La generazione Z è pronta a spendere, lavorare (e sposarsi) nel metaverso

Il metaverso per i giovani è lo spazio del futuro, non solo lato intrattenimento e shopping, ma anche per la vita professionale e privata

Dopo essersi incontrati circa 7 anni fa per la prima volta nel mondo virtuale, Traci e Dave Gagnon hanno deciso di sposarsi simultaneamente sia offline, nel New Hampshire (Usa) che online. A settembre 2021 i loro avatar hanno camminato lungo il corridoio, accanto a quelli degli invitati, seguendo passo a passo i loro corpi in carne ed ossa, il tutto in una cerimonia organizzata da Virbela, società che costruisce ambienti virtuali.
Quello sopra è solo uno dei tanti esempi di come il metaverso, o meglio una sua versione ancora agli albori, si stia progressivamente concretizzando, tra investimenti crescenti da parte dei brand, depositi di brevetti per prodotti digitali e in generale la nuova creazione di esperienze sempre più coinvolgenti e all'avanguardia. Non si tratta solo di tecnologia, ma di un diverso lifestyle, di una nuova forma mentis ibrida che non ha difficoltà a spostarsi tra una dimensione e l'altra, soprattutto se parliamo di giovani.

Una ricerca condotta da Vice Media Group e Razorfish (agenzia Publicis Groupe) traccia un quadro molto interessante di quello che la generazione Z si aspetta dal metaverso e dalle stesse aziende in questo spazio. La predisposizione a trascorrervi gran parte del proprio tempo è elevata e poggia sul crescente successo del gaming. Da notare che secondo i dati Newzoo 2021 ben un terzo della popolazione mondiale utilizza i giochi digitali, ovvero 2,96 miliardi di persone, numero destinato a crescere ulteriormente. In questo contesto, il 20% della generazione Z prevede di indirizzare il proprio budget assegnato a intrattenimento e tempo libero agli acquisti in-game nei prossimi cinque anni. Oltre la metà (57%) degli intervistati ha affermato di sentirsi più libero di esprimersi nei giochi rispetto alla vita reale, mentre il 45% ha affermato che la propria identità di gioco lo rispecchia meglio di quella offline. Rispetto a ciò che la generazione Z vuole vedere dai marchi, il 46% ha citato prodotti ed esperienze gratuiti, mentre il 23% ha parlato di "mondi digitali di marca". Un terzo vorrebbe vedere i brand sviluppare negozi virtuali e il 30% è ricettivo ai marchi che vendono elementi estetici e abbigliamento per gli avatar digitali. Attenzione, tuttavia, all'invadenza e alla gestione dei dati, poiché il 63% degli intervistati ha dichiarato di essere preoccupato per la privacy degli stessi nei videogiochi e in generale nel metaverso. Va sottolineato, però, che queste cifre sono inferiori a quelle dei millennial (66%) e della generazione X (70%), a conferma di una diversa accettazione e gestione delle esperienze virtuali di marca tra i più giovani.

Al di là del comparto gaming, che pure è, come visto, altamente rilevante in termini di massa critica e tempo speso, quello che emerge è una generale predisposizione a traghettare altri aspetti della propria vita nella dimensione virtuale. Dalla celebrazione dei matrimoni si passa al mondo del lavoro, con oltre la metà (52%) dei giocatori della generazione Z che dichiara di voler fare soldi nel metaverso e ben un terzo che desidera costruire una carriera in questo spazio. E c'è da aspettarsi che, una volta sposati e con un lavoro, gli avatar vorranno comprare case, avere animali domestici e andare a fare l'aperitivo con gli amici: ricrearsi, insomma, una vita familiare e privata come nella realtà fisica, ma con le diverse peculiarità che il virtuale consente, compreso un più facile controllo della propria immagine e identità, fonte di agio e comfort.

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