La sostenibilità del packaging alimentare è un ambito in cui la carta gioca un ruolo da protagonista. Con il food delivery in continua crescita (+ 56% per un fatturato di 1,4 miliardi di euro, Fonte: Osservatorio B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano), il packaging alimentare è sempre più rilevante nell’impronta ambientale del “sistema cibo”. È pertanto fondamentale che i contenitori delle pietanze siano progettati e concepiti per essere sostenibili.
Gli imballaggi in carta e cartone grazie alle loro caratteristiche di praticità, sicurezza e funzionalità, sono tra i migliori alleati della lotta contro lo spreco di cibo e di risorse. Inoltre, essendo la carta un materiale naturale, biodegradabile e riciclabile, consente un notevole risparmio energetico e di risorse rispetto a imballaggi derivanti da materia prima di origine fossile. “Con il food system responsabile di un terzo delle emissioni di anidride carbonica”, afferma Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco, “è ovvia la necessità di trovare uno stile di consumo sostenibile del cibo per impattare in modo positivo sui cambiamenti climatici i cui effetti cominciamo a sentire sulla nostra pelle. Per fare questo, noi, consumatori e aziende, dobbiamo imparare a limitare gli sprechi di cibo e a scegliere imballaggi efficienti, che siano già progettati prevedendo la gestione del loro fine vita e che utilizzino materiali riciclabili e naturali come la carta o il cartone, che appartengono a una filiera virtuosa”.
Con un tasso di circolarità medio pari al 60% la filiera cartaria rappresenta uno dei settori leader dell’economia circolare in Italia. Un risultato raggiunto anche grazie ad alti livelli di raccolta differenziata e riciclo della carta e cartone, 3,5 milioni di tonnellate nel 2020, con un tasso di riciclo dell’87% nel caso degli imballaggi, che confermano l’Italia tra i leader europei superando con 10 anni di anticipo l’obiettivo UE dell’85% previsto per il 2030.
Numeri importanti, dato che ogni punto percentuale di crescita del riciclo di carta equivale ad una riduzione di 84.000 tonnellate di rifiuti da smaltire e una conseguente minore emissione di CO2”. La reale necessità di un cambio di paradigma del sistema del cibo, tra contenuto e contenitore, emerge dalle testimonianze di alcune realtà industriali, tra cui quella di Armando Mariano, direttore R&D di Seda International Packaging Group: “In Seda lavoriamo a stretto contatto con i nostri clienti per un continuo miglioramento del profilo ambientale degli imballaggi e ci concentriamo principalmente su tre aree: la scelta di carta esclusivamente proveniente da foreste sostenibili e certificate, l’ottimizzazione dei processi produttivi e la circolarità del fine vita dei nostri prodotti. Informazioni che diventano poi un importante strumento di marketing per le nostre aziende clienti”. Seda promuove l’imballaggio di carta e cartone prima di tutto perché ci crede: la carta è un materiale rinnovabile per definizione. Lavorare solo carta proveniente da filiere certificate contribuisce alla riforestazione e sappiamo quanto le foreste siano importanti nel trattenere la CO2.
Anche l’innovazione tecnologica nei processi produttivi contribuisce a ridurre la generazione di CO2. La parte che il consumatore conosce meglio è il ‘fine vita’ di un packaging: oggi non si può progettare un imballaggio senza pensare a come sarà smaltito.
“Tra le nostre realizzazioni più recenti”, prosegue Armando Mariano, “c’è la vaschetta del gelato Carte d’Or Algida di Unilever, che è passata dal polipropilene alla carta. L’azienda ha voluto dare una connotazione molto forte sul fine vita, affinché la vaschetta fosse compostabile e riciclabile. C’è stato un lavoro di selezione dei materiali e di innovazione tecnologica: un progetto piuttosto impegnativo. Un altro esempio è il Barattolino Sammontana che abbiamo trasformato in carta, operazione non semplice considerando la forma quasi cilindrica del contenitore”. Molto importante è stata la confezione in carta di Yomo perché quello dello yogurt in Italia è un settore ancora molto legato alla plastica, mentre la carta è più diffusa all’estero.
