Una delle più grandi contraddizioni del nostro tempo è quella di fare previsioni, progetti e investimenti di lungo periodo benché tutto intorno a noi sia divenuto precario ed effimero a causa dell’accelerazione che le tecnologie della comunicazione hanno imposto alla vita ordinaria. La rapidità di un acquisto online, di un movimento finanziario, di un “mi piace”, di un tweet, di un cambio di canale, sono tutti segnali di una temporalità accelerata che tende a rifiutare ogni genere di programmazione, vivendo, invece, della forza dell’istante. Ogni giorno produttori e consumatori seguono il flusso delle circostanze, transitando dal regime della visione a quello della vista. Vale a dire che se un tempo era legittimo avere visioni su un futuro più spostato in avanti, oggi è preferibile rivolgere lo sguardo ai piccoli cambiamenti che quotidianamente si susseguono. Nonostante questa difficoltà di previsione, vi sono comunque delle tendenze di lungo periodo che possono trovare compimento in tempi brevi. Una di queste è sicuramente quella che il sociologo inglese Raymond Williams chiamava “privatizzazione mobile”, grazie alla quale la casa si consacrerà come centro gravitazionale della vita di ciascuno, divenendo un piccolo nodo di una rete sterminata e globale. Parliamo di un fenomeno nato con la diffusione di massa dell’automobile e della televisione, ovvero di due dispositivi molto diversi tra loro che condividevano tuttavia la funzione di consentire ad un individuo di rimanere isolato e protetto all’interno del proprio spazio privato, conferendogli parallelamente la possibilità di muoversi accedendo al mondo esterno.
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