelli di business che permettano la ripresa del settore agricolo dopo la guerra. Fondamentale sarà l’impegno multilaterale e sociale, di governi, esportatori e importatori. “Feed the world” cantava il ritornello di Bob Geldof con la Band Aid a Natale del lontano 1984... beh, sarebbe ora di passare dalle strofe ai fatti!