A casa è piuttosto facile fare una corretta separazione, mentre diventa più difficile in un esercizio commerciale complesso come McDonald’s. “Con loro è stato rivisto il flusso degli imballaggi, che erano tanti e diversi, portandolo su uno solo, la carta certificata e riciclabile. Così la raccolta degli imballaggi all’interno dei negozi è stata semplificata favorendo il riciclo”.
C’è anche un tema legato alla diversità degli imballaggi, che spesso il consumatore non vede. “Noi”, afferma Camilla Archi, cofondatrice di Bella Dentro, usiamo molti imballaggi perché la frutta e la verdura arrivano nel cartone, nella plastica e anche nel legno: è una gestione molto complessa anche per le diverse regole da applicare. Il nostro focus sono i prodotti essiccati che abbiamo scelto in maniera convinta perché rispecchiano la nostra visione di impresa sostenibile: ci limitiamo semplicemente a togliere l’acqua attraverso un processo di disidratazione molto lento che avviene a bassa temperatura. In assortimento ci sono anche le confetture e i succhi che sono pastorizzati e conservati in vetro. La regola numero uno è evitare lo spreco quindi la durata del prodotto e la sua corretta conservazione sono i criteri più importanti che ci guidano. Il nostro pack è un’accoppiata di carta riciclata e PE inferiore ai 40 micron. Inoltre, per il commercio elettronico riutilizziamo gli imballaggi di cui già disponiamo, in pratica riceviamo gli imballaggi dei nostri fornitori e li riutilizziamo per l’eCommerce. Applichiamo un bollino per consentire il riconoscimento da parte di chi riceve il pacco: certo, si tratta di un approccio un po’ integralista ma nel nostro caso ha un senso”.
“C’è sempre più attenzione al packaging e alla sostenibilità”, sostiene Francesco Magro, fondatore di Winelivery, “grazie soprattutto alle nuove generazioni che sono sempre più consapevoli della necessità di cambiare”. Oggi la trasformazione, anche delle grandi aziende, è guidata soprattutto dal mercato, in particolare da quelle generazioni attente ai temi ambientali, che nel tempo acquisiscono un crescente potere di acquisto. “Fin da quando l’azienda è nata, la scelta fondamentale è stata la sostenibilità così oggi non vendiamo bevande contenute nella plastica e le rifiutiamo quando ce le propongono. Le aziende stanno andando nella direzione giusta e oggi il packaging è un valore aggiunto anche perché è un sempre più importante per il consumatore”.
“All’inizio della nostra attività”, spiega Nicola Robecchi fondatore di Windel.herbals, “sono stati dedicati otto mesi per studiare il materiale dei packaging e oggi disponiamo di bustine da sovraincarto biodegradabili, compostabili e con colori privi di metalli pesanti. Ė stato fatto un lavoro di analisi e di interfaccia con il fornitore che ha dovuto creare una vera novità, un poliaccoppiato per il mondo delle bustine. Le bustine sono state una scelta obbligata poiché nel consumo di tè e tisane rappresentano la parte più rilevante delle vendite, mentre lo sfuso, che era la nostra idea di partenza, è una percentuale piccola del mercato. Abbiamo cercato di dare valore alla categoria merceologica inserendo piante in taglio tisana dentro le bustine che sono pensate per mezzo litro di acqua, quindi utilizzabili in condivisione. Ma non solo, la bustina può essere riutilizzata una seconda volta, dopo l’asciugatura, e produce ancora una tisana di ottima qualità. Il prodotto costa di più ma è utilizzabile in un modo diverso. L’80% dei nostri consumatori ha meno di 40 anni. Sono, cioè, consumatori consapevoli di spendere dei soldi per prodotti che si fanno portatori di valori da loro stessi condivisi. Inoltre, abbiamo pensato a una scatola che può essere rimontata al contrario e diventa un oggetto di arredo da mettere in casa e avere così vita più lunga: non è solo riciclata ma può anche essere riutilizzata. C’è anche un formato in sacchetto di cotone per dare un altro modello di riutilizzo. Questi sono i formati che a livello ecommerce i clienti apprezzano di più. Di contro, per un’azienda piccola i costi possono essere alti perché sul packaging si risparmia soprattutto con le economia di scala”.