La bella vita (che fu)

Beatrice Ramazzotti osservatrice toscana Ufficio stampa e comunicazione interna gdo Linkedin @Beatrice Ramazzotti

C’è stato un tempo -mi dicono- in cui i dirigenti aziendali facevano la bella vita. Avevano l’ufficio enorme, la segretaria privata e un gran macchinone nel parcheggio riservatissimo. Le riunioni erano all’80% discussioni sul calcio, le missioni potevano durare anche tre, quattro giorni, con pernottamenti in hotel a 5 stelle, cene raffinate, spostamenti in taxi. La maggior parte fumava, anche in ufficio, e quelli più sprezzanti appestavano tutti col sigaro. Ai capi di una volta erano concesse battute sessiste, fughe nel nulla, irreperibilità. La loro identità era ammantata di mistero, della loro vita privata si sapeva poco, al massimo la città di provenienza, il numero di figli, la fede calcistica. Rari gli avvistamenti fuori dal lavoro, coi racconti che diventavano leggende di incontri fortuiti al circolo del tennis o in crociera sul Nilo. Averci a che fare era una vera impresa diplomatica: si doveva chiedere l’appuntamento alla segretaria, aspettare giorni, sentire lo stomaco chiuso quando si veniva chiamati al loro cospetto.

Il tracollo è iniziato nel 2000. La bella vita si è erosa ogni anno di più, a colpi di ecologia, economia, politicamente corretto, pari opportunità, per arrivare al collasso nel 2019 col Covid, poi la guerra in Ucraina, poi l’inflazione. Ai giorni nostri, i dirigenti devono fare i conti con donne sovversive, giovani indomiti, auto elettriche, spazi condivisi e call in cui è richiesta -a tutti- una puntualità svizzera. I viaggi sono minimi e austeri e mentre la sigaretta elettronica lascia un alone ambiguo in ufficio, lo smartphone li rende raggiungibili sempre, ovunque e da tutti. L’avvento dei social li ha esposti e resi criticabili. Oggi su whatsapp ho mandato uno smile al presidente. Chi lo avrebbe mai pensato?

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